Capitolo 44: Sbirciare

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Non c'è bisogno che Riccardo mi indichi la strada che conduce alla sua villa, dal momento che questa è la seconda volta che la percorro

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Non c'è bisogno che Riccardo mi indichi la strada che conduce alla sua villa, dal momento che questa è la seconda volta che la percorro. Ricordo come se fosse ieri la prima volta in cui io e lui ci siamo rivisti, quando io e Nancy abbiamo risposto alla chiamata d'urgenza e siamo sopraggiunte con l'ambulanza. Eppure, è passato tanto tempo e molte cose sono cambiate da allora. Io mi sento diversa, così come oggettivamente lo è la situazione che in questo momento mi trovo a vivere.

Ho dovuto insistere affinché Riccardo mi permettesse di portare al posto suo il borsone di pelle marrone contenete i cambi che aveva in ospedale, così che non sforzasse inutilmente la schiena. Alla fine ha ceduto di fronte alla mia caparbietà, ma ho capito che il mio gesto lo ha infastidito parecchio; evidentemente non è abituato a venir meno al suo rigido codice di galanteria, lo stesso che lo ha fatto sentire a disagio perchè sono stata io a guidare al posto suo.

Rispetto alla prima volta in cui sono stata qui, nascosta dietro la mia divisa di paramedico, adesso mi sento un po' in imbarazzo nello stare ferma in piedi nel mezzo dell'ampio ingresso della casa. Il pavimento in marmo chiaro riluce, colpito dai raggi del sole al tramonto che entrano attraverso le ampie portefinestre all'inglese, le quali danno su un patio in pietra oltre cui si estende l'erba verde del giardino curato. L'arredamento in legno non appesantisce eccessivamente l'atmosfera, poiché è rischiarato dalla tappezzeria color crema dei divani e delle poltrone, posizionate al centro dell'accogliente salotto che si apre di fronte a me.

Riccardo, dopo essersi richiuso la porta d'ingresso alle spalle, si scosta di lato e mi fa cenno di precederlo, così mi incammino cauta nel soggiorno di questa villa meravigliosa. A terra è steso un tappeto elegante e finemente decorato, posto davanti il camino in pietra, che immagino abbia una funzione puramente estetica. La parete di sinistra, la quale separa il salotto dal corridoio che conduce alle scale, è occupata da un'imponente libreria piena di volumi. Non si tratta di faldoni polverosi, vecchi e pesanti, ma di libri sottili e colorati, che immagino contengano le poesie, gli aforismi e i brevi racconti contemporanei che ho capito piacciono tanto a Riccardo. Al centro della sala, c'è un tavolo circolare di marmo scuro dalle dimensioni ridotte, i cui piedi sono finemente lavorati e su cui è appoggiato un vaso di ceramica, contenete un mazzo di fiori recisi.

Faccio un giro su me stessa, senza accorgermi di avere la bocca spalancata mentre tengo la testa piegata all'indietro, per osservare le rifiniture dorate che separano la parte superiore delle pareti dal soffitto. Stringo ancora i manici del borsone in una mano e me ne sto a fissare ogni dettaglio inebetita, con gli occhiali da sole sulla testa che mi scostano le ciocche di capelli dal viso, la mia vecchia giacca verde militare e i jeans stracciati. Mi riscuoto e faccio un balzo di lato, quando mi accorgo che i miei stivali da motociclista stanno probabilmente sporcando di terra il tappeto dai colori chiari su cui mi trovo.

Riccardo è appoggiato con una spalla contro lo stipite dell'ampio arco che separa l'ingresso dal salotto e mi osserva con un sorriso rapito. Avverto un lieve rossore colorirmi le guance e mi sento in dovere di fornire spiegazioni. "Hai una casa bellissima" mormoro. La cosa che più mi piace è l'aria curata ma vissuta della casa, proprio come avevo notato con una rapida occhiata la prima volta che sono stata qui. L'arredamento è lussuoso, ma c'è un tocco personale a fornire calore agli spazi, privandoli di quell'aurea eterea che traspare dalle riviste di arredamento. "Grazie" risponde Riccardo e la sua voce dolce fa inspiegabilmente perdere un battito al mio cuore.

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