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Non c'è più niente da dire. Le mie giornate sono monotone e grigie: vado in università, studio, esco con Claudia, curo Arianna perché mia sorella, da settembre, è tornata a lavorare e Christian, in pronto soccorso, fa dei turni impossibili, vivo nella speranza che Leonardo, prima o poi, torni come prima per poter passare questi pochi giorni che ci rimangono, in santa pace. 

Non siamo più noi. Sono addirittura arrivata alla conclusione che vorrei che lui partisse subito perché è uno strazio continuare a nutrire questo rapporto che, ormai, vegeta da settimane e quindi vorrei strappare subito il cerotto e soffrire una volta per tutte invece che continuare ad alzarmi dal letto, sperare in un suo messaggio, rispondere in modo svogliato e triste e freddo a ogni sua parola e poi vederci e fare come se fossimo estranei quando, evidentemente, non lo siamo perché noi due ci conosciamo talmente bene che io potrei essere lui e lui potrebbe essere me e non mi accorgerei dello scambio. 

E invece no. Ci feriamo con spilli su tutto il corpo invece che ucciderci definitamente. Ogni mio centimetro di pelle è punto da un ago che Leonardo ha inserito sena accorgersene, durante un abbraccio mancato, durante un respiro gelato, durante uno sguardo che è durato meno del solito. 

"Parti. Vattene. Vattene via. Vattene via da qui. Lasciami in pace." penso ogni volta che ci salutiamo senza affetto, senza calore, come se fossimo obbligati da un contratto che abbiamo firmato che ci costringe a vederci, di tanto in tanto. 

Da quella litigata, mi accorgo di essere sempre più malinconica. Da quella litigata, mi accorgo di essere ritornata la Adele che ero dopo Aprile, anche se sono consapevole di odiare quella parte della mia personalità: non mi va di mostrarmi debole, non mi va di dare così tanta importanza a un ragazzo, non mi va sentirmi giù solo perché Leonardo ed io non andiamo più d'accordo. 

Non mi va di essere così perché la mia vita non è solo questo, non ruota attorno a lui: ho l'università a cui pensare, ho una nipote che adoro da crescere, ho un'amica meravigliosa che mi vuole bene, ho una famiglia che mi darebbe il mondo...sono più fortunata di tanti altri eppure non posso fare a meno di sentirmi una fallita solo perché non sono riuscita, nemmeno questa volta, a far funzionare questa storia. 

Perché forse è colpa mia: sono io che non vado bene per lui. E' possibile ridursi così per una persona? Non è sano. 

Sono tutti preoccupati per me come se, da un momento all'altro, potessi aprire la finestra e decidere di saltare. 

Mia mamma mi lancia sempre delle occhiate preoccupate e, spesso, la becco a guardarmi mentre si mangiucchia le unghie della mano. Mi chiede sempre se c'è qualcosa che non va all'università e se sono preoccupata per gli esami e io le rispondo che gli esami vanno bene, che le lezioni mi piacciono e che non mi pesa salire tutti i giorni; 

allora punta l'attenzione su Claudia e mi chiese, con fare preoccupato, se ho litigato con lei ma anche in questo caso la rassicuro dicendole che andiamo d'accordo; 

"E' colpa di Leonardo?" è la sua ultima domanda anche se so che vorrebbe sempre chiedermelo come prima cosa. 

"No, non ti preoccupare" rispondo perché lei non sa che il nostro rapporto è attaccato a una macchina e che, entrambi, siamo troppo codardi per decidere di staccare i fili. Non sa niente, non voglio che si preoccupi più di quanto già non faccia e, soprattutto, non voglio dovere ammettere che aveva ragione quando mi consigliava di lasciarlo perdere. 

Le mamme hanno sempre ragione. Le mamme hanno la vista lunga. Me l'aveva detto. Mi aveva detto che non sarebbe stato facile e che, alla fine, avrei sofferto. 

Claudia, invece, ha il compito, in università, di darmi degli scossoni poderosi per farmi riprendere dalla catalessi e sono sicura che, se non fosse per lei, passerei le ore a guardare il tempo malinconico che mi si presenta fuori dalla finestra invece di prendere appunti e ascoltare i professori.

Lei sa. E come potrebbe non sapere? E' la mia migliore amica e mi legge l'anima come se fosse un libro aperto. Evita, tuttavia, di sottolineare il fatto che anche lei, come mia mamma, aveva ragione fin dall'inizio. 

Non so cosa mi stia succedendo. Sono triste e mi sento come se qualcosa fosse morto in me, come se quella parte vitale che mi ha caratterizzata in questi mesi, fosse stata sepolta e non so perché ma, questa volta, non riesco a risorgere dalle mie ceneri come una fenice. 

"Le mie giornate sono vuote. Sono bianche, come quelle di Dante quando non vide più Beatrice. Non ho niente da dire, perché quando non c'è l'amore le parole finiscono. Le pagine diventano bianche, manca inchiostro alla vita."

Alessandro D'Avenia – Bianca come il latte, rossa come il sangue

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