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Ci penso tutto il giorno e tutti i giorni.

Ci penso quando dormo.

Ci penso quando mi sveglio.

Ci penso quando faccio colazione.

Ci penso quando faccio la doccia e mi lavo i denti.

Ci penso quando vado al lavoro.

Ci penso quando lavoro e quanto stacco per tornare a casa.

Ci penso quando gioco con Matilde.

Ci penso quando mi metto a letto e mi rigiro tra le coperte.

E, così, si ricomincia da capo.

Penso alle parole di mia nonna: "Adele ti merita, sei una bella persona, non trasferirti, tu non sei il tuo passato".  Vagano nel mio cervello e non mi danno pace. 

A volte, durante i miei giorni buoni, penso che mia nonna abbia ragione. 

A volte, durante i giorni in cui mi sveglio infelice, seppellisco le parole di mia nonna e mi dico che è stata così gentile con me perché era obbligata a farlo. Solo perché si sentiva in colpa. 

Non ho avuto l'occasione e il coraggio di dire ad Adele che mi sono riappacificato con mia nonna perché, da quando abbiamo litigato il giorno del funerale di mio nonno, siamo cambiati. Soprattutto io. 

Adele cerca di rimediare: mi chiama, mi messaggia, tenta di tornare ad avere un contatto fisico con me ... ma io non ce la faccio. Non ce la faccio più. Le parole di Adele e le mie risposte durante la nostra ultima discussione, mi hanno fatto pensare e, finalmente, ho capito che devo staccarmi leggermente da lei per non soffrire maggiormente quando staccherò il cordone ombelicale il giorno della mia partenza per New York. 

Perché, nonostante le parole di mia nonna, io me ne voglio andare e Adele dovrà abituarsi alla mia assenza. È come la storia della rana nella pentola d'acqua: se la rana viene immersa nell'acqua fredda e, pian piano, viene fatta salire la temperatura dell'acqua fino a renderla bollente, la rana non si accorgerà del cambio di temperatura e non ne soffrirà; se, invece, la rana viene immersa in una pentola di acqua bollente, si accorgerà della temperatura elevata dell'acqua e proverà dolore. Così siamo noi: se ci distacchiamo piano e ogni giorno sempre di più, non sentiremo dolore quando ci separeremo del tutto; se, invece, continuiamo ad avere una relazione fino al giorno in cui partirò, il distacco si sentirà come un cerotto che viene strappato dalla pelle. Non voglio che soffra. Per questo mi sto dimostrando freddo e distaccato nei suoi confronti. Spero lo capisca e che non mi odi a causa del mio comportamento.

L'unica cosa che mi distrae un po' dal pensiero di Adele sono le telefonate di Deborah dall'America: mi ha, finalmente, trovato una casa in un palazzo e la dividerò con una coppia di coinquilini omosessuali, Paul e Jack che sono simpaticissimi e gentilissimi (secondo Deborah), inoltre mi ha anche trovato un lavoro in un ristorante italiano a quattro fermate di metropolitana da casa mia. 

Mi sembra tutto perfetto. 

Sembra che non mi mancherà niente. 

Solo, forse, Adele.



"Io lavoro e penso a te,

torno a casa e penso a te,le telefono e, intanto, penso a te.Come stai? E penso a te.Dove andiamo? E penso a te.Le sorrido, abbasso gli occhi e penso a te.[...]Scusa è tardi e penso a te,chiudo gli occhi e penso a te,io non dormo e penso a te."

Lucio Battisti – E penso a te


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