Capitolo 83

1K 61 26
                                    

La rossa non mi lasció nemmeno il tempo di farmi una coda, una cosa che non facevo da tempo, cosí fui costretta a farla mentre camminavamo verso il luogo dove il Capitano mi avrebbe insegnato come difendermi.
Difendermi da cosa?
Probabilmente, dai vampiri. Eppure, io non ero nè la loro principessa, nè la loro regina, nè, tantomeno, un licantropo, quindi non capivo perchè avrei dovuto difendermi dai vampiri. Ero ancora umana: anche i licantropi, soprattutto loro, erano miei nemici. I vampiri, invece, i miei alleati. O cosí sembrava.
Non eravamo molto lontani dalla mia camera, quando ci fermammo ed entrammo in una stanza, in cui ero già stata. Era bianca, coperta di pannelli, su un lato, c'era qualche paletto, soprattutto su un tavolo. Al centro, c'era un'area coperta. Era la stanza in cui il Capitano mi aveva portata, poco prima di aver sparato al ragazzo, Reinold. Avevano detto che aveva nutrito Dimitri. E ne avevo avuto la prova. Ma non era stato lui. C'era qualcuno, nel regno della rossa, che la stava tradendo, perchè Dimitri era ancora in forze, tanto da riuscire a scappare dal luogo sorvegliato in cui era stato rinchiuso. Ma chi?
Osservai come la pistola argentata del Capitano luccicó, sotto le lampade elettriche. Il Capitano ce l'aveva ancora nella tasca interna della giacca, ma, ora, la prese e la posó sula tavolo, accanto ai paletti.
La maglia che avevo addosso, che avevo scoperto elastica, mi faceva caldo, cosí come i pantaloni lunghi. Avevo solo delle calze addosso, ma il pavimento non era scivoloso, quindi non avrei corso il rischio di cadere.
Non sapevo ancora cosa aspettarmi dal Capitano, ma era la prima volta che mi allenava, quindi non avrebbe potuto fare mosse azzardate.

"Non trattenerti." intimó la rossa, guardando il Capitano ed appoggiando le spalle al muro.
Incroció le braccia al petto e sorrise.
Come non detto.
Con le mani che tremavano, rivolsi l'attenzione al Capitano, di fronte a me. Ma lui non era piú lí.
Abbassai lo sguardo, presa alla sprovvista, e, senza rendermene conto, ero già a gambe all'aria, dopo aver sbattuto la testa sul pavimento.
Grugnii e mi massaggiai la nuca dolorante. Il Capitano sorrise e mi voltó le spalle. Come se non avessi potuto attaccare. Sapeva che non ne sarei stata capace.
Ti sbagli.
Mi rialzai in piedi e, prima che potesse vedermi di nuovo, corsi verso di lui, diretta alla parte bassa della schiena. Stavo per prenderlo, buttarlo a terra e restituirgli il sorriso, quando lui spostó, improvvisamente, e l'unica a cadere a terra fui io. Di nuovo.

"Cosí prevedibile." commentó il Capitano, annoiato.
Mi alzai a sedere.
Prevedibile?!
Strinsi la mano ancora insanguinata sul pavimento. Strinsi i denti. Mi alzai in piedi, pronta ad attaccare di nuovo, convinta di poterlo battere, ma lui alzó una mano, per fermarmi.

"Ne ho avuto abbastanza. Credevo ti avessero mostrato qualcosa quei vampiri, ma, a quanto pare, nemmeno il loro re è in grado di proteggersi." la rossa avanzó, tra me e il Capitano.
È colpa tua.
Le parole di Dimitri mi risuonarono nelle orecchie, come campanelli.
È colpa tua.
"Ti insegneremo come difenderti da un umano, come Mike. Mike è un licantropo, ma non sa ancora usare le sue potenzialità al meglio. Io, invece, potrei vincere su di te con la sola volontà." aggiunse.
Su questo non c'era dubbio.
"Quindi, cerca di seguire il Capitano." mi suggerí.
Il suo comportamento tranquillo, come se lei avesse potuto battere anche il Capitano, mi faceva alterare.

"E se non ci riuscissi?" mi scappó.
Incrociai le braccia al petto, facendo finta di aver detto quelle parole apposta.
Lei stava già tornando al muro, a guardarci, quando si fermó e volse la testa verso di me.

"In quel caso, farei in modo che non rimanesse nemmeno il ricordo di te.".
Dopodichè, si allontanó, tornando ad appoggiarsi al muro.
Come se questo potesse intimorirmi.
Decisi di non soffermarmi sulle sue parole, di chiedermi se fossero fondate o no. Sicuramente, non l'avrebbe fatto: ero la sua erede; senza di me, non avrebbe avuto altri eredi.
"Oppure, potrei trasformarti." commentó, battendosi l'indice sul mento e guardando altrove, pensierosa.
Questo sarebbe stato peggio.
Deglutii e tornai a guardare il Capitano, aspettando che iniziasse a mostrarmi ció che dovevo imparare. Rimasi stupita, peró, dall'espressione indecifrabile dei suoi occhi. Era serio, professionale. Sembrava un altro licantropo.
Si avvicinó al tavolo dei paletti e li guardó. Li esaminó con lo sguardo, poi ne prese uno, che a me sembrava uguale agli altri, e me lo porse. Lo presi, dubbiosa, non capendo cosa farci: sapevo a malapena prendere un coltello, figurarsi un paletto di legno.
Era appuntito da una parte, mentre il resto del corpo era cilindrico, ruvido e pieno di schegge. Avvertii una fitta alla mano con cui avevo impugnato il paletto e la staccai. La guardai. Era quella sporca di sangue. Ma, nonostante il sangue, riuscii comunque a vedere chiaramente un altro taglio, da cui usciva altro sangue, il mio. Feci una smorfia.
Non era certamente un buon inizio.

Regno ribelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora