Mi è bastata la tua voce

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Ovviamente serva a poco che lui specifichi cosa, ma sono quasi tentata di chiedergli di che stia parlando, per prendere tempo.
Ho in ogni caso immaginato diverse volte che lui me lo dicesse, ma nella mia fantasia non ha mai avuto questa espressione dura sul viso.
Come un automa, l'unica cosa che mi viene in mente di fare è dirigermi in bagno per togliermi le lenti, sfilare la parrucca lasciandola cadere per terra, passare le mani fra i capelli scuri chiedendomi se se ne ricorda la tonalità.
Non mi serve conferma, so che si riferisce a questo, ce lo ha scritto in volto.
Rientrare in salotto mi dà un'altra risposta: Gli mancava il colore dei miei capelli, gli mancava sentirli fra le dita, ma soprattutto gli mancava guardarmi negli occhi. Capirlo è semplice, basta notare il modo in cui mi sta guardando.
Ma è così misto a dolore, e forse rabbia, che non riesco a smettere di tremare.
«Quando lo hai capito?».
«Subito. Come avrei potuto non farlo?».
Mi siedo sul divano frontale a lui e questo sembra turbarlo ulteriormente. Ed in effetti anche io sto solo morendo dalla voglia di abbracciarlo, perché nonostante lo stia facendo da quasi un mese, mi sembra di averlo incontrato solo ora dopo due anni.
«Mi è bastato sentire la tua voce. Non stavo neanche guardando il monitor dove tutti eravate inquadrati, cosa me ne poteva fregare della faccia del nostro nuovo fotografo? Poi ho sentito la tua voce e ho pensato di essere impazzito, mi sono guardato intorno e solo dopo ho capito che veniva dallo schermo. Incontrare i tuoi occhi che distrattamente osservavano la videocamera è stata solo una minima conferma, avresti potuto anche tingerti la pelle di nero Emma, ti avrei riconosciuta fra sette miliardi di persone. Ovviamente ho avuto un'ulteriore conferma, quando sei venuta a casa con il gruppo per la prima volta. Hai avuto facebook pieno di foto con loro per un anno, prima di cancellare l'account. E anche dopo loro hanno continuato a metterle. Non hai mai pensato che io guardassi il tuo profilo? Come hai fatto a non pensarci? Ma d'altronde questo è stato secondario».
Sarà stato il tono della sua voce, o i suoi occhi, o il fatto che sul serio non si sia alzato ad abbracciarmi. O forse è perché mi sento stupida a non averci pensato, o ancora il fatto che vorrei essere lusingata perché lui mi seguiva online ma non me lo sta permettendo. Sarà stato l'insieme di tutte queste cose, a farmi scattare in piedi.
«Sul serio mi chiedi come io abbia fatto a non pensare al fatto che forse Harry Styles dei One Direction poteva stalkerarmi sui social? Sul serio me lo hai appena chiesto? Forse non ci ho pensato perché non ti sarebbe servito a niente farlo se non fossi mai sparito, forse non ci ho pensato perché per sapere come cazzo stava andando la mia vita bastava scrivermi un Sms, forse non ci ho pensato perché se eri pentito o volevi vedere la mia faccia ti bastava prendere un cazzo di aereo privato e farlo atterrare nel mio cazzo di giardino? Forse non ci ho pensato perché solitamente io non le seguo le persone che cancello dalla mia vita, e forse non ci ho pensato perché facebook era pieno di stati depressi? E foto dove dimagrivo a vista d'occhio? E pensare che tu le vedevi e non hai mai fatto un cazzo non sistema per niente la situazione! Quindi scusa se ti turba il fatto che io sia venuta qui dal tuo manager cercando di essere un'altra persona solo per vederti, starti accanto e soffrire perché non potevo abbracciarti o urlarti contro perché avevamo qualcosa in sospeso, scusa se io ho fatto qualcosa perché dopo due anni ancora ne sentivo il bisogno quando tu semplicemente non hai fatto nulla!».
Il tremore non è ovviamente diminuito per niente durante il mio discorso, ma anzi è stato accompagnato dalle mie urla che non hanno fatto altro che accentuarlo.
L'ho guardato tutto il tempo perché mai mi sarei lasciata sfuggire l'opportunità di dirgli tutte queste cose guardandolo, dopo anni che ho fatto discorsi su discorsi nella mia mente.
E tutto il tempo lui non ha mosso ciglio, è stato come congelato da una realtà che gli stavo sbattendo in faccia in modi che forse non aspettava.
«Mi ha fatto male averti accanto e non poterti dire nulla di nostro, tutto qui»
«Non rigirare la frittata, Harry, avresti potuto in qualsiasi momento. Ti bastava dirmi subito "ehi, Emma, che pensavi di fare con una parrucca?" ridere e parlarmi come se non ci fosse un domani di tutto quello che c'è in sospeso fra di noi. Invece non so cosa ci è passato per la testa».«Non lo so neanche io, ok? Posso essere umano? Debole?».
«Se tu fossi ancora il mio Harry avresti messo la mia debolezza davanti alla tua. Sono io che ora devo tornarmene a casa mia con il sapore delle tue labbra sulle mie e tutto il resto che è solo un cazzo di casino, Harry».
«Perché io qui starò bene? Credi che questo non mi abbia sfiorato? Credi che sia solo tu a doverne subire le conseguenze?». Gesticola esasperato di fronte a me.
«Non lo so. Non mi sembra tu abbia detto nulla a riguardo. Lasciamo stare, ok? Va bene così».
Corro frettolosamente in stanza, apro la valigia e ci butto dentro tutto quello che mi capita sotto mano senza fregarmene più di tanto se perdo indumenti qua e là, senza fregarmene di lasciare qualcosa sparso perché tanto in giro ci sto già lasciando pezzi di cuore, chi se ne frega se ci si impiglia addosso anche qualche top.
La chiudo, litigo con la cerniera ed è buffo che un'ora fa litigavamo invece con una serratura.
Sento i suoi borbottii, sento cose che sbattono, ma è come se fosse in un altro mondo per quanto sento tutto così distante. Distante che ancora non piango.
Afferro il telefono e lascio che squilli.
«Sarah?».
La voce è chiaramente rauca, assonnata.
L'orologio segna le 3.
«Zayn? Puoi venire a prendermi?».
La linea si chiude dopo una sua imprecazione, e la mia voce tremante gli ha già detto tutto e io trascino sotto gli occhi di Harry che non mi concedo di incontrare, la valigia fuori.
L'auto mi parcheggia davanti nel giro di dieci minuti.
Zayn scende e mi fissa, poi si passa le mani sul viso e fra i capelli nervosamente.
«Devo parlargli? Ucciderlo? Fare qualcosa?».
«Prendi solo questa valigia, l'ho rotta per portarla fuori...»..
Sento di star per scoppiare e lo sente pure lui, perché un lampo di dispiacere gli attraversa il volto, ma è veloce perché non vuole mostrarmelo.
Prende comunque la mia roba, persino la fotocamera che stringo fra le mani, e sistema tutto in auto.
Mi fa poi entrare, e resta fuori qualche secondo pensando a cosa fare.
Sarebbe lecito controllare come sta Harry, credo.
E infatti dopo aver sbuffato almeno quattro volte ed avermi chiesto scusa circa tre, bussa alla porta.
Lui apre subito e immediatamente cerca i miei occhi e li trova, ma altrettanto velocemente mi giro dall'altra parte.
Sento la porta richiudersi ma non mi volto lo stesso.
Il suo sguardo è comunque l'ultima cosa che si imprime nella mia testa, prima che io sprofondi nel sonno.

Ancor prima di aprire gli occhi sento un odore che non è quello di Harry. Quindi, ancora prima di aprir gli occhi, un dolore atroce mi colpisce così forte da stordirmi da farmeli spalancare mentre mi siedo.
Zayn è seduto accanto ad un letto così grande che poteva tranquillamente stendersi anche lui, con addosso lo sguardo più dolce del mondo.
Non faccio in tempo ad aprir bocca che fa il giro del letto per venire dal mio lato, si siede ed in un attimo sono fra le sue braccia a piangere come una disperata.
I singhiozzi vengono fuori così forti e immediati che all'inizio il mio cervello fatica a capire che sono proprio io a produrli, ma la mano insistente di Zayn che fa su e giù sulla mia schiena ed il continuo richiamare il mio nome vero come se lo conoscesse da una vita, sono un chiaro segnale.
Sussulto quando bussano alla porta, prima di vedere Louis e Niall incerti sull'entrare o meno.
Il secondo resta a guardarmi con chiaro dolore sul viso, il primo sparisce qualche secondo per riapparire con un bicchiere colmo d'acqua in mano e sul viso lo stesso sguardo degli amici.
Mi chiedo per una frazione di secondo se non dovesse essere Harry qui, consolato dalla sua band, dai suoi fratelli.
Mi rispondo solo che forse lui non ha bisogno di nessuna consolazione.
Stringo forte il bicchiere mentre Louis mi stampa un bacio sulla fronte ed esce, trascinandosi un Niall quasi in lacrime.
Il moro invece non ha intenzione di muoversi, non gli importa se è invadente, vuole darmi sostegno. Ed io ho disperatamente bisogno di questo sostegno.
Un angolo della mia testa decide di dedicarsi al bel rapporto che ho instaurato con Zayn, tutto il resto del cervello, degli organi, del corpo fino alla pelle, al fatto che io abbia perso nuovamente Harry.
Fa un male atroce che in parte ricordavo già ed in parte mi sembra ancora più grande, perché stavolta ho perso la persona di cui sono consapevolmente innamorata.
Zayn non la smette per un attimo di sussurrarmi cose dolci, belle, rassicuranti. Ma a me non basta niente. A me non basterebbe proprio niente neanche se potessi avere qualsiasi cosa in questo momento.
Non mi basterebbe neanche Harry in persona. Forse.
E stavolta il tempo mi sembra passare inesorabilmente lento, mentre piango fino a perdere il respiro, fino ad addormentarmi fra due braccia calde e pronte a sostenermi.

Gotta be you || Harry StylesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora