25. Mantenere la calma è la chiave al problema

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Che cos'è la felicità?

Qualcuno dice sia un piccolo gesto, o un semplice sorriso. Altri dicono sia possedere montagne di soldi e avere tutto ciò che si desidera.
C'è anche una piccola percentuale che dice che non sia altro che un'illusione, perché in realtà non esiste, ed è la sofferenza la legge stessa dell'universo, ove nessun luogo e nessun essere ne è immune.

Tsubaki invece sapeva molto bene cosa rispondere.
Per lei la felicità era Black*Star. Con tutti i suoi pregi, e con tutti i suoi difetti.

E si sentì felice nel momento in cui lo vide su quella sedia accanto al suo letto d'ospedale, a sgranare gli occhi dalla meraviglia appena si accorse del suo risveglio.

«Ehi, Star...» sorrise flebilmente. «Non piangere...».

«Non sto piangendo!» protestò l'azzurro, tirando su con il naso. «Mi stanno solo sudando gli occhi, in questa stanza c'è troppo caldo!».

La corvina ridacchiò debolmente, ma subito dopo iniziò a tossire. Black*Star si precipitò a soccorrerla, aiutandola a mettersi seduta. 

«Non sforzarti...».

La camelia sollevò un angolo della bocca, aggrappandosi alle sue braccia forti.

«Grazie».

Il cecchino la fece poi sdraiare, sistemandole le coperte addosso.

«Quando tempo sono rimasta incosciente?».

L'azzurro soffermò lo sguardo sulla fidanzata, che aveva l'incarnato ingiallito e pallido.

Merda, se non l'avesse trovata in tempo, lei...

«Star?».

«Qualche ora, non preoccuparti» rispose, mettendole una mano sulla fronte per vedere se avesse la febbre, ma non fu così. 

«I bambini stanno bene?».

«Non sanno niente, stai tranquilla».

«E la signora Posner?».

«Mi ha aiutato a portarti qui. Ma è dovuta tornare all'asilo per badare ai bambini».

Tsubaki sospirò, rilassandosi sotto le coperte. «Per un attimo ho temuto che volesse ferire anche loro...».

«Chi?».

La corvina girò la testa per guardarlo, col terrore negli occhi. Le tornarono improvvisamente in mente le immagini di quello che era successo.

«L'uomo che mi ha attaccato...».

«L'hai visto in faccia!?».

Tsubaki annuì vagamente.

«E chi è? Lo conosci?».

La giovane maestra non era sicura se rivelargli che fosse stato Matthew. Prima voleva parlarne con Maka.

«No. Non l'ho mai visto in vita mia».

«Dannazione!».

L'uscio della camera d'ospedale si spalancò e Maka corse fino al letto di Tsubaki, fermandosi con le mani sulla sponda di plastica a lato del materasso.

«Mio Dio... cosa ti hanno fatto...» sussurrò, col fiato corto.

Si appressò alla corvina quasi restia a toccarla, come se avesse paura che potesse rompersi al suo tocco. Ma la corvina sollevò il braccio libero per asciugarle le lacrime e la guardò con amore.

«Non piangere, Maka... non mi piace vedervi tristi».

Sulla soglia della porta c'era anche Soul, che osservava la scena in silenzio.
Quella brutta sensazione che Maka aveva avuto in cucina si era rivelata reale. Si sentì quasi uno stupido ad averle suggerito di non preoccuparsi.

VENOM [Soul Eater]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora