Capitolo 22

1.6K 104 17
                                    

Le sue labbra erano tese, la vena del suo collo era gonfia, le mani tremavano, i suoi occhi mi fulminavano. Non avevo mai visto James cosí, ma, per una certa ragione, non mi sorpresi nel vederlo cosí diverso dal solito: d'altronde, era pur sempre James. Non mi avrebbe mai fatto del male.
Come non avrebbe mai approfittato di me.
Fissai a mia volta i suoi occhi, decisa a sostenere il suo sguardo, finchè non avesse abbassato il suo, per primo. Ma non lo fece. Era troppo determinato, per potermi dar vinta anche quella battaglia.

"Lilith, che cos'è successo? Come stai?" cominció ad accarezzarmi le guance mamma.
Quel contatto, inaspettatamente, mi irritó, tanto che fui costretta a respingere le sue mani, dopo non molto che mi stava toccando: non sopportavo che mi mettessero le mani addosso in momenti del genere.
Tutto ció di cui mi importava era James, il suo sguardo di sfida e tutte le nostre questioni irrisolte. Solo quelle.
No, non era vero.
"Lilith...." sussurró mamma, ferita.
Mi volsi, allora, verso di lei, preoccupata da quel tono cosí inusuale, da parte sua.
Aveva gli occhi lucidi, si teneva la mano, che avevo colpito con uno schiaffo, con l'altra mano, ed aveva la bocca spalancata.
Qualcosa, dentro di me, mi ricordó cos'avevo davvero fatto: avevo dato uno schiaffo a mia madre. Anche se non l'avevo colpita in viso, l'avevo comunque respinta con uno schiaffo.
"Ho fatto qualcosa che non va?" chiese, debolmente.
Il suo sguardo ferito, i suoi occhi lucenti di lacrime, la sua bocca tremante crearono un'altra crepa, dentro di me. La sentivo, profonda, molto piú delle altre, mi perforava il petto, arrivava dritta al cuore e lo lacerava senza esitazione.

"Lilith, ma come ti sei permessa?" intervenne papà, affiancando mamma e mettendole un braccio sulle spalle, rassicurandola.
La barriera crepata dentro di me sembró ricomporsi in un istante, ogni mattone di ricompose, rotto, ma con ancora tutti i pezzi attaccati: come mi ero permessa?!

"Stiamo cercando di risolvere le nostre questioni." precisai, con un tono fin troppo duro e fin troppo diretto.
Subito dopo aver pronunciato quelle parole, tutta me stessa sembró vacillare, ma cercai di tenermi ben salda al divano, per non mostrare il mio tentennamento.
Come mi ero permessa?! Come si erano permessi loro!

"Calmiamo i toni, signorina." mi ammoní papà.

"Papà, voi non sapete niente. Sto cercando di risolvere la situazione, di salvarvi la vita, e voi mi chiedete come oso rispondervi in questo modo?!".

"Lilith, non hai il diritto di parlarci cosí!" ribattè lui.

"Cosí come? Se vi raccontassi la verità, non sapreste nemmeno da dove cominciare!".

"Lilith, sta' zitta!" mi ammutolí James, urlando, quasi.
Volsi lo sguardo, incredula, verso di lui.
Era una discussione privata e lui aveva avuto il coraggio di prendere la parola?!
"Ti rendi conto di ció che stai dicendo?" questa volta, urló, l'eco all'interno della stanza lo confermava.
Caló un silenzio quasi inquietante. Nessuno osava ribattere, niente osava muoversi, di fronte allo sguardo bestiale di James.
Era sicuro: non sapevo che James fosse capace nè di urlare per la rabbia, nè di poter sembrare davvero un mostro.
I suoi canini spuntavano dalle sue labbra carnose, piú lunghi di tutte le altre volte in cui li avevo intravisti. Scintillavano. I suoi occhi sembravano molto piú grandi delle altre volte, sembravano molto simili a quelli che mi avevano guardata quella volta in cui aveva tentato di mordermi, al castello. Tutto, di lui, dimostrava il vampiro che era davvero, dagli occhi famelici, ai canini affilati, al suo solco profondo, sulla fronte, causato dalla rabbia e dalla ferocia.
Lentamente, provocandomi un doloroso brivido alla schiena, avanzó di un passo verso il divano. Sobbalzai. Cosa aveva intenzione di fare? Uccidermi? Di nuovo?
Stavolta, non ci sarà Dimitri a proteggermi.
Tuttavia, i suoi piedi non si stavano spostando esattamente verso il divano, ma verso la coppia rannicchiata vicino ad esso: verso mamma e papà.
No! Scappate!
Come al solito, avrei voluto tirarmi davvero uno schiaffo, proprio sulla guancia, o sulla bocca, giusto per farla funzionare. Perchè quando mi servivano urgentemente alcuni muscoli, quelli non rispondevano minimamente?
James si mosse di un altro passo.
Andate via!
Rimasi immobile, a guardare la lenta avanzata di James, minaccioso.
Mi mancava persino la saliva da deglutire.
Era cosí che avrei visto per l'ultima volta i miei genitori? Li avrei salutati in quel modo, rimanendomene lí, in silenzio, a guardare?
Un altro passo.
James avrebbe dovuto avanzare ancora di un piede, per poter toccare i miei genitori, terrorizzati, per terra. Ed io non potevo farci niente. Non potevo nemmeno chiudere gli occhi per non guardare.

"Vi consiglio di andare via di qui." scandí lentamente, come i rintocchi di un orologio, ogni sillaba, provocando in tutti noi un senso di angoscia, come se fossimo stati appena minacciati.
In realtà, era quasi una minaccia quella di James.
In ogni caso, nessuno di noi si aspettava che James avrebbe parlato, prima di attaccare. E, sicuramente, nessuno si aspettava di sentire da lui quelle parole.
Stava consigliando ai miei genitori di scappare, prima che potesse perdere il controllo di se stesso.
Senza farselo ripetere due volte, mamma e papà si alzarono, in fretta, e, senza guardarsi le spalle, uscirono di corsa, chiudendo la porta della sala.
Forse, peró, papà mi aveva guardata un'ultima volta, perchè sentii i suoi occhi forarmi il petto, come avevano sempre fatto quando, da piccola, avevo combinato qualche marachella.
Ma l'importante era che i miei genitori fossero fuori da quella stanza pericolosa, al sicuro. O, almeno, cosí speravo.
James non si mosse, non si giró verso di me. Si limitava a fissare la porta di legno lucido, lasciando un silenzio assordante tra noi due.
Avrei dovuto dirgli qualcosa? Cosa avrebbe voluto sentirsi dire? Sicuramente, non mi sarei scusata con lui per ció che gli avevo detto.
"Ora, dimmi che cosa ti sta succedendo. Perchè io non lo capisco." mi disse, fermo, girandosi, finalmente.
Il suo sguardo mi brució le vene, non appena si posó sul mio.
Avrei dovuto veramente spiegargli tutto quello che avevo visto?

Regno ribelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora