Fermiamo l'ambulanza in prossimità dell'abitazione da cui è giunta la chiamata. Si tratta di una lussuosa villa, in un isolato che delimita il confine della nostra piccola cittadina e preannuncia l'appariscente ricchezza di Las Vegas.
La facciata di cemento, con alcune pietre a vista, è di un candore accecante. Non vediamo nessuno aspettarci nel vialetto d'accesso e dunque ci mettiamo subito all'erta. La mancata presenza di testimoni infatti non è mai un buon segno, perché nessuno può fornirci immediate indicazioni su quanto è successo. Dunque i casi sono due: o la chiamata è stata anonima, perché ci si trova in una situazione dove c'è chi ha qualcosa da nascondere; oppure chi ha chiamato soccorso è la persona ferita, di cui quindi non si possono sapere le oggettive condizioni.
Fortunatamente, il compito dei paramedici è unicamente quello di portare un primo soccorso, senza dover indagare su niente e nessuno. È questo ciò che mi piace: le persone possono essere salvate senza che qualcuno debba affannarsi nel voler cambiare loro o le loro vite.
La porta d'accesso principale è blindata e non c'è modo di aprirla. A lato di essa, a delimitare il giardino circostante, c'è una cancellata in ferro battuto, la quale fortunatamente è sufficientemente bassa da portela scavalcare.
Io e Nancy ci ritroviamo così a percorrere il prato antistante la casa, perfettamente curato grazie all'irrigazione artificiale. "Paramedici, qual è l'emergenza?" continuiamo a ripetere, per annunciare il nostro arrivo.
Finalmente notiamo che l'enorme vetrata della porta finestra a scorrimento è aperta. La oltrepassiamo e giungiamo in un salotto lussuoso, ma accogliente, dall'aria curata ma vissuta, con la tappezzeria color crema.
"Sono qui." Sentiamo una voce roca e sofferente richiamare la nostra attenzione. Sembra provenire da dietro l'angolo che introduce all'atrio e poi al corridoio. Ci affrettiamo e, in prossimità delle scale di marmo che conducono al piano superiore, troviamo un uomo riverso a terra, il quale è impossibilitato ad alzarsi, nonostante provi ad aggrapparsi al corrimano in ottone.
"Signore, è lei che ha chiamato soccorso? E' solo in casa? Cosa le è successo?" Nancy gli rivolge le domande di procedura, mentre io mi inginocchio al suo fianco per verificare le sue condizioni e capire se e come spostarlo. "Sì vi ho chiamato io. Non c'è nessun altro in casa. E' la schiena, il dolore è lancinante!" L'uomo stinge i denti e fatica a parlare per il dolore che lo colpisce all'altezza lombare, dove si porta continuamente la mano. La sofferenza è evidente, considerata l'espressione tirata e le lacrime che si raccolgono agli angoli dei suoi occhi. "Stava scendendo le scale ed è caduto?" chiedo e gli stringo le braccia per tenerlo il più possibile fermo, mentre Nancy gli solleva la camicia bianca per appurare i danni e l'eventuale l'evidenza di ecchimosi.
L'uomo non risponde; il dolore lo impossibilita a restare fermo e, quando solleva il capo, passandosi una mano tra i capelli castani spettinati, il sangue mi si gela nelle vene. Mi paralizzo quando gli occhi limpidi di Riccardo si fissano nei miei. Istantaneamente anche lui resta immobile. Trattengo il respiro e non pronuncio nulla, ma la mia mente comincia a lavorare freneticamente: non sono neppure sicura mi abbia effettivamente riconosciuta. Sono struccata, porto la divisa e ho i capelli legati in uno chignon basso, ma soprattutto ho i vestiti addosso.
"Signore, si ricorda cosa le è successo?" lo incalza nuovamente Nancy, distogliendo la sua attenzione da me. Sbatto più volte le palpebre e tento di mantenere la lucidità, mentre Riccardo parla con maggiore calma: "Non sono caduto. Io... ho avvertito un dolore lancinante alla schiena mentre stavo scendendo le scale e non sono riuscito a sorreggermi" spiega. Appare a disagio, quasi imbarazzato e io mi convinco sia la presenza di una ballerina di Lap Dance in casa sua a renderlo nervoso e ad accentuare l'avversità della sua condizione.
Mi schiarisco la voce e tento di fare quello per cui sono qui e in cui mi sono sempre vantata di riuscire: reagire ad un'emergenza nel modo più efficiente ed efficace possibile. "Signor Torres, deve restare fermo il più possibile, mentre noi predisponiamo la fasciatura e le immobilizziamo il busto. Dopodiché la trasporteremo in ospedale, dove effettueranno gli accertamenti necessari" spiego, senza mai incontrare il suo sguardo. Lui resta fermo in silenzio e, nonostante il male che deve provare in questo momento, mi sembra di avvertirlo fremere quando le mie dita sfiorano il suo torace.
"Guido io" annuncio a Nancy, dopo che abbiamo posizionato Riccardo nel retro dell'ambulanza. Lei fortunatamente non obietta nulla e, dopo essere salita a bordo, richiude i portelloni posteriori. Io monto nell'abitacolo e mi posiziono al volante.
Non sarei riuscita ad affrontare la situazione imbarazzante che si sarebbe creata restando sola con Riccardo. Inoltre non avrei svolto correttamente il mio dovere mettendolo a disagio.
E pensare che inizialmente non lo avevo neppure riconosciuto! Senza il completo elegante, con la camicia fuori dai jeans sportivi e le maniche risvoltate sui gomiti. Si è anche tagliato la barba. Devo ammettere che, se non si considera la condizione sofferente in cui l'abbiamo trovato, l'aspetto casual lo fa apparire più giovane e lo rende persino più affascinante.
Prego solo che non scambi alcuna parola con Nancy sul mio conto. Nonostante lei mi piaccia, infatti, non le ho mai detto quello che faccio. Non credo che la Commissione Medica chiuderebbe un occhio sulla mia occupazione come ballerina al SIN, per questo non posso permettere che ciò che mi sono guardata bene dal raccontare venga fuori e mi impedisca di passare il corso. Anche se scommetto che quei professoroni in giacca e cravatta siano i più fedeli frequentatori della Strip di Las Vegas. Alla fine, nonostante le più svariate differenti apparenze, gli uomini sono tutti uguali, l'ho sempre saputo. E allora perché la mia mente continua a sospettare che il paziente nel retro dell'ambulanza sia una possibile eccezione?
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VITE DI SCARTO
RomansaLa vita di Trilly è dominata dalla legge del dare per ricevere. È quello che ha imparato interagendo con i clienti dal Night Club in cui lavora, alle porte di Las Vegas. E lo accetta. Sa come sopravvivere in quel mondo. Glielo ha insegnato Mitchell...