Capitolo 2: Tempesta

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Sento la musica avvolgermi, proprio come il body di pizzo e pelle nera che indosso. Proprio come faccio io attorno a questo palo.

Sono le vibrazioni della musica a governare il mio corpo e tutto lo spazio che mi circonda. O, per lo meno, è così che a me piace pensare: mi convinco che, finché la melodia, dal volume alto ma non assordante, continua a suonare attraverso il locale, io sono al sicuro su questo palco, intoccabile. Le note governano la folla come se fossero opera di quel fantomatico pifferaio magico, noto all'immaginario di chiunque.

I capelli sciolti in morbide onde mi sfiorano la schiena; il mio volto è coperto da un trucco solitamente a me estraneo, che riduce i miei occhi a due fessure scure ma brillanti, grazie ai riflessi glitterati.

Non che gli avventori di questo locale siano qui per interessarsi al mio volto e, onestamente, credo che nemmeno il mio corpo poco slanciato e con le curve appena accennate sia ciò che desiderano e che si aspettano di vedere.

Il fatto è che, quando ballo attorno al palo, riesco ad esprimere me stessa e l'energia che si sprigiona non può non essere catalizzatrice per l'attenzione dei clienti del SIN, uno dei tanti Strip Club Casinò che attraversano il Nevada e, di fatto, l'unico in prossimità di questa cittadina di periferia. Quando sono sul palco, gli sguardi degli uomini seduti ai tavoli circostanti improvvisamente non mi infastidiscono. Anzi, paradossalmente mi fanno sentire viva. Un po' mi vergogno ad ammetterlo, ma sentirsi oggetto del desiderio è inebriante e può davvero portare a perdersi e a finire nei guai. E qui i guai a cui si può andare incontro sono numerosi e irreversibili. Eppure, in questo posto il tempo sembra fermarsi, la notte diviene interminabile e io posso fuggire da tutto, posso fingermi diversa, non devo nascondere nulla. Inoltre, essere consapevole delle reazioni che suscito negli altri mi illude di essere in controllo di ciò che succede intorno a me.

Ballare mi è sempre piaciuto; il palo mi permette di allenare il mio fisico e mi ha portata a conoscere meglio il mio corpo, ad esserne consapevole. Mi sollevo, attorciglio le gambe, per poi scivolare lentamente con movimenti sinuosi, mentre lascio ondeggiare la testa e i capelli.

Non sono una spogliarellista, sono una ballerina. Certe cose le fanno le altre che lavorano qui dentro; anche se devo ammettere che, considerato il costume scollato e scosciato che indosso, non avrei moto altro di cui spogliarmi. Io e un paio di ragazze però ce la caviamo con la Lap Dance e, dopo aver visto il successo e l'apprezzamento che abbiamo riscosso tra i clienti, il bavoso proprietario del SIN ha acconsentito ad assumerci definitivamente e ci ha concesso una paga pari a quella che si guadagna spogliandosi. Onestamente, io l'ho ritenuto un affare.

Il brano suonato dal DJ termina e io mi allontano dalla pedana, rivolgendo un sorriso a Sienna, una delle poche ragioni per cui resto a lavorare in questo buco.

JJ mi si avvicina, la canotta nera attillata sui pettorali scuri, il giubbino di pelle e il berretto calato sul capo calvo persino qui dentro, dove a volte credo che il sudore e l'eccitazione possano grondare addirittura dalle pareti. Mi porge la felpa che dovrebbe fungere da vestaglia o accappatoio; del resto, in questo posto non ci si può permettere di essere pretenziosamente schizzinosi. Credo che JJ lavori qui da quando il locale ha aperto. Non so cosa lo spinga a restare; evitare di indagare sulle ragioni che convincono ciascuno di noi a tornare qui ogni sera è una regola tacitamente condivisa e accettata da tutti. In ogni caso, il buttafuori di SIN credo sia l'unico uomo buono che conosco. E non solo qui dentro. Anche se devo ammettere ho imparato che la possibilità di essere smentita non ha data di scadenza, specialmente quando si tratta delle persone che si crede di conoscere.

JJ si rivolge a me e Sienna. La sua statura imponente inconsapevolmente mi infonde una certa sicurezza. La sua espressione lascia trasparire un certo disagio, che infatti preannuncia ciò che ci comunica, tendando di sovrastare il rombo delle casse. "Ascoltate, nel privè in fondo al locale c'è un gruppo di tizi che accompagnano un importante uomo d'affari di Las Vegas. Non guardarmi così Trilly, sai che la penso come te!" JJ si interrompe quando nota la mia espressione scocciata. Al disgusto ormai ci ho rinunciato.

"Sai che non le faccio certe cose!" gli ricordo. E onestamente sono un po' dispiaciuta che sia proprio lui a chiedermelo, l'unico che considero un amico qui dentro.

Faccio per svicolare dietro al palco e raggiungere il camerino, o meglio, lo stanzone condiviso in cui tutte le ragazze si vestono e si truccano, ma JJ mi trattiene per un braccio. Nonostante sia attento a non stringere la presa, non posso ignorare l'indolenzimento che provo nel punto dove i lividi stanno ormai sbiadendo.

"Il capo ha richiesto che intratteniate quel tipo. La sua famiglia possiede diversi locali e il vecchio Lou vorrebbe espandere il suo giro di affari" spiega JJ.

Ogni volta che sento pronunciare il nome del bavoso proprietario di questo posto, non posso fare a meno di alzare gli occhi al cielo e quel disgusto, che credevo di aver esaurito, torna in superficie.

Non concedo alcuna risposta a JJ, ma, quando mi volto, mi accorgo che Sienna esita e non mi segue. "Non ci pensare nemmeno!" ammonisco l'amica che conosco da quando sono bambina.

Io e lei sognavamo di fare una fortuna ai casinò di Las Vegas una volta diventate grandi e di trasferirci in qualche paradiso fiscale dove avremmo vissuto in un'enorme villa, cambiando ragazzo ogni settimana. Siamo cresciute insieme e abbiamo affrontato ogni cosa l'una accanto all'altra. E ora eccoci qui: ancora unite dalla passione per il ballo, seminude su un palco, leccate dagli sguardi pervertiti di uomini di mezza età. Forse le cose non sono andate proprio come speravamo, ma, considerato il mondo e il modo in cui siamo cresciute, eravamo proprio delle sognatrici a fantasticare su qualcosa di diverso da questo. Per lo meno, siamo rimaste insieme.

Per questo motivo non posso permettere che adesso Sienna ceda ad una proposta del genere, perché sappiamo entrambe che scendere a compromessi una volta vuol dire rinunciare alla propria libera volontà per sempre. Bisogna tenere costantemente la guardia alta per poter sopravvivere, in questo posto e nella vita.

"Sienna, no! Non ci pensare nemmeno!" la ammonisco seria. Lei tiene lo sguardo basso. Il volto minuto e ambrato incorniciato da due orecchini a cerchio e sovrastato dalla folta chioma ricciola. "Non ho ancora messo insieme la somma per l'affitto di questo mese. Insomma Trilly, anche tu ti sei lamentata tante volte per il fatto che Lou non ci concede le mance!" Gli occhi di Sienna sono resi più grandi dal riflesso di lacrime angosciate. Emetto un sospiro profondo e le prendo la mano.

Sienna è più giovane di me e non ha nessuno che possa aiutarla, a differenza mia: io infatti non voglio nessuno. Lei è l'unica che mi permette di avere ancora un'opinione accettabile di me stessa: ogni volta che posso fare qualcosa per aiutarla mi piaccio un po' di più, almeno finché non combino l'inevitabile casino successivo.

I nostri sguardi si incrociano e io annuisco. "Vengo io!" dico, senza mai staccare gli occhi dal suo viso, ma rivolgendomi a JJ. Sienna prova a obiettare, ma glielo impedisco, stringendola forte in un abbraccio. Dopodiché le metto le mani sulle spalle e la faccio voltare, indirizzandola verso lo spogliatoio sul retro.

Il nostro turno sta per finire e io non ho intenzione di fare gli straordinari. Saprò gestire quel tipo, l'ennesimo presuntuoso e sessualmente frustrato uomo d'affari della contea, che scommetto sarà pieno di complessi e avrà ha bisogno di pagare affinché qualcuno lo soddisfi. Tuttavia, non è di certo questo ciò che ho intenzione di fare con lui. Saprò tenerlo a bada.

È amaro pensare che, se qualcuno mi osservasse dall'esterno, potrebbe cogliere l'immagine di una ragazza in balia della vita e degli altri; eppure io sono convinta di sapermi destreggiare: sicuramente l'esistenza che conduco non è una calma piatta, ma di certo la preferisco a chi si illude di navigare su acque tranquille e ignora il proprio mal di mare stordendosi con rimedi temporanei. Io non ho mai rifiutato di vedere la tempesta in cui sono immersa e sono consapevole che non è possibile si calmi, ma, per lo meno, ho saputo imparare a governarla.

JJ mi accompagna attraverso il locale e, prima di aver raggiunto i divanetti del soppalco privato, dove si trovano i clienti in questione, si avvicina per avvisarmi: "Io resto qui e, se le cose dovessero degenerare, sai come farti sentire. Basta un cenno e io intervengo" mi rassicura. "Grazie JJ, ma so farmi valere" gli ricordo con un occhiolino, riconsegnandogli la felpa che mi aveva dato appena scesa dal palco. Lui annuisce con una risata.

So che JJ è forse l'unico di cui posso fidarmi, ma mi rendo anche conto di avere ragione: osservata dall'esterno, devo apparire in procinto di affogare. Tuttavia di JJ ce ne è uno solo e sta qui dentro. Là fuori invece si è soli e io ho imparato a nuotare da sola. 

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