3. Black out mentale

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Quella mattina Tsubaki si svegliò molto riposata. Raggiunse il bagno col sorriso sulle labbra e guardò il suo viso perfettamente armonioso allo specchio. 

Amava fare la maestra, i bambini le mettevano allegria e serenità, non si sarebbe mai stancata di vedere i loro visetti angelici. E inoltre quel giorno avrebbe rivisto anche il suo collega, che si era preso una settimana di ferie. 

Ah, il suo collega. Era da un po' che ci stava pensando.

Si lavò i denti e strinse i capelli lunghi e corvini in una coda di cavallo, controllandosi l'ultima volta allo specchio. Gli occhi blu riflettevano positività e trapelavano un pizzico di giulivo buonumore.

Uscì dal bagno e andò in cucina. Il tavolo era coperto da un'elaborata tovaglia di pizzo che Tsubaki aveva comprato alcuni giorni fa da una signora che gestiva un negozio di antiquariato. Gliel'aveva venduta parlandole della fortuna che portava e della capacità che aveva di allontanare gli spiriti maligni. E lei, ingenuamente credula come al solito, aveva avuto fede e aveva sborsato i quattrini senza batter ciglio.

Purtroppo l'altra sera l'aveva macchiata col caffè e non aveva fatto in tempo a metterla a lavare. Che poi non è che si ricordasse granché su come togliere le macchie di caffè... Tsubaki si portò un indice sulle labbra e pensò a un'alternativa, prendendo la confezione di latte dal frigo per riempire la tazza rossa adagiata sul ripiano della cucina.
La lavanderia sotto casa sua era aperta ventiquattr'ore su ventiquattro e l'uomo che la gestiva era anche simpatico. Ecco, avrebbe potuto chiedere a lui!

Riempì la tazza e ripose il cartone nel frigorifero. Ci aggiunse due cucchiai di caffè istantaneo e mescolò, sorseggiando la bevanda mentre fissava astiosa la macchia sulla tovaglia. Una volta finito, risciacquò la stoviglia e la mise ad asciugare, avvicinandosi poi al tavolo e rimuovendo la tovaglia.

Fortunatamente, quel giorno era di turno al pomeriggio e quindi aveva un paio di ore libere da spendere prima di andare all'asilo.
Richiuse la porta di casa e scese le scale del condominio, grata di non aver incontrato la portinaia pettegola, che Tsubaki aveva personalmente soprannominato "Perpetua" perché affondava sempre i denti negli affari degli altri.

Chiuse garbatamente il cancello e proprio quando alzò lo sguardo, Maka entrò nel suo campo visivo. Era intenta a camminare a testa bassa sul lato opposto della strada, reggendo fra le mani un piccolo quaderno dalla copertina nera.

«Maka!» salutò a gran voce, sollevando il braccio libero.

La bionda alzò gli occhi dalle pagine affogate nella sua calligrafia ordinata e curvò le labbra in un sorriso verace appena riconobbe la ragazza. Non si era resa conto di essere arrivata fino al quartiere della sua migliore amica!

«Tsubaki!».

La corvina controllò che non arrivasse nessuna macchina e attraversò la strada, raggiungendola.

«Che bello vederti! Come stai?» chiese la bionda.

«Molto bene, grazie. Tu, come stai? È da parecchio che non ci sentiamo!».

Maka rise amareggiata e richiuse il quadernino, infilandolo nella borsa a tracolla.

«Per niente bene. Ho un test fra due ore e non ho ripassato niente ieri sera».

Tsubaki inclinò la testa da una parte, constatando dalle grosse occhiaie che stesse dicendo la verità.

«Non hai dormito?».

Maka scosse la testa. «Non ci sono riuscita».

«Insonnia?».

"Magari...!" pensò Maka, che invece era rimasta in quella lurida discoteca fino alle cinque del mattino per convincere Soul a lasciar perdere le spogliarelliste e a mollare la bottiglia di cognac.

VENOM [Soul Eater]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora