30. Quando Cupido è alto un metro e sessanta

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«È questo il quadro?» chiese Maka, avvicinandosi dubbiosa alla tela.

Si trattava di una semplice rappresentazione della nascita di Cristo in sé scura e disadorna, ad esclusione di una piccola parte luminosa centrale che racchiudeva Maria e il piccolo neonato, resa molto più intensa dalla torcia che Maka puntava sulla zona.

Kid confermò con un cenno di testa e guardò il suo orologio digitale, calcolando minuziosamente il tempo rimasto.

«Abbiamo dieci minuti prima che si riattivino gli allarmi» stabilì.

Black*Star si fece avanti. «Lasciate fare a un–!».

«Liz, Patty, prendete il quadro con cautela, io mi occupo della custodia» lo interruppe il corvino, frugando nello zaino per il materiale da utilizzare.

«Ehi, damerino! Stavo facendo un discorso importante!».

«Hai rotto la tenda all'ingresso, Star. Ed è già abbastanza» ridacchiò Liz, scavalcando le corde rosse che la separavano dal dipinto. Patty la seguì a ruota, sghignazzando sotto i baffi.

«Streghe» sbuffò l'azzurro, serrando le braccia al petto.

Maka gettò gli occhi alle sue spalle, dove giacevano i due uomini e la donna che li avevano attaccati poco fa. I primi sembravano ancora svenuti, mentre la seconda iniziò a muovere la testa e a borbottare qualcosa sottovoce, ancora confusa dalla botta. Sentì un'improvvisa fitta e si contorse dal dolore, guardando a bocca aperta la gamba ferita, che Patty le aveva fasciato dopo essere svenuta. Anche se si trattava del nemico, si era preoccupata di non farla sanguinare troppo.

La bionda strinse i pugni e marciò decisa verso la spilungona, stesa a pancia in giù e con le mani legate dietro la schiena. Alzando lo sguardo, la mercenaria si imbatté negli stivaletti neri di Maka. 

«Chi sei?» domandò con tono perentorio la bionda.

«Colei che avrebbe dovuto farti fuori molto tempo fa» ghignò faticosamente l'altra, con una tranquillità che innervosì ancora di più Maka. 

«Oh, e allora perché sono ancora viva?» chiese la bionda, piegando le ginocchia per portarsi al suo livello.

La ragazza dai capelli grigi soffiò nervosa. «¡Ay, Dios mìo! Perché le stronzette come te sono baciate dalla fortuna!».

Maka sbatté il palmo sul pavimento, rasente alla faccia della mercenaria. Ciò le provocò dolore al polso, ma la rabbia era così potente da non farglielo pesare.

«Sei tu che hai attaccato mio padre?» chiese paziente.

La giovane donna esibì i denti con un sogghigno malvagio.

«La mia mira è impeccabile, niña... Ma il tuo paparino si è mosso all'ultimo minuto».

La bionda si alzò in piedi di scatto, fissando la mercenaria dall'alto.

Il desiderio di colpirla e vendicarsi era forte. Ma quel minuscolo frammento di senno continuava a ripeterle che non ne valeva la pena. Perché non era come lei.

«Sai, ora mi rendo conto perché il figlio del capo non vuole ucciderti....» disse la donna con malizia.

Maka aggrottò la fronte. «Di chi parli...?».

«Il capo si arrabbia se pronunciamo il suo nome». La mercenaria appoggiò la guancia sul pavimento sporco di sangue, sorridendo in maniera quasi morbosa. «È proibito farlo».

Maka si morse l'interno del labbro, capendo che quella non le avrebbe mai risposto in modo serio alle domande. Era stata addestrata apposta per ingannare con la retorica.

VENOM [Soul Eater]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora