27 (Ottobre)

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Dov'è finita la felicità che ho provato in questi mesi? Ha preso il treno ed è partita senza avvisarmi, senza lasciarmi nemmeno un biglietto, senza dirmi nemmeno addio. In un batter d'occhio, mi sono ritrovata con il culo per terra. Punto e a capo. 

Dal funerale del nonno di Leonardo è cambiato tutto. La litigata che abbiamo avuto è stata come la palla demolitrice contro un edificio. Da quello schianto non siamo riusciti a salvare niente, purtroppo. È andato tutto perduto. Le sue parole hanno azionato la palla che, comandata dalla rabbia, ha colpito la nostra, già fragile, felicità ... e il mio comportamento, guidato dall'orgoglio, ha fatto il resto.

Da quella sera non ci baciamo più quando ci vediamo ... a dir la verità non ci vediamo più molto spesso e, quando lo facciamo, siamo così freddi da farci tremare. 

Non mi sento più a mio agio quando sono con lui. Non mi sento bene, non sono felice quando siamo insieme. Non più.

E, purtroppo, non so come dirglielo. Sento che il nostro rapporto si sta trasformando in una gomma da masticare appiccicaticcia: continuiamo a masticare perché siamo abituati a farlo però, purtroppo, il sapore di fragola che avevamo all'inizio, non c'è più. Siamo insapori, gommosi, noiosi. 

Non tocco più il cielo con un dito, quando lo vedo. Non riesco più a contare le stelle, quando mi è a fianco. Non sorrido più quando so di vederlo. Non mi batte più il cuore forte, forte, come un tamburo nel petto, quando mi chiama o mi manda un messaggio. 

Sento di non poter più essere me stessa, con lui. Siamo troppo diversi per poter parlare seriamente delle nostre idee: lui non mi parla mai della felicità causata dal viaggio che sta per compiere e io non ho il coraggio di dirgli che, secondo me, sta facendo un enorme sbaglio; siamo troppo orgogliosi per abbassare la testa e dire "sì, hai ragione".  Siamo come due binari del treno: viaggiamo su due linee parallele, vicini e lontani, destinati a non toccarsi mai.

So che anche Leonardo prova quello che sto provando io, lo capisco da come mi parla (con sufficienza e distacco) , da come si atteggia (da gallo del pollaio), da come cerca di allontanarmi quando io tento, soffocando l'imbarazzo e l'orgoglio, di avvicinarmi un poco, sia emotivamente che fisicamente. Mi sembra di essere tornata a quando lui usciva, per le prime volte, con Deborah. Non avrei mai immaginato che avrei provato, di nuovo, quelle sgradevoli sensazioni. Non mi piace ciò che è diventato, non mi piace la sua nuova personalità, non fa più per me. 

Il filo si è spezzato, lo specchio si è frantumato, qualcosa si è rotto, tra di noi.

E mi dispiace, giuro, vorrei non fosse così ma non posso più mentire a me stessa. 

Non vorrei perderlo perché, perdendolo, perderei una parte di me, forse la più buona, forse la migliore, forse la più umana. Ma non mi fa più sorridere, non rende più la mia vita migliore e, ciò che mi da, non sono più caramelle zuccherose e cioccolato da sgranocchiare ... ciò che mi da sono lacrime da asciugare, rospi da ingoiare e delusioni da accettare.

Mi sento così impotente, come una bambina di fronte ai fantasmi dei suoi castelli di sabbia, con arena asciutta tra le mani. 

Per qualche settimana ho fatto di tutto per recuperare il nostro rapporto: lo chiamavo, mi scusavo quando litigavamo, cercavo di abbracciarlo o, comunque, di avere un qualche contatto fisico con lui ... ma, ogni volta, mi respingeva ed io, sentendomi umiliata dal suo comportamento, ho iniziato a smettere di cercarlo chiedendomi se davvero valesse la pena di sforzarsi per tenersi accanto una persona che non vuole farlo.

Ora ho ancora meno parole per descrivere la situazione nella quale siamo incastrati: non siamo amici perché, due amici, sono felici di vedersi e si sentono a casa quando sono insieme mentre due noi, ora, ci sentiamo quasi obbligati a dover passare un po' di tempo insieme...non lo facciamo perché abbiamo voglia di vederci, non lo facciamo perché sentiamo l'uno la mancanza dell'altra, lo facciamo perché sappiamo che abbiamo i minuti contati  e che, tra poche settimane, non potremo più vederci quando vorremo; non siamo amanti perché, ormai, il contatto tra di noi è più nullo della nulla e, benché io mi sia lamentata più volte della mia posizione di terza incomoda in questo rapporto, ora, quel contatto fisico che ho tanto criticato, mi manca come l'aria dai polmoni quando sei sott'acqua; non siamo conoscenti perché, dopo tutto quello che abbiamo vissuto, non possiamo proprio definirci tali: io so a memoria tutti i suoi lati oscuri e lui potrebbe dipingere tutte le mie insicurezze. 

Che cosa siamo? Boh. Siamo. E questo è tutto quello che mi è concesso sapere.

Non ho il coraggio né la forza di parlarne con lui per poter, magari, chiarire questa situazione complicata perché ho paura che arrivi un tornado e porti via anche i detriti del nostro rapporto e, sinceramente, ora che mancano poche settimane alla sua partenza, non posso permettermi di perderlo del tutto.

 Ho ancora bisogno di lui. 

Devo ancora abituarmi al fatto che esisterà ma che non esisterà più accanto a me. Voglio poterlo vivere per tutto il poco tempo che ci rimane. Ci si accontenta di poco quando non si ha più nulla su cui sperare.

"È l'unica garanzia che non scade mai, quella della nostra anima. Nasciamo già per dirci addio, ma è comunque un reato andarsene via prima della fine."

Massimo Bisotti – La luna blu

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