Capitolo 45

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Mi rilassai nella vasca da bagno, immersa nell'oscurità, lasciando che la schiuma si appiccicasse al mio corpo e mi pizzicasse la pelle, suscitando, in me, una reazione a quel fastidioso piacere.
C'era silenzio e, per la prima volta, riuscii a dimenticare gran parte dei miei problemi: Dimitri, la ragazza, il regno. Tutto. Non avevo piú tutti quei problemi.
Piegai il collo all'indietro, sulla vasca, e chiusi gli occhi, concedendomi un attimo di riposo, anche, fisico.
L'acqua era calda al punto giusto, la vasca sembrava essere stata fatta apposta per me: era giusta per i miei fianchi.
Attorno a me, la candela illuminava la stanza, creando un'atmosfera intima.
Nessuno avrebbe potuto disturbarmi. Solo se qualcuno fosse entrato dalla porta da cui erano uscite Stacey e la rossa.
Proprio in quel momento, la porta si aprí, disturbando il mio momento di riposo.
Come non detto.
Osservai la figura alta e magra farsi strada nella stanza, dietro ad una pila di vestiti bianchi, piegati accuratamente.
Mi sembrava di conoscerla: l'uniforme le calzava a pennello; il viso magro e pallido; le ciglia chiare, che coprivano gli occhi, che guardavano in basso, ostruendomi la visuale; i capelli erano raccolti sotto ad un copricapo alquanto bizzarro, fatto di stoffa e piume, che coprivano una lunga treccia bassa, come una copertura per i capelli. Mentre si avvicinava, sembrava che ogni passo le pesasse piú del precedente.
La osservai a lungo, aspettando che alzasse gli occhi e la riconoscessi, ma non lo fece, perció, quando posó i vestiti sul bordo in ceramica, un appoggio fatto apposta per appoggiarci delle cose, feci finta di nulla e distolsi lo sguardo dalla ragazza. Chiusi gli occhi, facendo finta di non accorgermi di lei.
Non appena sentii che si stava allontanando, riaprii gli occhi e cercai di capire, da dietro, di chi si trattasse. Era una figura silenziosa, pallida e fragile, ma, allo stesso tempo, sicura come nessuno, come lei, prima d'ora.
Mi aggrappai al bordo della vasca, ansiosa di chiederle chi fosse. Mi ricordava molto qualcuno. Qualcuno che avevo deciso di non ricordare piú. Perchè il suo ricordo, altrimenti, avrebbe fatto troppo male.
Non parlai, non le dissi niente. Se ne andó, furtivamente come era entrata.

La porta, stavolta, si spalancó, facendo entrare una ragazza esile e pallida, di cui ricordavo il nome e tutto il resto: Stacey.
La sua presenza, stranamente, non mi turbó: aprii gli occhi e la guardai, confusa, mentre, con grandi falcate, si avvicinava alla mia vasca.
Ci mancava solo lei.
Sul suo volto, si irradiava un gran sorriso, molto piú sincero delle altre volte in cui mi aveva sorriso, per deridermi.
La porta si richiuse alle sue spalle, mentre lei si adagiava sul bordo della vasca, giocando, con un dito, con l'acqua calda e la schiuma. Era vestita in modo stranamente informale, per lei, con un vestito comodo, semplice, lungo e blu, che non aveva alcuna scollatura.

"Che ci fai qui?" domandai, infastidita e confusa allo stesso tempo: il mio momento di riposo era ufficialmente finito. Come avrei potuto rilassarmi con lei?
La mia domanda aveva un tono stranamente tagliente, ma non me ne preoccupai troppo.

"È sempre un piacere parlare con te. Anche io sto bene, grazie." mi prese in giro, guardando l'acqua che faceva vorticare, all'interno della vasca.
Il vortice d'acqua era debole, ma faceva sí che la schiuma cadesse nelle sue spire. Poi, quando si calmava, l'acqua ondeggiava, prima di calmarsi del tutto, ma la schiuma era scomparsa, inghiottita dalla corrente.
Stacey aveva un'aria quasi spensierata e felice.
Mi guardai attorno.
Dov'è Mike? O sta organizzando qualche scherzo?
"Stai tranquilla, è tutto a posto. Presto, capirai tutto. Non ti preoccupare. O, almeno, questo è ció che dice lei." mi disse, in modo calmo e quasi rassicurante.
Quasi perchè, con lei, non si poteva mai essere sicuri.
Mi adagiai sul fondo della vasca, immergendo il viso fino alla bocca, facendo piccole bollicine, sull'acqua. Le rivolsi uno sguardo indagatore: non mi fidavo di lei. Questo era ció che mi avevano insegnato tutti gli anni passati a scuola insieme.
"Avanti, che ti ha detto Dimitri?" mi domandó, con un tono fastidiosamente comprensivo.
Proprio lei stava usando un briciolo di comprensione con me.
Si puó sapere che sta succedendo?
Era strano.
"Non parli?" chiese, la voce velata da una leggera nota offesa.
Si allontanó dal bordo della vasca, ma rimase seduta. Mi guardó.
"Forse, non è ancora arrivato il momento della tregua." riflettè, ad alta voce.
Ci sei arrivata ora?
Si alzó, dando un'occhiata ai vestiti piegati sul ripiano di ceramica, poi si voltó, facendo ondulare la sua coda ossigenata.
"Vorrà dire che aspetteró.".
Infine, si incamminó verso la porta.
Il suo andamento mi ricordava qualcuno, qualcuno che avevo deciso di non ricordare, molto simile alla ragazza che avevo visto poco prima.
"Oh, Lilith?" mi chiamó.
Il mio nome, senza quella punta acida, nella sua voce, sembrava quasi normale.
Alzai lo sguardo sul suo viso, curiosa di sentire quello che avrebbe voluto dirmi.
"Sbrigati a vestirti." ordinó, senza alcuna prepotenza.
Chissà perchè mi ero aspettata un insulto.

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