Scegliete lei

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Sul fondo vedo quel che sembra un palcoscenico e io sto per andare in panico mentre aspetto che mi chiamino.
E quando sento qualcuno dire "Sarah" sobbalzo e valuto l'idea di correre indietro, considerando anche che la ragazza prima di me sia uscita piangendo e urlando insulti come "stronzi senza cuore".
Mi guardo intorno distrattamente: Forse potrei ancora scappare dall'uscita d'emergenza e fingere di non essere mai stata qui, tornare in hotel e godermi la vacanza con i miei amici.
O forse no.
Comunque, così per dire: Harry, ti odio. Guarda cosa sto facendo per te. Per ciò che hai frantumato.
Vorrei piagnucolare come una bambina capricciosa e vorrei chiamare i ragazzi e farmi sovrastare in un abbraccio di gruppo, vorrei abbuffarmi di gelato e piangere e vorrei andare avanti con la mia vita.
Ma invece deglutisco e respiro più profondamente a ogni passo che mi avvicina ad un'enorme "X" sul pavimento, proprio davanti a delle persone che credo siano manager o qualcosa del genere, su cui dovrò fermarmi.
Stringo al petto la mia cartelletta come se potesse proteggermi e nonostante siano passate ore da quando sono qui non riesco in nessun modo a tranquillizzarmi, anzi, credo di non essere mai stata così agitata in tutta la mia vita.
Valuto l'idea di percorrere strisciando gli ultimi metri, perché le mie gambe non sembrano reggere.
Ma questo pensiero deve fare pena a Dio, perché mi dà la forza di arrivare davanti al signore moro che mi guarda attentamente.
Davanti a me ci sono un sacco di sedie vuote –per fortuna – , tranne quelle della prima fila in cui sono sedute quattro o cinque persone.
Il ragazzo che fuori di qui si lamentava non ha tutti i torti, servono davvero così tanta premura e attenzione?
Il mio cuore salta un battito quando mi rendo conto della telecamera che ho puntata addosso: ci sono i ragazzi che ci stanno guardando? Cosa gliene può fregare a loro della faccia della prossima fotografa?
Cedo le mie foto e mi porto le mani al petto per non sentirmi del tutto esposta. So che sembra io sia estremamente tragica e sono consapevole che in situazioni come questa bisogna mostrare carattere e non sembrare dei cricetini indifesi e terrorizzati, ma purtroppo mi sento proprio quel cricetino all'angolo della gabbia.
Comunque, esempi poco sensati a parte, l'uomo davanti a me apre con lentezza estenuante la cartelletta.
Sul petto ha una targhetta su cui c'è scritto "Paul Higgins". Guardo velocemente le altre persone, ci sono due donne e altri due uomini che sembrano del tutto disinteressati.
Mentre Paul sfoglia con espressione incerta le foto, qualcuno mi pone qualche quesito di poca importanza e ricordo solo ora di chiamarmi "Sarah".
Ma quando lui richiude il raccoglitore e mi guarda pronto a dirmi di andarmene, una voce risuona all'interno della stanza.
La voce è quella di Harry e io penso che potrei svenire in questo momento esatto.
«Paul?».
«Sì?».
Mi guardo intorno e cerco di trattenere le mie reazioni, mentre non capisco da dove provenga la sua voce.
«Scegliete lei». Dice poi con un tono che, io lo so, non ammette repliche.
«Harry,». ecco la conferma di cui non necessitavo, ma che mi fa lo stesso morire ancora un po', «Non abbiamo organizzato questa giornataccia last minute perché tu scelga a caso. E poi abbiamo incontrato molte persone più competenti...». Si interrompe per lanciarmi uno sguardo mortificato «e con qualche attestato in più».
«Paul».
Non dice altro, mentre quest'ultimo sbuffa ed una ragazza sedutagli accanto ridacchia.

Così, eccomi qui ad aspettare che la porta si apri da una mezz'oretta.
Questa giornata sembra non finire mai.
Quello che suppongo essere il manager principale ha congedato le altre persone e, dopo avermi chiesto di aspettare un attimo, è sparito dietro una porta laterale che non avevo notato prima.
La tentazione di seguirlo ed interromperlo mentre cerca di far ragionare Harry è tanta e si alterna a quella di scappare.
Faccio ancora in tempo.
Lentamente il posto si è svuotato del tutto, con le urla di chi non ha potuto far vedere le proprie doti ed il dispiacere di chi l'ha fatto e non è bastato.
In trenta minuti ho ovviamente pensato un numero indefinibile di cose.
Per quale motivo Harry ha voluto che scegliessero me? Magari è solo stato portavoce di un pensiero comune nel gruppo. Ma anche in questo caso, perché? Amo fare foto ed a volte mi sento talentuosa, ma è ben distante dal vincere una sorta di competizione con gente che ha studiato e lavorato.
La sua voce è diversa, è più matura e calda.
Ora che questo non è solo un sogno, mi rendo conto che dovrò vedere Harry senza saltargli addosso e senza piangere.
Oddio, in realtà queste sono reazioni che avrebbe chiunque, quindi forse posso farlo!
Cerco il telefono nella borsa, non ho ancora avvisato perché pensavo che sarebbe tornato subito Paul, il manager.
Ed ecco che come quando da ragazzina passavo ore a studiare e mia madre entrava in stanza proprio quando mi distraevo, Paul entra appena sblocco il telefono ridacchiando sola, sicuramente pensa che io sia pazza.
«Signorina...».
«Taylor!».
Da dove mi è uscito non lo so, ma di sicuro potevo pensare ad un cavolo di cognome prima di venire qui.
«Le presento i One Direction».
Oh, Madre di Dio.

Gotta be you || Harry StylesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora