La vita di Trilly è dominata dalla legge del dare per ricevere. È quello che ha imparato interagendo con i clienti dal Night Club in cui lavora, alle porte di Las Vegas. E lo accetta. Sa come sopravvivere in quel mondo.
Glielo ha insegnato Mitchell...
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Vedendo che non reagisco, Mitchell si avvicina a me come una furia, costringendomi ad indietreggiare. Istintivamente sollevo le braccia davanti al petto, per proteggermi. "Vuoi aiutarmi? Vuoi che io stia bene?" mi provoca e nello sguardo allucinato che mi rivolge non riesco nemmeno ad intravedere il Mitchell che conosco. "Allora dammi quello che voglio. Adesso voglio te. Forza, vieni qui!" mi intima, afferrandomi le braccia per poi stringermi in vita e cominciare a mordermi il collo, spingendomi contro la parete dell'ingresso. Affonda le dita nelle mie cosce, nel tentativo di avvicinarmi a sé. "Smettila! Mitch, piantala! Non fare l'idiota!" lo allontano da me, spingendo con tutta la mia forza contro il suo petto. Lui indietreggia e fa scorrere le dita tra i capelli. Si ferma per un istante; ha il fiatone e sembra guadagnare un minimo di lucidità riguardo quello che sta facendo.
Mi passo le mani sul volto, accorgendomi di non essere più in grado di trattenere le lacrime. "Guardaci Mitch, ritorniamo sempre allo stesso punto! È mai possibile?! So che anche tu capisci che è sbagliato, quindi perché non provi a cambiare le cose? Proviamoci insieme!" urlo disperata, compiendo un ultimo tentativo, per poi rinunciare definitivamente ad essere ragionevole. Negli occhi di Mitch infatti non colgo alcun accenno di ritirata, al contrario. La sua espressione è più alterata che mai.
Torna ad avvicinarsi a me con passi più lenti, chinandosi di poco e puntandomi un dito contro. "Trilly, tu ti credi diversa, ma sei identica a me! Sei sbagliata quanto me! A te piace vedermi così, è per questo che insisti a starmi attorno e a provocarmi. Ti piace litigare e vomitarmi addosso le tue ansie e paranoie" sibila con voce malvagia, assottigliando lo sguardo.
"Mi chiedi di affrontare le cose insieme: bè, dimmi dove e quando. Tu non ci sei mai. Il problema è che hai rinunciato a tutto tempo fa. A me, a noi, a quello che hai. Sarà anche poco, ma almeno è certo. Invece tu lo hai rifiutato, per cosa? Per un futuro migliore, con una villetta a schiera, il cane in giardino e il vanto di uno stipendio fisso! Non hai giocato con la casa delle bambole nemmeno quando eri bambina Trilly, non illuderti di poterlo fare ora!" Mitch pronuncia parole piene di risentimento a un centimetro dal mio volto. Eccola la mia parte di colpa, quella costituita dalla mia assenza negli ultimi tempi.
Io però non ci sto a farmi processare da lui. Così sbotto: "Va bene: io non ci sono mai, perché ho due lavori e mantengo noi e questa casa, per quanto possa valere. Ed è vero: se desiderare qualcosa di meglio è fantasticare, allora ho la testa tra le nuvole. Ma io il meglio lo desidero per me e per te, per noi, insieme. Tu invece pensi solo a te stesso. Sei un egoista Mitch! Dimmi dove eri tu nelle ultime settimane, da quando mi hai tagliata fuori dalla tua vita?" grido esasperata, nonostante mi accorga che le mie ultime parole sembrano giuste solo per metà; infatti sarebbero altrettanto vere se le rivolgessi a me stessa.
Con uno scatto improvviso, Mitch mi afferra per le spalle e mi scuote malamente. "Vuoi sapere dove ero?! Lo vuoi davvero? Ho perso tutto Trilly! Lo capisci?! Ho sbagliato un paio di puntate sui cavalli e ora sprofondo nei debiti. Ho dovuto chiedere dei soldi e mi sono messo nei casini. Ecco, sei contenta? Te l'ho detto. Ora però non incolparmi di aver riversato su di te una preoccupazione che tu mi hai costretto a condividere!" Mitchell si allontana passandosi le mani tra i capelli, con le spalle basse sotto il peso dei problemi che si è costruito da solo.