Capitolo 21

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Qualcuno chiamava il mio nome. Era una voce calda, rassicurante. Ma non melodica. Era stridula, disperata. Sembrava che stesse cercando di svegliare un orso, tanto che urlava.
Appena i miei occhi si aprirono, la prima cosa che comparve, di fronte a me, fu un soffitto bianco.
Li richiusi subito, infastidita dalla luce accecante della lampada e dal riflesso del soffitto. Delle macchioline nere occupavano gran parte della mia vista.
Strizzai le palpebre, in attesa che riprendessi conoscenza.
Intanto, il mio nome continuava ad essere ripetuto.
Quando riaprii gli occhi, comparve una chioma colorata. No, forse non erano capelli, ma solo altre macchie.
Strinsi di nuovo gli occhi.
La testa mi pulsava, non capivo niente, nè chi stesse ripetendo il mio nome, nè dove mi trovassi, nè perchè mi trovassi lí.

"Lilith!" ripetè di nuovo la voce.
"Lilith!".

"Signora, la prego, cerchi di farla respirare." la ammoniva qualcun altro, forse un uomo.
Sentivo il sangue che pulsava, nei polsi e nel petto.

"È mia figlia!".

"Tesoro, se continuerai a starle addosso, non si risveglierà presto!".

"Tu da che parte stai?".
Un urlo mi trapanó i timpani, rimbombando nella mia testa e causandomi delle fortissime fitte alle tempie. O, almeno, quelle che credevo fossero tempie.
Ritentai di aprire gli occhi, stavolta con qualche attimo in piú di risultato positivo, ma non riuscendo comunque ad arrivare al mio obiettivo.

"Si sta svegliando." mormoró una voce profonda e bassa, vicino a me.
Attorno alla superficie morbida su cui ero appoggiata, sentivo che qualcosa, o qualcuno, si mosse, provocando lo scontento di altre persone attorno a lei.

"Tesoro, la spaventerai!".

"Signora, si calmi.".
La prima cosa che misi a fuoco fu il lampadario, esattamente sopra di me, acceso ed accecante, come il Sole che riluce sulla Terra.
Spegnete tutto!
Forse lo dissi veramente, perchè, un attimo dopo averlo pensato, la luce si spense magicamente, regalandomi un attimo di pace e buio.
Chiusi di nuovo gli occhi, piú rilassata.
Una mano si appoggió sui miei capelli, cominciando a compiere movimenti lenti, che andavano dalla radice alle punte. Erano movimenti rassicuranti, dolci, forse. Erano cosí familiari.
Mi scappó un mugugno, in reazione a quel leggero massaggio.
Una mano si posó sulla mia, accarezzandola piano, dandomi la conferma dei miei sospetti: era James quello al mio fianco.
Non riuscii a nascondere un sorriso, sentivo gli angoli della bocca che tiravano, non piú abituati a quell'azione.
Qualcuno sibiló qualcosa, ma lo ignorai, dedicandomi solo al sentire il pulsare del sangue nelle labbra che si posarono sul mio braccio, nell'incavo del gomito, provocandomi un brivido. Erano cosí calde, cosí morbide, cosí familiari.
La testa mi cadde di lato, facendomi aprire gli occhi. Davanti a me, ritrovai il viso familiare di un giovane che non invecchiava nel tempo, un giovane che io amavo e che amava me.
Le sue labbra si posarono sulle mie, dolcemente, levandomi quel poco di aria che avevo inalato, in quei brevissimi attimi in cui ero stata cosciente.
Anche se non respiravo, peró, quella sensazione mi piaceva, mi ridonava energia.
Troppo presto, quelle labbra si staccarono, sostituite da due occhi preoccupati, che incrociarono il mio sguardo confuso. La loro vista fu come una pugnalata al cuore.
Inorridita, tentai di rialzarmi, troppo in fretta, cosí finii di nuovo stesa su quella superficie morbida, che mi aveva tenuta incollata a quel posto fino a quel momento.
Strinsi le palpebre e mi massaggiai la testa dolorante, perchè, nonostante quella superficie fosse morbida, ció su cui ero distesa presentava una sporgenza dura, che aveva sbattuto contro la mia testa ed il mio collo indolenzito.

"Lilith, tesoro!" urló qualcuno alle mie orecchie.
Sí, ero sicura che fosse mamma.

"Signora, se si calma, potrà parlare con sua figlia, altrimenti le farà perdere di nuovo i sensi." sentii di nuovo la mano di prima accarezzarmi la pelle.
Stavolta, peró, la mano non mi sembrava piú tanto morbida e calda: la sentivo ruvida e stranamente fredda.
Spalancai gli occhi e mi misi seduta, provocandomi un altro giramento di testa, ma mi trattenni dallo sdraiarmi ancora e tolsi la mia mano da quella di James.
Non so come riuscii a sostenere il suo sguardo. I suoi occhi erano un'unica nuvola caotica, carica di confusione, tristezza e delusione.
Se lo meritava.
Qualcosa, tra i miei pensieri, riaffioró, facendomi rivivere alcune delle scene piú terribili degli ultimi...minuti? Ore? Giorni? Da quanto tempo ero rimasta su quella superficie...?
Diedi uno sguardo alla superficie morbida, notando solo allora il suo colore verde marcio.
Oh, è il divano.
Per quanto tempo ero rimasta sdraiata su quel divano? E come avevo fatto a finirci sopra?
Certo, non erano domande da rivolgere ad un essere spregevole come James.
Truffatore. Approfittatore.
Il mio sguardo doveva essere pieno di disprezzo, perchè, ad ogni minuto che passavo a guardarlo, lui abbassava sempre di piú i suoi occhi stanchi e malinconici.
Codardo.
Questo era l'unico aggettivo in grado di descriverlo.
Mamma, non sapevo come, riuscí a precipitarsi da me. Mi prese la mano tra le sue, la stessa che aveva toccato James. Le mani di mamma erano...materne. Non c'era altro aggettivo in grado di descriverle.

"Lilith, tesoro, stai bene?" urló.
I suoi urli erano ancora un trapano in grado di mettere fuori uso la mia mente tornata da poco consapevole di ció che stava accadendo. Ma no, non avrei lasciato che nemmeno questo mi lasciasse priva di forze. Al contrario, ignorai mamma, che era veramente preoccupata per me, e spostai l'attenzione su James.
Lui non si era mosso di un centimetro, mi guardava con quello sguardo frustrato e stanco. Fin troppo. Era insopportabile.
Perchè stava chiedendo perdono? Per qualcosa che aveva fatto inconsapevolmente? O per aver usufruito deliberatamente del mio corpo?
Di certo, non si meritava le mie attenzioni, non come prima. Ora, per ottenere qualcosa di enorme portata, avrebbe dovuto compiere un atto paranormale. Per esempio, avrebbe potuto porre fine a quella guerra tra licantropi e vampiri. O, semplicemente, avrebbe potuto allontanare quei lupi famelici dalla mia casa, garantendo la sicurezza alla mia famiglia.
Avrei dovuto dirglielo.
Oh, giusto, ma lui mi considerava pazza, quindi non mi avrebbe mai creduto. Tanto valeva dirgli anche cosa avevo combinato in quel bagno. Forse, si era fatto film mentali anche su di me in bagno, mentre mi aspettava lí fuori, seduto su quello stesso divano verde.
Mi scappó una smorfia di disgusto.
Avrei voluto togliermi da quel posto, levarmi di dosso ogni impronta di James, compresa la sua felpa, che avevo ancora addosso.
Prima, peró, avrei dovuto confessargli tutto quello che avevo visto. Tanto, non mi avrebbe mai creduto.

"Ho visto Sylver." dissi, guardandolo intensamente negli occhi.
Tra di noi si era appena aperta una piccola guerra.

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