11. Non tutto il caos viene per nuocere

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Sacrificare il loro rapporto per il bene di Maka era stata la cazzata più grossa che avesse mai potuto fare. E l'aveva persino baciata. Che testa di cazzo.

Soul si portò il bicchiere di vetro alla bocca e trangugiò l'ultimo filo di bourbon scadente. Abbassò lo sguardo sul polso non più rivestito dal cinturino nero dell'orologio – abbandonato chissà dove nella stanza – e serrò la mascella.

Una gran testa di cazzo.

Lanciò rabbiosamente il bicchiere sul tavolo, che per grazia divina non si ruppe in mille pezzi, e si alzò dalla sedia.

L'esperienza aveva insegnato a Soul che l'orgoglio e la presunzione portavano direttamente all'infelicità. E lui sapeva molto bene come. Tagliare i ponti con la propria famiglia era il suo personale esempio. Il tempo passato a rimuginare sul perché fosse così diverso dal fratello, 'perfetto' agli occhi dei genitori, gli aveva creato una bolla ermetica intorno al suo vero essere. Ed era per questo motivo che continuava a nascondersi dietro a uno schermo di aggressività e negligenza. 

Da tutto ciò era nata la paura di avere un rapporto concreto con qualcuno e il fastidioso timore di essere costantemente paragonato agli altri, con l'unico risultato di minimizzare la propria persona in ogni circostanza. 

Chissà, magari le cose sarebbero andate diversamente se non avesse fatto di testa sua e avesse rispettato la volontà dei suoi genitori.

Kilik entrò nella stanza, sospirando. Il marasma di bicchieri e bottiglie vuote di alcolici sparsi sull'enorme tavolo era abominevole. E anche l'aria era fetida di fumo.

Chissà da quanto tempo non puliva.

«Sei pronto? Dobbiamo andare a una cena col tuo acquirente» disse pratico.

Soul alzò gli occhi vermigli sul ragazzo e annuì in silenzio, blando.


❖ ❖ ❖


Maka iniziò a tagliare la bistecca nel suo piatto, mentre il fidanzato la osservava rapito, con un sorriso beato stampato sulle labbra.

«Sei bellissima stasera» le disse, incapace di distogliere gli occhi dalla figura elegante e raffinata della bionda.

Maka lo guardò sorpresa. «Vuoi dire che gli altri giorni sono paragonabile a un cesso a pedali?».

«Dritta al punto» sghignazzò Matt, prendendo un sorso dal suo calice di vino rosso.

«Quello era un sì?».

«Ovvio che no, Maka! Ma che ti salta in mente!».

La bionda alzò l'angolo della bocca in un sorriso malandrino, continuando a tagliare la carne. Era già tanto che lui l'avesse portata fuori a cena a festeggiare il loro anniversario e lei non 
si era dovuta inventare l'ennesima bugia per coprire le uscite notturne. Non c'era nemmeno più bisogno, perché aveva chiuso definitivamente con Soul Evans. E da quando era successo, il suo rapporto con Matt era tornato quello di sempre, ed anche i voti all'università erano tornati ad essere eccellenti.

«Perché hai scelto di portarmi qui?».

Il bruno ripose il bicchiere sul centrino, prendendo in mano la forchetta e infilzando il polpettone.

«Non ricordi? È dove ci siamo incontrati la prima volta».

Maka sgranò gli occhi e la vergogna le fece scaldare le guance.

«Oh, cazzo» si rammaricò, portando le mani alla bocca. Matthew prese un sospiro profondo e le sorrise senza rancore.

«Non fa niente, è passato tanto tempo».

VENOM [Soul Eater]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora