Capitolo 42

1.3K 80 2
                                    

Iniziai a sudare freddo quando Stacey mi afferró per il braccio, tirandomi in piedi e spingendomi con forza verso una porta piena di pietre preziose, bianca, in legno raffinato.
Quel posto, il luogo in cui vivevano i licantropi, cominciava a darmi la nausea, per quegli accostamenti antico-moderno dei mobili e delle strutture. Dovunque mi girassi, c'era roccia, antica e liscia, e, accanto ad essa, interruttori per la corrente elettrica, nuovi e lucidi. Raccapricciante.
La porta bianca si aprí, non appena un sensore invisibile ebbe rivelato un movimento, ovvero Stacey ed io che ci avvicinavamo.
Fu come ritornare di colpo al castello di James: un'onda colorata mi investí, facendo riaffiorare alcuni ricordi, a me molto piú preziosi delle pietre e delle gemme attaccate agli sbuffi dei vestiti dai mille stili e dai mille colori.
Sulle grucce, un'infinità di abiti sfilava davanti ai miei occhi.
Non è possibile.
Qualcosa non quadrava: mi avevano rinchiusa per un giorno in una cella ed ora mi offrivano quegli abiti  preziosi?
Stacey mi diede un'altra spinta, facendomi cadere addosso alle grucce e alla seta.
Che significa?

"Prendi pure quello che vuoi, cara." mi disse Miss. Mantello Rosso, con voce dolce ed invitante.
Mi voltai verso di lei, non capendo piú niente.

"Forza, sbrigati, non ho tutto il giorno. Mike mi sta aspettando." si guardó le unghie Stacey, infastidita.
Mike. Stacey. Sylver. La ragazza. Tutti, qui, hanno qualcosa che non va.
Non ce la facevo piú: era troppo. Troppe domande senza risposta, troppo mistero, troppo troppo. E io non lo reggevo piú.

"No." sbottai, secca, guardando Stacey negli occhi, con un coraggio che non sapevo di avere.
Nella stanza, caló il silenzio, la ragazza simile a me si fermó, i fogli nella sua mano si bloccarono, insieme al suo sguardo, che si alzó su di me. Stacey spalancó gli occhi e finí definitivamente di guardarsi le unghie.

"No?!" domandó Stacey, sorpresa.
La sua mano le ricadde lungo il fianco.
Si giró verso l'altra ragazza, che mi guardava con gli occhi ridotti a fessure, minacciosi.
"Che significa?" esclamó, rivolta verso la rossa.
Questa non rispose, non se lo aspettava nemmeno lei.
"Sta acquistando troppo potere." sibiló, stizzita, Stacey.
Con grande sorpresa mia e di Stacey, la rossa sorrise, posando i fogli sul tavolo di legno. Sembrava perfettamente a suo agio, tutto il contrario della bionda davanti a me.

"Invece, trovo che sia tutto perfetto. Sta andando alla grande, è molto piú sveglia di quanto pensassi." Alzó lo sguardo su di me, con un sorriso d'ammirazione. "È proprio il carattere che serve ad una regina.".
Ci volle tutta me stessa, mi concentrai a fondo, per non barcollare e cadere all'indietro.
Regina? Perchè sta parlando di essere regina? Dimitri è prigioniero, non lo libereranno. Perchè, allora, parla di essere una regina? Io, regina?!
Ormai, pensavo che quella storia fosse acqua passata, un sogno ed un piano irrealizzabili.

"Si puó sapere che cosa significa? Perchè parlate sempre cosí? Cos'è che devo capire? Perchè parlate di regno e regine? Chi sei tu?" domandai, con la voce spezzata dalle lacrime che avrebbero voluto uscire dai miei occhi lucidi e bagnarmi nuovamente il viso, appena asciutto, rivolta soprattutto alla rossa vicino al tavolo.
Stacey mise le mani sui fianchi, come per dire Te l'avevo detto.
La rossa mutó il sorriso, da un sorriso di ammirazione divenne un sorriso dolce e comprensivo, quello che riserva una madre per un figlio.

"Capirai presto." mormoró.

"Allora perchè non dirmelo ora?" la interruppi, urlando.
Sia la bionda che la rossa si girarono verso di me, sorprese e confuse, poi si guardarono.

"Prendi un vestito e mettilo." Disse, secca, la rossa. "Poi, seguimi.".
E basta. Non aggiunse altro. Non mi diede alcuna spiegazione. Non mi informó nemmeno su dove mi avrebbe portata, questa volta.
Cosa avrei potuto fare? Rifiutare ancora, per non ottenere alcuna risposta?
Sconfitta, mi voltai verso l'armadio, lasciando che le lacrime prendessero il sopravvento.
Hai finito di frignare?, mi aveva detto Dimitri.
La verità era quella: non ero in grado di fare qualcosa senza piangere, per la frustrazione. Perchè, si sa, in ogni cosa, c'è un momento di sconforto, un momento in cui si è pronti ad abbandonare ció che si sta facendo. L'importante è saper superare quel momento ed impegnarsi piú di prima.
Allora, perchè sentivo che stavo cedendo? Mi stavo arrendendo, stavo seguendo gli ordini di una sconosciuta, mia nemica.

"Se non ti sbrighi, ti scelgo io il vestito. Non ti conviene." sibiló Stacey, alle mie spalle.
Mi sorpresi per il fatto che non mi aveva ancora giocato qualche scherzo sinistro.

"Prova a toccarla e caccio Mike." rispose la rossa, al posto mio.
Stacey non ribattè, zittita da quell'unica frase.
A proposito, è strano che non se lo stia portando appresso, in questo momento.
Infilai un braccio nel mare di vestiti e ne tirai fuori uno, bianco e semplice, semitrasparente.
Mi sfilai i miei vestiti, davanti a quelle due donne. Mi sentivo vulnerabile. Senza il maglione, la maglia ed i pantaloni addosso, era come se la bionda e la rossa avessero potuto leggermi dentro.
Infilai il vestito bianco, fin troppo leggero, e mi voltai verso la rossa.
"Seguimi." ordinó lei.
Senza opporre alcuna resistenza, la seguii, fuori da quella stanza, ignorando Mike, che era proprio fuori dalla porta.

Regno ribelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora