34. Incontri ravvicinati del terzo tipo

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Quella mattina un pesante acquazzone inondò le strade di Death City. Le gocce che picchiavano sul cornicione si sentivano anche dentro il bar in cui Maka aveva fatto una piccola sosta per fare colazione.

«Buona giornata!» augurò la barista, prima che Maka uscisse.

La bionda ricambiò il salutò e si incamminò per la propria strada. Ombrello in mano, libri sottobraccio, e direzione "dipartimento di fisica nucleare".

Mentre annegava le scarpe in qualche pozzanghera, Maka pensò con felicità che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe rivisto l'università di fisica. Avrebbe finalmente potuto cambiare con qualcosa che le piaceva davvero!

Be', sì, sapeva ad esempio cos'era un fermone o cos'era un bosone... però non le sarebbe mai servito nella vita. Non voleva mica diventare un fisico della NASA! 

A questo pensiero Maka scoppiò a ridere, e le poche persone che aspettavano l'autobus con lei la fissarono turbati.

Salita sulla corriera, la bionda rimase in piedi e si attaccò alla sbarra con una mano. L'idea di dare l'ultimo esame di fisica della sua vita la faceva sorridere così tanto, che trasmetteva gioia soltanto a guardarla.

«Maka Albarn.... Che bella sorpresa».

La ragazza abbassò immediatamente gli occhi sul tizio seduto di fronte a lei, che le fece un breve inchino con il capo.

«T-Tu?».

«Salve» sorrise Matthew.

«Che cavolo vuoi?» chiese sottovoce Maka, stringendo più del dovuto la sbarra a cui era aggrappata, arrivando a sbiancare le nocche.

Di tutte le persone sulla faccia della terra, doveva incontrare proprio lui!

«Non allarmarti, mantengo sempre le mie promesse. Questo incontro non era voluto e non ti stavo seguendo. Anzi, non avevo nemmeno pianificato di incontrarti. Colpa del destino» ghignò il bruno.

Maka strinse i denti.

Iniziò a considerare la possibilità che qualcuno le avesse davvero lanciato una maledizione addosso. Prima Soul, che la evitava come se fosse la morte armata di falce, e adesso Matthew, che compariva in ogni dove come un fungo dopo la pioggia.

Ah, già. Fino a poco fa aveva piovuto... Coincidenze?

«A che pensi, Maky?».

«Togliti quel sorriso dalla bocca».

«Io voglio soltanto essere gentile».

«La tua gentilezza mi fa venire la nausea».

«Che rude...».

La bionda storse la bocca, facendo finta di cercare qualcuno tra la folla per controllare se li stessero guardando.

«Ti butterei giù dall'autobus in corsa, sai?» mormorò minacciosa.

«Ma come? Prima eri così allegra».

«Effettivamente lo ero».

«Ah, sì? E adesso?».

«Adesso mi sentirei felice se non vedessi più la tua faccia».

«Ne sei sicura?» rise Matthew, alzandosi in piedi. «Fino a poco tempo fa ti piaceva».

Maka avvertì il suo respiro tiepido sul viso. I suoi occhi azzurri erano gelidi e la sua figura più severa del solito. Era questo il vero Matthew, quello che aveva pugnalato Tsubaki e che l'aveva spinta giù da una barca senza pietà. Il suo ginocchio destro non era ancora guarito completamente da allora e le faceva sempre male dopo una lunga camminata.

VENOM [Soul Eater]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora