2. La proprietà privata non si tocca

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«Che macchina vuoi usare?» chiese Maka, appoggiando una spalla contro la colonna di cemento del parcheggio.

Soul strinse le labbra e scrutò la moltitudine di vetture che possedeva.
Non era sicuro di averle mai usate tutte. Alcune le aveva comprate per fare un dispetto ai suoi genitori e spendere soldi a caso, altre semplicemente per riempire il parcheggio. E non era nemmeno sicuro a cosa gli servisse la patente, visto che veniva sempre portato in giro da altri. Prima di Maka lo faceva il bodyguard dei suoi genitori. 

«Bo', la più veloce» rispose distratto.

La bionda roteò gli occhi e raggiunse un'auto sportiva nera, strisciando svogliatamente la suola degli stivaletti contro il pavimento di pietra. 

A lei non importava un fico secco di quale fosse stata l'auto più "veloce", stupido di un Evans! 

«Dove dobbiamo andare?» domandò, mettendosi alla guida.

Soul aprì la porta e si buttò sul sedile del passeggero, sbuffando: «La vecchia discoteca del centro».

Il viso di Maka assunse una sfumatura di scetticismo e ripeté: «Discoteca?».

«Che c'è, non sai dov'è?» la schernì l'albino, mettendosi la cintura di sicurezza.

«So perfettamente dove si trova, Evans. Mi stavo chiedendo perché il tuo incontro molto "importante" deve svolgersi in un posto pieno di spogliarelliste e di droga».

«Hai dimenticato l'alcol» disse il ragazzo.

«Che gioia».

Maka infilò le chiavi nel blocchetto d'accensione e mise in moto l'auto, aspettando qualche secondo prima di premere sull'acceleratore e far partire la vettura. Uscì dai sotterranei, attraversò il vicinato e imboccò l'autostrada.

«Il tizio che devo incontrare è un vecchio ninfomane col vizio di bere» spiegò l'albino dopo un po', rompendo il silenzio che si era creato da quando erano partiti.

«Mh?».

«È il motivo per cui dobbiamo andare lì, Albarn».

«Ah».

Soul girò la testa e osservò i tratti morbidi del viso pulito di Maka, che prestava attenzione alla guida. Si ricordò di sfuggita di averle morso una guancia una volta. Però non l'aveva fatto apposta.
Be', forse solo un po'... Ma il vero colpevole era stato il cognac. 

Chissà a cosa stava pensando.

«Dobbiamo fare in fretta, ok? Non ho voglia di perdere tempo» disse atono, senza smettere di guardarla.

«Certo, certo».

Quei due codini bassi le donavano un pizzico di infantilità, ma Soul sapeva benissimo quanto poteva essere letale. E in un certo senso si sentiva fortunato ad avere una come lei al proprio fianco. Quando voleva, sapeva anche essere divertente.

«Che cazzo hai da guardare?»

Ecco, infatti. Quando voleva.

«Sei troppo vestita».

«Ah?» la ragazza si voltò di scatto, fissandolo interrogativa, tornando poi alla guida.

«Ti vesti troppo quando siamo in missione. Devi essere credibile, soprattutto adesso che stiamo andando in un posto simile».

«Lo sai che hai appena detto un'antitesi del cavolo grande come una casa?».

«Che minchia è un'antitesi?».

«Lascia perdere». Maka strinse le mani sul volante e guardò la fila di macchine davanti a loro, in coda per il pedaggio.

Era troppo vestita? Che razza di maniaco era Soul?!

VENOM [Soul Eater]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora