32. Pool party

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Maka prese il manuale di fisica subnucleare, aprendolo dalla parte del segnalibro. Con un sospiro di disapprovazione iniziò a leggere il paragrafo riguardante la struttura e la classificazione degli adroni, evidenziando le righe più importanti su cui doveva prepararsi per gli esami.

L'idea di cambiare università le balenò in testa come un flash. Amava la letteratura, e soprattutto leggere. Magari andare a lettere non era la scelta che Matthew avrebbe voluto per lei, ma ora non stavano più insieme. Perciò era libera di fare qualsiasi cosa del proprio futuro, no?

«Peccato che debba prima finire la sessione» bofonchiò, scarabocchiando i bordi della pagina con la penna.

Una volta ne aveva parlato con Soul, quando avevano ancora un buon rapporto. E, oltre a sostenerla, aveva addirittura detto che le avrebbe volentieri pagato gli studi di tasca propria.

Maka sorrise con amarezza.

Le mancava  Le mancava da morire. Le mancava il calore della sua pelle, la sensazione di leggerezza che provava quando lo baciava. Le mancavano le giornate passate insieme, quando era ancora la sua guardia del corpo...

Un po' ipocrita a pensarlo, dato che aveva minacciato di dichiarare guerra alla sua banda.

Il tempo passato a ripetersi quanto Soul fosse nel torto, non la aiutava a superare la brutta situazione in cui era affondata. Pensava a lui anche quando leggeva l'inchiostro nero sulle pagine, che a un certo punto si privarono di ogni significato, tanto era distratta.

Poteva una persona diventare un'ossessione? Diventare un chiodo fisso anche quando ci si sforzava di non pensarci?

Decise di abbandonare il libro di fisica sul divano e andò in cucina, dove prese una tazza di caffè. L'aveva preparato qualche ora prima, ma la caraffa l'aveva tenuto ancora caldo.

Il sapore amaro e intenso della bevanda la condusse al giorno in cui aveva incontrato per la prima volta Soul.
Quell'uomo aveva dato una svolta radicale alla sua vita. Un'ambiziosa e ordinaria studentessa del dipartimento di fisica nucleare dell'Università di Death City, era diventata la boss della fazione degli Albarn.

Ehi, però questo era colpa di suo padre. Avrebbe potuto tranquillamente dirle di no!

«Maaaka! Ho bisogno dello zucchero! Ne hai un pooo'?».

La voce lontana ma ugualmente squillante della signora che abitava nell'appartamento a fianco le fece aggrottare la fronte. Disturbare la gente di mattina era il suo passatempo preferito.

Con disappunto, la bionda afferrò la confezione di zucchero che aveva comprato ieri pomeriggio. Appena aprì la porta, la vecchia le rivolse un sorriso talmente esagerato, che a Maka sembrò quasi che le si potessero strappare i muscoli degli zigomi.
Sul serio, non era normale. Forse aveva fatto qualche puntura di botulino ed era costretta a sorridere come il Joker. Maka aveva letto da qualche parte che quella sostanza contraeva i muscoli per eliminare le rughe.

«Ti ringrazio, tesoro. Magari i giovani fossero tutti come te!» trillò lei, afferrando la confezione.

«Sì. Magari» bofonchiò la giovane, mentre la donna spariva nel suo appartamento.

Maka rimase ancora un po' sulla porta a fissare il corridoio. 

Il lungo tappeto marrone, che aveva coperto il pavimento fin da quando ne aveva memoria, era stato tolto. Le signore dei "piani alti", come venivano chiamate dagli altri inquilini del condominio in maniera sprezzante, volevano eseguire un restyling completo dell'intero palazzo, ed erano partite dagli arredi nei corridoi.

Le cose inutili insomma.

Non che a Maka fosse piaciuto poi così tanto il tappeto, però aveva la sua utilità. Ogni volta che le cadeva per terra qualche frutto dalla bustina della spesa mentre trafficava per cercare le chiavi, questo non si faceva niente. Ma ora che era tutto scoperto rischiava sicuramente di ammaccare qualcosa.

VENOM [Soul Eater]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora