10

33 2 5
                                    

Mi sveglio e mi ritrovo in un uragano di persone che corrono per la casa e non mi degnano di una parola. Guardo l'orologio e mi stupisco del fatto che siano le 8 di venerdì mattina e i miei genitori siano ancora a casa.

<<Che succede?>> Chiedo bloccando mia mamma su per le scale.

Indossa il tipico abbigliamento che usa quando deve terrorizzare i suoi studenti durante una verifica o un'interrogazione, ossia gonna nera a tubino lunga fino al ginocchio, camicia bianca e scarpe con il tacco basso. Mi chiedo il motivo per il quale sia ancora a casa e non sia in classe a tacchettare avanti e indietro con sguardo vigile per beccare i luoghi più fantasiosi che i ragazzi trovano per nascondere ogni genere di bigliettino.

<<Nonno Mario ha avuto un infarto.>> Mi informa e non ho neanche il tempo di chiedere altro perché corre via veloce come il vento.

Mi appoggio alla balaustra delle scale e penso a quello che ho appena sentito. Mio nonno ha avuto un infarto. Il mio incubo sta, forse, pagando per tutto il male che mi ha fatto. Mi sento alleggerito di un peso e sorrido impercettibilmente, facendo attenzione a non farmi scoprire da nessuno. Scendo dalle scale saltellando e approdo in cucina dove trovo papà e Matilde.

<<Ciao tesoro.>> Bacio mia sorella sui capelli ricci e la senso sospirare. <<Che succede?>>

<<Nonno Mario ha avuto un infarto questa notte.>> Ripete mio padre ed io mi rendo conto che Matilde non può gioire come me alla notizia del malore del nonno, visto che lei gli vuole bene.

<<Oh sì.>> Mormoro versandomi del caffè in una tazzina e cercando di non sorridere. <<Mamma me l'ha detto.>>

<<Noi andiamo all'ospedale a trovarlo e portiamo anche Matilde, vieni con noi?>> Mi chiede mio padre mentre finisce di bere il suo caffè.

Io mi butto sulla sedia e vorrei rispondergli che non ci penso neanche, che mai sprecherei il mio tempo per andare a trovare quell'uomo, per vedere come sta, per fingere che mi dispiaccia ciò che gli è successo. <<Ho da fare.>>

Lui alza un sopracciglio. <<Che cosa devi fare di così importante da non poter rimandare per andare a trovare tuo nonno che ha appena avuto un infarto e sta male?>>

"Farei ti tutto, papà, pur di non dover più vedere quell'uomo, il suo viso, le sue mani."

Mi stringo nelle spalle e rinchiudo i pensieri dentro la cassaforte della mia testa, nella quale viene accatastati tutto ciò che non posso dire ad alta voce. <<Devo lavorare.>> Invento. <<Magari dopo ... o un altro giorno.>> "O magari mai".

Alza le spalle. <<Vedi di andarci, però, sai quanto tiene a te.>>

Lo guardo di scatto mentre una morsa invisibile mi chiude la gola. <<Matilde, sei pronta?>> Chiede e lei annuisce andando a riporre la sua ciotola vuota nel lavandino.

<<Ciao Leo.>> Mi si appende al collo e mi da un bacio sulla guancia, successivamente esce dalla cucina seguendo mio padre e, quando sento la porta di casa sbattere e sono assolutamente sicuro di essere rimasto da solo, mi lascio andare ad una risata malvagia. Non sono un animale, non sono stato educato dai lupi ed ho un cuore, non sono un cattivo ragazzo: so che non si dovrebbe ridere dei problemi e delle malattie altrui, so che dovrebbe dispiacermi perché l'uomo che sta soffrendo in quell'ospedale fa parte della mia famiglia e quindi, in questo momento, dovrei essere preoccupato ... ma mio nonno, questa sofferenza, se la merita tutta e, forse, è anche poca confrontandola con quella che ha fatto passare a me quando ero solo un bambino.

La RosaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora