Capitolo 61

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Mi allontanai piano dalla rossa e dai suoi scagnozzi, permettendo a Stacey di raggiungermi, ma, allo stesso tempo, di non raggiungermi. Procedevo contro il tempo. Procedevo contro qualcosa che non avrei potuto evitare: la simpatica compagnia di Stacey.
Smettila di parlare!
Stacey non faceva altro che chiamarmi, di dirmi di fermarmi e che avevo sbagliato strada.
Lo capisco da sola.
Avevo sbagliato strada apposta, per cercare una via di fuga semplice e veloce, ma, con lei alle calcagna, la mia impresa era da rimandare. Ancora mi chiedevo perchè avesse deciso di offrirsi: non mi sopportava.
Tenevo la testa bassa, facendo finta di stare male e per non vedere il viso della ragazza che mi aveva derisa per anni. Ora, sembravamo grandi amiche.

"Lilith, è a destra." mi ricordó Stacey.
Certo che è a destra.
Io, peró, stavo facendo di tutto per sbagliare strada.
Di malavoglia, svoltai l'angolo verso destra, ritrovandomi in un altro lungo corridoio.
Sono stufa di corridoi!

"Stacey, ho bisogno del bagno." insistetti, impaziente.
Piuttosto di vagare in territori sconosciuti, avrei preferito essere accompagnata a destinazione da Stacey.
Stacey, allora, mi precedette.

"Bastava dirlo prima e ti avrei fatto da guida. Sembravi cosí sicura. Hai anche avuto il coraggio di ordinarmi di stare in silenzio.".
Oh, giusto. Stacey, vuoi chiudere la bocca?, avevo urlato, quando, ormai, avevamo intrapreso strade lontane dalle orecchie della rossa. Avrei anche potuto raccontare tutta la verità a Stacey, per un impeto di rabbia e fastidio, ma non l'avevo fatto. Non rimpiangevo quel gesto.
Stacey mi precedette di molto, cosí fui costretta ad affrettare il passo, non preoccupandomi di mantenere le apparenze.
Arrivammo nel bagno in pochissimo tempo, la metà di quello impiegato per superare la metà della strada necessaria ad arrivare al bagno, che non avevo mai visto.
Stacey mi fece passare, aprendomi la porta, un gesto davvero gentile, da parte sua, che mi stupí, dati gli avvenimenti in passato. Non mi preoccupai di ringraziarla e la sorpassai, entrando nel modesto bagno piastrellato in bianco e con luci al led. C'erano persino i separatori per i bagni e gli specchi, sopra i lavandini, come nei bagni pubblici di alta classe. Un altro tocco moderno all'antichità di quel posto, che mi fece risalire la nausea.
Stacey entró dopo di me e si richiuse la porta alle spalle. Non si avvicinó, rimase a guardarmi, uno sguardo stranamente neutro. In questo modo, peró, non sapevo a cosa stesse pensando. Con il tempo, avevo imparato a capirla, quasi, ma, ora, era completamente diversa dalle altre volte: silenziosa, modesta, discreta.
"Ora, puoi anche smettere di fingere. So che non stai male.".
Ok, ritiro ció che ho appena detto.
Stacey era la solita di sempre, mi conosceva meglio, forse, di me stessa, sapeva sfruttare i miei punti deboli. Ma, soprattutto, sapeva quando fingevo e quando no. E, in quel momento, sapeva che stavo fingendo.
Non fare domande, le chiesi mentalmente.
"Potresti dirmi qual è il tuo scopo?".
Perchè non mi ascolti?
Sospirai. Come avrei potuto rivelarle il mio piano, sapendo che, sulla sua bocca, il mio segreto avrebbe potuto viaggiare ed arrivare fino alla rossa? Lei non avrebbe dovuto saperlo.
Abbassai lo sguardo.
Cosa le dico?
Stavo pensando al motivo che stava cercando Stacey, quando avvertii una sensazione nuova. Era completamente diversa da qualsiasi altra sensazione avessi mai provato prima. Anzi, l'avevo quasi avvertita un paio di volte. Era un calore intenso, che si diffondeva nel basso ventre, mi invadeva il petto, mi faceva sentire completa. In quel posto, in mezzo alla neve, sapevo che avrei dovuto provare anche solo un briciolo di freddo, ma, fino ad allora, non avevo sentito alcun brivido, se non per timore. Quel caldo mi scaldava dall'interno. Era piacevole. Mi ricordava James.
Ben presto, peró, capii che quel calore non mi faceva sentire bene: il calore cominció a diventare un po' troppo intenso, per i miei gusti, cominció a diventare un dolore fisico, come se qualcuno mi avesse infilato un piccolo ago nella pancia. Un piccolo ago non causa ferite profondissime, se appena infilato nella pelle, ma fastidiose e difficili da curare.
Mi portai una mano alla pancia, soffocando un verso di dolore. Poi, il dolore divenne piú vago, rendendomi la testa pesante e facendomi venire voglia di svuotarmi da qualcosa. Non esitai a spalancare la porta davanti a me, che nascondeva una tazza del water, e mi fiondai su di essa, afferrandola per i bordi. Il dolore non cessava, come, anche, la nausea. Avvertii anche una spinta dal basso, che mi fece sporgere sulla tazza, e mi fece svuotare di un piccolo peso. Vomitai ció che avevo mangiato qualche giorno prima a casa, poi mi rialzai. O, almeno, rialzai la testa. Avvertii una seconda spinta dal basso, cosí rimisi anche ció che avevo ingerito qualche giorno prima ancora.
Non sapevo che cosa mi stava succedendo, ma sapevo che non era nulla di normale.

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