Capitolo 81

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Sentivo ogni battito del mio cuore nelle orecchie, batteva velocemente; non entrava piú aria nei polmoni, la vista cominciava a distorcere tutto quello che vedevo. Un'altra folata d'aria mi investí.
Mi ero quasi dimenticata di Dimitri. C'ero quasi riuscita. Non ci pensavo da ore. E non pensavo piú nemmeno al fatto che l'avevo cacciato io in quella situazione. Anzi, ogni suo pensiero mi faceva provare rabbia.
Eppure, adesso, non riuscivo a girarmi, a guardarlo negli occhi. Non riuscivo a pensare a cosa potesse pensare.
L'ultima volta che l'avevo visto non sembrava Dimitri, altezzoso, viziato, astuto, sincero, dolce e passionale, ma un re, subdolo, sarcastico, furioso e sconosciuto. Mi sembrava di non averlo mai visto. La scintilla che i suoi occhi riservavano solo per me era scomparsa. Le sue parole erano state misurate apposta per me. Tutti i ricordi che avevo di lui, al castello, erano stati cacciati, ogni sguardo, ogni carezza, ogni parola. Avevo bisogno di vederlo, ora. Dovevo ricordare che cos'avevamo condiviso.
Girai lentamente su me stessa, alla ricerca di Dimitri. Ma non ebbi il tempo per vederlo.

"Non girarti." ordinó, la voce profonda ed imperiosa.
Mi fermai, temendo la sua rabbia.
Ma cosa sarebbe successo ora? Se mi fossi girata lui che cos'avrebbe fatto? Se fossi rimasta cosí, mi avrebbe colpita alle spalle?
No, Dimitri era cambiato, ma non avrebbe mai colpito qualcuno alle spalle. Almeno, cosí pensavo.
Mi prese per un polso e mi fece girare cosí velocemente da non riuscire a vederlo, mi mise una mano sugli occhi e mi spinse indietro, fino a quando non sbattei la testa contro il muro, per la pressione sugli occhi. Non si preoccupó del fatto che mi ero fatta male, anzi, forse era proprio questo che voleva. Anche la presa al polso era stretta, tanto da farmi quasi male. Non vedevo niente, le sue mani mi coprivano l'intera visuale, anche quando avvicinó la mia mano a sè. Toccai qualcosa che sembrava pieno di fessure e di sporgenze.
Mi chiesi cosa fosse. Era caldo e leggermente bagnato. Oltre alla superficie, peró, sentivo pulsare qualcosa. Il battito era lento e regolare.
"Lo senti?" la sua voce, ora, era piú dolce, meno profonda, ma abbastanza per darmi ancora i brividi.
Spostó la mano sulla superficie piena di fessure e di lunghe sporgenze. Il bagnato si alternava all'asciutto. Non riuscivo ancora a capire di cosa si trattasse. Il battito, peró, era meno forte. Man mano che spostava la mia mano, lo sentivo sempre meno. Quando, peró, ricordandomi del percorso che le aveva fatto fare, la faceva ritornare al punto di partenza, sentivo che il pulsare tornava forte.
Un pezzo di stoffa bagnata mi accarezzó il dorso della mano.
Aggrottai la fronte. Cosa ci faceva un pezzo di stoffa lí? Ma, soprattutto, che cosa stavo toccando?
"Sei stata tu." sussurró Dimitri, la voce piú vicina.
"È colpa tua. Tu mi hai fatto questo." la sua voce, ora, era ancora piú vicina, piú alta, era piena di rabbia.
E di rancore.
Avvicinó la superficie che stavo toccando alla mia mano, fino a farmi appoggiare, schiacciare tutto il palmo contro quella. Il battito acceleró, ma rimase forte. L'idea di non sapere quello che toccavo mi faceva venire i brividi.
Sei stata tu. Tu mi hai fatto questo.
Cosa gli avevo fatto?
Ci fu un altro soffio di vento, che mi fece notare un acre odore di...sangue. Era inconfondibile. Ricordavo di averlo sentito per giorni, al castello, ai pasti. Era lo stesso odore che proveniva dal bicchiere di Dimitri.
Sotto la mia mano sentivo pulsare. Avvertivo odore di sangue. La superficie che toccavo era piena di zone sconnesse. Il ricordo di Dimitri che veniva colpito dal paletto di legno della rossa mi balenó davanti agli occhi, inconfondibile.
"Fa male. Anche il tuo tocco mi fa male. Ma voglio farti sapere come mi hai ridotto.".
La testa mi girava. Ormai avevo capito. Cominciai a boccheggiare. Non stavo toccando una superficie qualunque. Stavo toccando il suo petto. Il pulsare che sentivo era quello del suo cuore, forte e controllato. Il pezzo di stoffa bagnato erano i suoi vestiti. La superficie era bagnata dal sangue che emanava l'odore che mi pungeva le narici. Le fessure e le sporgenze erano....
Gli afferrai la mano e tentai di liberare il polso imprigionato nella sua stretta, per allontanarmi dal suo petto.
Era ferito. Le fessure erano ferite che si stavano rimarginando, le sporgenze probabili cicatrici. Il sangue si trovava sulle ferite, bagnate, mentre le sporgenze erano asciutte. Erano visibili segni della sua sofferenza. E toccarli mi faceva venire voglia di chiudere davvero gli occhi e cadere a terra, priva di sensi.
Dimitri, peró, teneva il mio polso con fermezza, faceva in modo che io sentissi quello che gli avevo fatto.
Quello che gli avevo fatto. Ero stata io. Io l'avevo cacciato in quella situazione, io l'avevo consegnato al Capitano, io avevo fatto in modo che tutto ció accadesse. Io l'avevo fatto soffrire. Per scappare. Ma inutilmente.

"Dimitri!" lo chiamai, disperata.
Avvertii il suo respiro caldo su di me, sul mio viso, proprio sulla mia bocca. I nostri nasi si toccarono.

"E, dato che mi hai mostrato cosa sei capace di fare e ora è il mio turno, lascia che io ti mostri cosa io sia capace di fare." la sua voce era calma, fin troppo, subdola e tagliente.
Mi agitati sotto la sua presa, ma non ci fu nulla da fare.

"Dimitri-".

"Non ti preoccupare, non ti porteró via di qui. Resterai qui. Non ti porteró via con me. D'altronde, una regina che cambia fazione a seconda dello sviluppo di una guerra non potrà mai essere una buona regina. E faró in modo che non mi dimenticherai." le sue parole finivano dritte contro di me, proprio sulla mia bocca.
"Guardati le spalle.".
Poi, la pressione sugli occhi e sul polso scomparve. Aprii gli occhi. Dimitri era sparito. Mi guardai la mano, allora, bagnata. Era rossa. E odorava dello stesso odore acre di poco prima. Sangue.
In quello stesso momento sentii dei ticchettii familiari avvicinarsi, sempre piú forti, fino a quando, dall'angolo, non comparve la rossa, seguita dal Capitano. La rossa mi squadró e la sua bocca si contrasse in una smorfia di disgusto.

"A quanto pare è stato qui." disse.
Tornai a guardarmi la mano. La vista di tutto quel sangue, causato da me, mi faceva girare la testa.
Guardati le spalle, mi aveva detto.
Rivolsi alla rossa lo sguardo piú disperato che avevo, come per dire Aiutatemi!, ma non sapevo nemmeno io perchè stessi chiedendo loro aiuto.
"Ci ha battuti sul tempo." aggiunse la rossa, stizzita, ignorando il mio sguardo di richiesta d'aiuto.
Al contrario, sorrise, un sorriso subdolo, che avrebbe potuto usare solo lei.
"Ma non ti preoccupare: la guerra è appena iniziata.".

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