Capitolo 84

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È solo un taglio, avevo pensato, prima di riprendere il paletto con quella mano. Il legno si era macchiato di sangue, ma nè il Capitano nè la rossa se ne accorsero. Se la rossa avesse saputo della mia nuova ferita, avrebbe fatto di tutto per renderla piú profonda. Quindi, non dissi nulla e rimasi in attesa del Capitano, che aveva preso un altro paletto e mi stava raggiungendo, posizionandosi all'altro lato della sala. Mi mostró come si teneva in mano un paletto, quindi cercai di copiarlo, ma mi ci volle il suo aiuto per riuscirci, o, meglio, quello della rossa: il Capitano si era spostato dalla sua posizione, in piedi, ad una certa distanza, per aiutarmi con le mani, quando la rossa si era messa tra noi due e mi aveva preso le dita con forza; me le aveva spostate sul legno e mi aveva rivolto uno sguardo furioso; infine, era tornata al muro. Io l'avevo seguita con lo sguardo, incredula: non sapevo perchè fosse cosí arrabbiata, nè perchè sembrava voler impedire qualsiasi contatto tra me e il Capitano. Il Capitano, invece, aveva un'espressione annoiata sul viso. Abbassó il paletto che stava impugnando, rendendolo innocuo, e volse l'attenzione su di lei.

"Non puoi continuare cosí." si lamentó.

"Non ti ho detto di protestare. L'unica cosa che devi fare è istruirla." rispose lei.

"Ogni volta che devo aiutarla, che devo parlarle o toccarla, tu ti metti fra noi. Non posso fare niente, se non posso nemmeno metterle una mano o un piede a posto." aveva ribattuto il Capitano, con un tono che non avevo mai sentito usare, da parte sua.
Non credevo nemmeno che potesse ribattere alla rossa, anche se era già successo, ma, sicuramente, non dopo che l'avevano accusato di avermi messa incinta. Forse, era per quello che la rossa si frapponeva tra noi.

"Capitano, non sei tu quello che governa-".

"Ma sono l'esperto." la interruppe lui.
Poi, dopo una pausa, riprese il suo tono serio.
"Ricordati chi è lei." le aveva mormorato, nonostante la distanza e nonostante fossi proprio davanti a loro, ad ascoltare ció che si dicevano.
Avrei potuto origliare anche questo?
La rossa diede uno sguardo a me, mi squadró e mi parve quasi di vedere o suoi occhi raddolcirsi. Ma solo per un attimo. Poi, tornó la rossa subdola di sempre.

"Se devi aiutarla, significa che non è ancora in grado di imparare queste cose. Le serve una motivazione.".
La rossa si allontanó dal muro, dov'era appoggiata, e si diresse alla porta.
Dove stava andando?
Il Capitano la seguiva con lo sguardo, gli occhi socchiusi, non per la confusione: sembrava sapere cosa stesse per fare la rossa.
"Sembra che stasera avremo l'onore di avere una bella famiglia, a cena. Non sei curiosa di sapere di chi si tratta?" mi chiese la rossa, voltandosi appena, per rivolgermi uno sguardo tagliente.
Anche il suo sorriso avrebbe voluto ferirmi. Sapeva esattamente ció che stava per dire.
"La madre ha il tuo stesso colore di capelli. Chi potrà mai essere?" si picchiettó il dito sul mento, facendo finta di pensarci.
Spalancai gli occhi. Come avevano fatto a portarli qui? Avevano fatto loro del male? La rossa stava solo cercando di farmi distrarre.
L'immagine di mia madre mi balenó davanti agli occhi. Con la sua pettinatura curata, cosí come i vestiti e il profumo sempre addosso, dolce e delicato, come lei.
"Se non ti sbrighi, i miei licantropi potrebbero non resistere piú alla fame. Se non c'è l'ospite principale, non si mangia. E, prima impari, prima riuscirai ad andare a mangiare. Quindi, ti conviene seguire il Capitano senza perdere tempo." la sua voce era dolce.
Fin troppo.
Sapeva che non avrei potuto resistere alla mia famiglia. Ma, dicendomi che quella mia stava aspettando, in mezzo al pericolo, non mi aveva certo aiutata. Adesso, mi era ancora piú difficile stare attenta a ció che mi mostrava il Capitano. Perchè ogni parola che lui diceva veniva sostituita dal battito del mio cuore.
Adesso, avrei voluto correre dalla mia famiglia e dirle di andare via, di tornare a casa, prima che fosse troppo tardi.
Il Capitano ricominció a mostrarmi posizioni d'attacco, che cercavo di copiare, riuscendoci la metà delle volte. E piú la rossa sorrideva, piú la vedevo nitida, in confronto al resto della stanza, compreso il Capitano, che continuava a parlare. Le sue parole erano solo rumori. Era come se la rossa fosse l'unica persona nella stanza.
Non ti fidare di nessuno.
La rossa aveva mosso la bocca, la sua voce mi era giunta chiara ed inconfondibile.
Avevo già sentito quella frase. A casa, quando ero rimasta chiusa in bagno, ma la bocca che si era mossa, allora, era stata quella di Sylver.
Duró meno di un minuto. Poi, la rossa tornó lontana, dietro il Capitano, mentre le parole di questo diventavano sempre piú comprensibili. Ma non riuscii a capire ció che stava dicendo.
Il resto dell'allenamento fu lo stesso.

"Mettiti quel vestito. Mangerai e verrai a letto. Non metterci troppo tempo. La cena di raffredderà." la rossa chiuse la porta dietro di sè, uscendo.
Ero in camera, dopo aver terminato l'allenamento, che si era rivelato un disastro: non ero piú riuscita a prestare attenzione al Capitano, dopo aver sentito la rossa chiaramente, cosí non avevo imparato nulla di quello che mi stava insegnando lui. Avrei dovuto ricominciare da capo. Inoltre, a cena avrei visto la mia famiglia, forse gli unici umani, in mezzo a tanti licantropi. Senza contare James e Dimitri, che era ancora a piede libero. Non potevano fare del male a mia madre o a mio padre. Non avevano fatto nulla di male!
Ricordai com'erano stati felici, alla notizia del nuovo lavoro. Mi mancavano cosí tanto.
Mi ritrovai immersa nella vasca da bagno, prima che potessi rendermi conto di ció che stavo facendo. Non pensavo nemmeno a ció che facevo, lo facevo e basta: non sarei riuscita a scappare di lí, non sapevo nemmeno dove fossi; provare a sfuggire alla rossa era come provare a sfuggire all'inevitabile. Tanto valeva arrendersi e passare dalla sua parte.

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