Capitolo 6: Solo io

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In un modo o nell'altro, la domenica ci ritroviamo sempre con delle birre in mano, ben prima che sia giunta sera

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In un modo o nell'altro, la domenica ci ritroviamo sempre con delle birre in mano, ben prima che sia giunta sera. Mi accosto al bacone dalla vernice scrostata per ordinare.

"Mitch è stato grande anche oggi!" Sienna si avvicina allegra e mi saluta abbracciandomi. Io annuisco sorridendo.

Nella nostra piccola cittadina ci conosciamo tutti fin da bambini, siamo cresciuti insieme e abbiamo finito col continuare a frequentarci anche da grandi, dal momento che aspirare ad una vita diversa, presto o tardi, si è rivelata un'illusione per ciascuno di noi. I fine settimana, Mitchell, ancora ragazzino, sfuggiva a suo padre per assistere alle gare clandestine di cross e io, che ancora bambina già lo idolatravo come il ribelle affasciante, gli stavo appresso senza mai lasciarlo. Mi sentivo al sicuro con lui e, nonostante tutto, è così ancora oggi. Questo rivela la tossicità che permea il nostro rapporto, ma di cui io non riesco a distinguere chiaramente i contorni, poiché si confonde con la tossicità che avvolge la mia intera vita. Diventato grande, Mitch è riuscito a coronare il suo sogno montando su una di quelle moto e ora vorrebbe che suo fratello Andrew facesse lo stesso.

Sienna, accanto a me, ondeggia i fianchi seguendo il ritmo della musica proveniente dal vecchio jukebox. Poi, dopo aver bevuto il primo sorso di birra, si fa seria. "Trilly, grazie per la mancia dell'altra sera. Ti ho già detto che senza di te non sarei qui, vero? Sei l'unica su cui posso contare" mi ringrazia riconoscente per i soldi che le ho lasciato nell'armadietto al SIN e che ho sottratto dalla mia paga, facendole credere che l'ultima sera trascorsa al Club non sia stata un completo disastro. "Onestamente Sienna, preferirei davvero tu non fossi qui, in una vita come questa!" replico al suo commento scherzando, prima di gettare il capo all'indietro e terminare la mia prima birra.

Sienna decide di mettermi in difficoltà, indagando su quello che preferirei dimenticare. "Ti prego, dimmi almeno che il cliente che Lou ci ha chiesto di intrattenere era uno strafigo in grado di nascondere la propria perversione. Non mi perdonerei se venissi sapere che hai dovuto sopportare l'odore di muffa di qualche vecchio frustrato" commenta, parlando spontaneamente e in maniera sciolta.

Io invece mi acciglio, appoggio un fianco al bancone del bar e la sorprendo nel risponderle seriamente: "In realtà non era poi così male. Ne ho conosciuti di peggiori, come i tizi che lo accompagnavano. Il Signor Torres e il suo amico invece non sono stati cattivi. Onestamente, non ho neppure capito perché l'altra sera abbiano deciso di venire nella topaia del vecchio Lou, sembravano più dei tipi da Casinò nella Strip di La Vegas" rifletto sincera tra me, felice di poter restare generica e di non dover mentire a Sienna.

Lei tuttavia mi fa sobbalzare, quando sbatte la bottiglia di birra sul ripiano davanti a noi. "Cosa?! Era Riccardo Torres il cliente che Lou voleva ti lavorassi?!" esclama, sgranando gli occhi incredula. Io alzo le spalle e annuisco. "Stai scherzando?! E' il rampollo delle Imprese Torres. La sua famiglia possiede metà dei Club di Las Vegas e ho sentito un sacco di gente lamentarsi perché si stanno espandendo, acquistando praticamente la metà non deserta del Nevada." Io ancora non capisco l'agitazione di Sienna e lei deve accorgersene, poiché prosegue inarrestabile: "E' uno degli scapoli più ambiti! È su un sacco di riviste e sembra così affascinante!" squittisce e io non posso nascondere un sorrisetto scettico. "Be' non posso dire sia stato scortese, ma onestamente non mi è sembrato a suo agio nell'ambiente che l'Impresa della sua famiglia gestisce. Inoltre credimi, non è più poi così giovane. Considerato il suo giro d'affari, potrebbe tranquillamente cambiare donna ogni notte, ma a questo punto sono convinta nasconda qualche forte stranezza." Scoppio a ridere insieme a Sienna e dentro di me mi auguro che questa conversazione possa concludersi.

Non so perché, ma mi sento a disagio nel ripensare a quell'uomo. Paradossalmente, il fatto che non mi abbia trattata come mi aspettavo mi ha sconvolta più dei soliti modi schifosi. Inoltre, nonostante trovi ridicole le riviste che Sienna legge, devo ammettere che hanno ragione nel descrivere il fascino di Riccardo. Possiede qualcosa in grado di incantarti e stordirti al tempo stesso. In ogni caso, resta il fatto che si tratta di un uomo adulto pronto a campare con i soldi di mamma e papà e ora capisco la necessità del vecchio Lou di entrare in affari con qualcuno che, probabilmente, l'altra sera avrebbe potuto comprarsi l'intero locale staccando un semplice assegno. Anche se a me non è rimasta neppure la mancia.

Scuoto il capo, tentando di allontanare questi pensieri contraddittori con cui mi sto solo confondendo. Del resto, io non penso molto. Mi limito a prendere quello che mi arriva e a reagire se necessario. Eppure, mi rendo conto che forse, dietro questi pensieri, si nascondono delle sensazioni con cui invece non sono solita avere a che fare.

Mi accorgo che Sienna mi ha lasciata sola, avvicinandosi ad un gruppo di ragazzi in prossimità del biliardo.

Cerco Mitchell e lo vedo intento a giocare a freccette dall'altra parte del pub. Faccio per raggiungerlo, quando un tipo molto più alto di me, con i capelli biondi tagliati a spazzola e rasati ai lati, mi dà una spallata. Dalle guance rubizze capisco che deve aver ingerito un bel po' di liquore. Non dice nulla, ma se ne resta fermo impalato a fissarmi con un'espressione eloquente.

Sbuffo e alzo gli occhi al cielo. Il fatto che sia abituata a certi sguardi non vuol dire che mi facciano automaticamente sentire a mio agio. Inoltre, una cosa è apparire sul palco del SIN mentre ballo, quando posso nascondermi dietro ad un ruolo e una maschera. Qui invece mi sento indifesa, perché sono solo io.

Come però mi aspettavo, Mitch è subito al mio fianco e io mi convinco sia una cosa buona il fatto che non mi perda mai di vista. "Hai qualche problema amico?!" ringhia a due centimetri di distanza dal volto dell'altro ragazzo, dopo essersi piazzato davanti a me. Quel deficiente fa la mossa sbagliata, scegliendo di fingere uno scatto in avanti verso Mitchell. Quest'ultimo infatti non aspettava altro: gli afferra il polso, facendo infrangere a terra il bicchiere di whisky che teneva in mano, e gli rigira il braccio dietro la schiena. "Permetti che sia io a darti qualcosa su cui concentrare la tua attenzione" sibila a denti stretti all'orecchio del ragazzo. Quest'ultimo finalmente si toglie quell'espressione ambigua dal volto e reagisce solo spintonando Mitch, prima di andarsene.

Mitchell non si smuove e mi rivolge semplicemente uno sguardo. Io però ho imparato benissimo a leggere i suoi occhi e ora scorgo la sua volontà di accertarsi che sia tutto a posto. Gli rispondo con un sorriso che, nel corso degli anni, assomiglia sempre più al suo ghigno e gli passo un braccio intorno alla vita.

Perché per una volta avere qualcuno che ti protegge e si occupa di te non è brutto. Il problema sorge quando si tratta della stessa persona da cui a volte sei tu a doverti proteggere; la persona che forse non tiene a te ma a se stesso e alla tua esclusività nei suoi confronti. 

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