Soul si sentiva un vero fico sulla moto, anche se non era sua e l'aveva noleggiata per ventiquattro ore da una concessionaria.
Insieme a Liz, seduta dietro e con il casco ben saldato alla testa per paura che le potesse cadere da un momento all'altro, sfrecciava sulle strade larghe del distretto di Pest, la parte più all'avanguardia della città.«Vai piano, SOUL!» squittì disperata la bionda, aggrappandosi con tutte le forze alla sua giacca di pelle. Per lei andare in moto era come trovarsi in una casa stregata al luna park. Credeva di morire!
«Tranquilla, sono un pro!» esclamò Soul, con la voce smorzata dal casco nero.
«DANNAZIONE, LA VECCHIETTA!».
Soul frenò in modo brusco e Liz rischiò un colpo di frusta col collo.
L'anziana signora che stava attraversando le strisce pedonali non aveva fatto caso al pericolo appena scampato e continuava a sorridere e a ringraziare i due nella sua lingua.
«Stavamo per uccidere una persona...» farfugliò la bionda, scioccata. «STAVAMO PER UCCIDERE UNA PERSONA!» ripeté urlando.
«Non dire idiozie! Ho già detto che sono un pro!».
L'albino fece ripartire la moto con una sgommata e imboccò il sentiero indicato dal suo cellulare, messo in modalità GPS. Sbucarono su una stradina solitaria dalla quale era possibile vedere il Danubio. Liz si dimenticò per un istante di essere sulla moto e di Soul che guidava ai centoquaranta chilometri orari. Le acque brillanti del fiume la lasciarono a bocca aperta. Il sole si specchiava in esso, creando creste bianche che davano l'illusione di vedere milioni di scaglie cristalline danzare vive sulla superficie dell'acqua.
In tredici minuti, come indicato dal GPS, arrivarono a destinazione. Però un piccolo dubbio assalì l'albino quando scese dalla moto. Aveva pagato i soldi al tizio della concessionaria?
«Se andiamo da questa parte possiamo trovare il mercato coperto di cui parlava Kid» disse Liz, controllando il messaggio mandato dal corvino.
Be', poco importava, doveva comunque restituirla. Avrebbe pagato dopo.
«Varcarok, giusto?».
«'Vasarcsarnok'» lo corresse la ragazza.
«Sì, quello che ho detto».
Liz sorrise, quasi ridendo.
«Qui c'è scritto che la porta d'ingresso è in stile neogotico. Tu sai riconoscere lo stile neogotico?».
Soul alzò gli occhi e fece una smorfia. La luce del sole l'aveva accecato.
«No. Mai studiato architettura»
«Ottimo. Non ci resta che sprecare internet per cercare l'immagine».
«Aspetta».
Liz sollevò gli occhi dal display. «Cosa?».
«Penso di averlo trovato». L'albino indicò l'altra sponda della strada.
«Impossibile. Quella è una chiesa» protestò la ragazza.
«Dubito che nelle chiese vendano macedonie». Soul guardò un bambino uscito da quella strana porta che reggeva un bicchiere di frutta. «E inoltre non c'è il campanile. Non può essere una chiesa».
«Molto bene, "Soul Evans che non ha mai studiato architettura". Proseguiamo, allora».
Soul ghignò, seguendo la ragazza.
Attraversata la strada – e dopo aver aspettato cinque minuti abbondanti per far passare macchine, tram e autobus – i due raggiunsero la struttura, decorata con strane forme geometriche rosse.
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VENOM [Soul Eater]
FanfictionIndebitato fino al collo, Spirit Albarn assegna a sua figlia Maka il compito di diventare la guardia del corpo di Soul Evans, secondogenito della famiglia di musicisti più ricca e influente di Death City. I due giovani si odieranno dal primo istante...