Capitolo 88

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La cena non fu tranquilla. Nè per me, nè per la rossa. Nonostante avessimo due guardie, affianco a noi, nessuna delle due era tranquilla. Io non potevo esserlo, dopo aver visto Dimitri cosí vicino a me, che mi guardava. Non ero riuscita a capire a cosa pensasse: i suoi occhi erano stati imperscrutabili. E furiosi.
Guardati le spalle, mi aveva detto. Avrei dovuto ascoltarlo.
La rossa, invece, era preoccupata per qualcos'altro, perchè sembrava non essersi accorta di Dimitri.

"Stai bene?" mi aveva domandato, mentre i camerieri ci stavano servendo la prima portata.
Io avevo scosso energicamente la testa, non volendo parlare. Poi, mi ero accorta che la rossa avrebbe pensato che non stessi bene, avendo scosso la testa. Cosí, annuii con convinzione.
Lei non mi fece piú domande e cominció a mangiare qualcosa dal suo piatto, ma, dopo appena tre forchettate, aveva posato la forchetta sul piatto ed era tornata a guardare la sala, pizzicandosi il braccio. Anch'io non mangiai tanto. Il cibo era sicuramente invitante, ma assaggiai una forchettata da ogni portata. Il mio stomaco non voleva saperne di cibo. Arrivó presto anche la fine di quella cena.
Gli invitati si alzarono e se ne andarono, ridendo ed inchinandosi alla rossa, prima di uscire dalla sala, attraverso le grandi porte.
Anche Mike era sparito, non avevo visto i suoi occhi dorati per il resto della cena. Appena dopo la scomparsa di Dimitri, l'avevo cercato, perchè mi tranquillizzasse, ma anche lui non aveva lasciato traccia di sè.
Non appena tutti gli invitati se ne furono andati, le due guardie si alzarono, seguite dalla rossa, quindi mi alzai anch'io. La rossa sussurró qualcosa all'orecchio della guardia accanto a lei; questa annuí e si incamminó verso l'uscita. La seguí la rossa, quindi io, infine la guardia accanto a me.
Quando fummo fuori dalla sala da pranzo, le luci erano ancora accese, nel corridoio, le persone stavano ancora parlando; qualche porta, di quelle che c'erano, era aperta, rivelando, oltre a sè, stanze accoglienti e grandi, stanze dove alcune persone stavano leggendo ció che c'era scritto su alcuni fogli e si confrontavano; in altre stanze, alcuni camerieri si stavano dando la buonanotte, sorridendo, e salutando gli altri. Sembravano tutti felici. Come se non sapessero niente di ció che stava succedendo.
Man mano che passavamo noi, la gente ci sorrideva, qualcuno ci salutava, anche. Vedere cosí tanta allegria, mi faceva provare la stessa sensazione che mi davano le lampade al neon accostate al muro di pietra.
Riuscimmo a passare tra la folla, tra saluti e sorrisi, ed arrivammo alle scale che mi avevano portata lí. Al contrario di quando ero scesa, ora, dove finivano le scale, non c'era luce, ma buio. Non riuscivo a vedere nemmeno se ci fosse un muro, da qualche parte.
La rossa salí, cosí la seguii. Piú ci allontanavamo dalla luce, piú sentivo il silenzio che dominava quel piano. Avvertivo il pericolo.
La rossa non si fermó, nè mi rivolse la parola.

"Buonanotte." mi disse solo.
Poi, la guardia affianco a me mi prese per un braccio e mi fermó, mentre la rossa continuava a camminare, senza guardarmi. La guardia mi fece girare e mi accorsi che eravamo arrivati alla mia nuova stanza, quella grande e con la finestra. Entrai, credendo che la anche la guardia entrasse, invece si inchinó e, chiudendo la porta, si allontanó. Sentii i suoi passi farsi sempre piú distanti.
Mi buttai sul letto, esausta dopo quella giornata. Non sapevo esattamente quando fosse cominciata, dato che il cielo non rivelava che momento della giornata fosse, ma, da quando ero arrivata lí, non mi era mai stato concesso un momento di riposo, se non quando ero svenuta, quelle poche volte. E, non pensando a niente, mi addormentai.

Qualcuno mi stava scuotendo. Aprire gli occhi era piú difficile di quanto pensassi. Di fronte a me, la finestra era chiusa, fuori era buio. Mi girai su me stessa, per vedere chi fosse e che cosa volesse, con l'intento, poi, di tornare a dormire. La mia stanza era buia, quindi era difficile riuscire a distinguere ogni cosa. Quando ci riuscii, distinsi un paio di occhi scuri, accanto a me, fissi nei miei. Erano cosí scuri, che, probabilmente, erano i due pomelli dell'armadio.
Richiusi gli occhi, credendo di essermi immaginata qualcuno, accanto a me.

"Lilith.".
Saltai sul letto e spalancai gli occhi. C'era davvero qualcuno in quella stanza. Mi guardai attorno, con il cuore che batteva veloce.
Dimitri?
Poi, notai una figura, nell'ombra, accanto al letto, accucciata, che mi guardava.
Urlai, ma una mano mi coprí la bocca, impedendomi di chiedere aiuto, bloccando la mia voce. Il viso di quella persona si avvicinó.
"Non fare rumore." mormoró.
Aggrottai la fronte, cercando di riconoscere quella figura. Aveva occhi scuri e capelli tirati all'indietro. Il Capitano.
Spinsi via la sua mano. Che cosa ci faceva lui nella mia stanza? Perchè era rimasto nell'ombra? Bastava accendere la luce e svegliarmi.

"Che cosa ci fai qui?" sibilai.
Lui non rispose alla mia domanda.

"Cambiati e vieni con me." sussurró.
Mi guardai. Le pietre del vestito luccicavano, nonostante non ci fosse quasi luce, ma mi fecero capire che stavo ancora indossando il vestito della cena. Appena ero entrata in camera, avevo avuto cosí sonno da non aver avuto nemmeno il tempo di cambiarmi, prima di addormentarmi.
Non sapevo, peró, come avrebbe voluto che mi cambiassi, il Capitano: se era venuto a chiamarmi, era stato un ordine della rossa, ció voleva dire che avrei dovuto indossare un altro abito. Ma, prima della cena, avevo indossato la maglietta e i pantaloni, su ordine della rossa.

"Cosa mi metto?" domandai.
Il Capitano non mi rispose, ma qualcosa di soffice mi arrivó in pieno viso, cadendomi, poi, sulle gambe.
Cercai di vedere, nel buio, ma non riuscii nemmeno a distinguere il contorno di ció che, probabilmente, il Capitano mi aveva lanciato addosso.
"Cos'è?" domandai.

"Vai in bagno e cambiati." mi intimó.
Mi alzai e cercai di fare come mi aveva ordinato, ma ero ancora mezza addormentata e sbattei il piede contro la porta chiusa.
"Sbrigati." sussurró il Capitano.
Ok. Alzai gli occhi al cielo.
Vedere nel buio non era una mia capacità.
Entrai nel bagno e, toccando il muro per cercare l'interruttore, accesi la luce. Chiusi la porta e guardai ció che il Capitano mi aveva lanciato addosso: era una maglietta nera, con dei pantaloni neri, entrambi attillati.

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