Maka non se la sentiva affatto di abbandonare quelle quattro mura rassicuranti di camera sua, ma raggiunse comunque la casa di Tsubaki, perché la voleva assolutamente incontrare.
Angoscia. Tormento. Ansia. E sensi di colpa. Era tutto concentrato nel suo corpo come una matassa aggrovigliata, a causa di una sola persona che aveva piantato le radici nella sua misera e insignificante vita come un tiranno.
Dopo essere uscita dalla villa dell'albino, Maka era tornata a casa, inzuppata fino alle ossa dalla neve fredda e gelida che cadeva sulla città.
Nemmeno il tempo di salutarla, che si era buttata tra le braccia del fidanzato, lambendo le sue labbra con ossessione e facendo di lui ciò che voleva, quasi a cancellare quella sensazione di panico che continuava ad assalirla da quando aveva lasciato la stanza di Soul.Era riuscito a scombussolarla, a mandarla in tilt e a sconvolgere il suo mondo interiore, così tanto sicuro. Dannazione, persino trovare conforto nel suo ragazzo era stato inutile, persino abbracciarlo o stringere il suo corpo nudo tra le lenzuola. Anche ridere alle sue battute, lasciarsi accarezzare.
Tutto vano.
Maka trovò Tsubaki davanti al cancello del condominio, avvolta da un cappotto antracite. Le sorrise e la raggiunse in un battito di ciglia.
«Ehi!».
«Ehi» disse infreddolita Maka, e una nuvoletta di condensa le uscì dalla bocca.
La corvina la prese a braccetto, in modo da potersi scaldare, e si incamminarono insieme verso il negozio di antiquariato di cui le aveva parlato quella mattina.
Non era così grande a vederlo dall'esterno, ma fu l'interno che lasciò Maka a bocca aperta. Era enorme e molto antico, quasi fosse entrata nel vecchio edificio di un passato lontano carico di nostalgia. Ogni oggetto lì presente poteva raccontare una storia diversa.
La bionda studiò incuriosita la stanza e intercettò gli occhi castani della proprietaria, seduta dietro al bancone intenta a sistemare alcuni gioielli nella teca di vetro al suo fianco.
«Sei tornata».
«L'avevo promesso» sorrise la camelia, avvicinandosi al tavolo scuro.
Nonostante i tratti tipici dell'estremo oriente, la donna indossava un sari color porpora – probabilmente era nata in India o aveva sposato qualcuno di indiano, chissà – ornato con ricami dorati e molto elaborati. Aveva più o meno quarant'anni, ma forse il viso giovanile tradiva le apparenze.
«Cosa ti ha riportata qui?» chiese a Tsubaki, mettendo a posto l'ultimo gioiello.
«La tovaglia è davvero magica!» trillò felicemente la corvina.
La donna sorrise e intrecciò le mani sul bancone. Maka notò che non portava la fede, quindi non era sposata.
«Tutti gli oggetti che si trovano in questo negozio hanno un potere magico».
Tsubaki diede un'occhiata agli scaffali che la circondavano, mentre Maka fissò un punto a vuoto, senza ascoltare realmente le parole dell'asiatica. Aveva ricominciato a ripensare a quello che era successo a casa di Soul.
Dannazione, stupido Evans!
«Tutto bene?».
A quella domanda, alzò gli occhi.
«Mh?».
La donna fece il giro del tavolo e passò accanto alle due ragazze, che la seguirono con lo sguardo. Andò a recuperare una vecchia scatoletta di legno e tornò dietro al tavolo su cui la appoggiò per scoprirne il contenuto.
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VENOM [Soul Eater]
FanfictionIndebitato fino al collo, Spirit Albarn assegna a sua figlia Maka il compito di diventare la guardia del corpo di Soul Evans, secondogenito della famiglia di musicisti più ricca e influente di Death City. I due giovani si odieranno dal primo istante...