36. Scambio di coppie

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Sara aveva un sogno, da bambina. Uno di quei sogni nascosti, che si mettevano nel cassetto e si sperava di far avverare per essere felici tutta la vita. Voleva diventare un medico. Indossare un camice bianco e pulito, mettersi lo stetoscopio intorno al collo e aiutare la gente a stare meglio.
Ma la vita aveva scelto per lei. E non glielo aveva concesso.

Che crudele.

Sara camminò lungo il corridoio della dimora Alonso, diretta con rabbia verso lo studio del padrone di casa.

La sua andatura era decisa e svelta. Pantaloni lucidi di pelle, reggiseno sportivo nascosto appena dalla giacchetta corta, tronchetti vertiginosi e trucco pesante. Un po' provocante, per chi non la conosceva. Ma lei si sentiva sicura di sé. In quel covo di uomini, dove era l'unica donna della banda e il patriarcato si faceva imporre, la permanenza non era facile. Doveva farsi rispettare a modo suo.

«Che cazzo significa che sono stata trasferita in un'altra città, Xavier!?» chiese quando entrò nel suo ufficio, raggiungendo la scrivania e picchiando il palmo su di essa.

Xavier alzò lo sguardo con tranquillità. Era abituato agli sfoghi di Sara.

«¡Hijo de puta!» ringhiò la donna, scoprendo i denti. «Tu lo sai che la mia squadra non parla la lingua locale! Vuoi metterci in difficoltà!»

«Modera il linguaggio, Nuñez».

Sara si morse il labbro, ritraendo il braccio.

«Non voglio andare in missione in quel posto».

«E perché?» sghignazzò Xavier, portandosi il sigaro alla bocca. «Brutti ricordi?».

«Dacci un taglio!».

Il capo non gradì quel tono, usato con lui per la seconda volta.

«Se provi a sabotare la missione, da quella città non ti faccio uscire viva. Sono stato chiaro?».

Sara gelò. 

«E ora va'. Fuori da qui» ordinò l'uomo riponendo gli scarti del sigaro nel posacenere.

L'ispanica soffiò rabbiosa e converse il corpo in direzione dell'uscio. Ma prima di andarsene afferrò un vaso di cristallo e lo lanciò con forza verso Xavier, che lo evitò inclinando leggermente la testa. Sul muro alle sue spalle rimase una grossa macchia d'acqua, e per terra si sparsero cocci taglienti e fiori rossi ormai appassiti.

«STRONZO!» fu l'insulto che accompagnò il gesto.

Xavier non reagì, e non parve sorpreso o scandalizzato.

«L'aereo vi aspetta alle quattro. Non disertate» disse invece, con un largo sorriso.


❖ ❖ ❖


Maka uscì dalla doccia e si avvolse un asciugamano intorno al corpo, sdraiandosi sul letto. Il suo cellulare continuava a vibrare, così, spinta dalla curiosità, andò a controllare le notifiche: Death the Kid aveva appena creato un gruppo.

La bionda si mise a ridere, aprendo la chat per guardare i messaggi che non aveva letto mentre era in bagno.

     Liz: Dài, le stanze non sono male. La mia ha anche la vista sul Danubio!

     Tsubaki: C'è il frigo!

     Soul: Ho un letto a due piazze, gente. Questa notte dormirò come un bambino

VENOM [Soul Eater]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora