Capitolo 21: Grazie

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All'improvviso Sienna sembra non ascoltarmi più. Tiene gli occhi fissi alle mie spalle, oltre la staccionata; è sbiancata e ha un'espressione sconvolta.

Mi volto di scatto, in tempo per vedere alcune persone affrettarsi verso il centro della pista, in prossimità di una delle dune di sabbia. Ero così presa dalla conversazione con la mia amica da non essermi accorta che il rombo dei motori delle moto si è improvvisamente interrotto.

Rovesciata a terra vedo la moto di Mitchell, la cui ruota anteriore gira ancora nel vuoto. Sienna si porta le mani alla bocca mentre io scavalco con un balzo la staccionata e mi precipito di corsa verso il capannello di gente appena formatosi.

Mi faccio largo a forza di gomitate e spallate, finchè vedo Mitchell sdraiato a terra; la sua tuta, imbrattata di fango, riporta alcuni tagli e lui non si muove. "Mitch! Mitch rispondimi!" ripeto quasi gridando, mentre mi inginocchio accanto a lui, sporcando i jeans di terra.

"La moto si è capottata dopo essere saltata sul dosso e gli è sfuggita di mano. Lui ha fatto una capriola in aria, prima di atterrare sul fianco" mi spiega uno dei tecnici, il quale si occupa della manutenzione della pista e delle moto ed è intervenuto subito.

Alcuni amici di Mitch si avvicinano e lo scuotono per svegliarlo. Io però li blocco subito: "Fermi. Non toccatelo. Finchè non capiamo cosa si è fatto è meglio non spostarlo. Anzi, aiutatemi a controllare che non subisca scossoni mentre provo a togliergli il casco" ordino. Attorno a me, la concitazione della folla si assottiglia in un mormorio.

Dopo essermi legata i capelli e tolta il giubbino, mi avvicino alla testa di Mitchell e con delicatezza gli slaccio il casco per sfilarglielo. Lo vedo sbattere più volte le palpebre, colpito dalla luce e stordito dalla caduta. "Ehi" gli dico con un sorriso, cercando di capire se può sentirmi e capirmi. Lui, dopo aver realizzato di essere a terra, fa per alzarsi di scatto, ma io lo fermo. "No, buono! Dove vai? Aspetta un attimo" gli intimo. "Sai dove sei? Ti ricordi cosa è appena successo?" gli domando, per verificare che sia cosciente e che il casco lo abbia protetto come si deve. "Sì certo! Che cazzo vuole tutta questa gente, sto bene!" si lamenta e, dai suoi modi, capisco che è pienamente in sé.

Non senza proteste da parte sua, lo aiuto a girarsi per farlo sdraiare supino e gli metto una salvietta sotto la testa. La folla si dirada e alcune persone tornano con dell'acqua, ghiaccio e zucchero. Constato che Mitchell non si è fatto nulla, oltre al colpo preso con la caduta e i lividi che ne conseguiranno.

Quando si mette seduto, alcuni suoi amici e compagni gli porgono la mano per aiutarlo ad alzarsi e gli danno qualche pacca, felici che stia bene. Ogni volta che qualcuno cade infatti, lo spavento maggiore è vissuto dagli altri piloti, i quali realizzano ciò che potrebbe accadere in ogni momento a chiunque di loro.

Io resto ancora accucciata a terra, in equilibrio sulla punta dei piedi con le ginocchia piegate; mi passo le mani sul volto e mi accorgo solo ora del battito accelerato del mio cuore e del respiro corto. Sintomi che non ho mai avuto prima d'ora durante le emergenze soccorse con l'ambulanza. Abbozzo un sorriso stanco nel verificare sulla mia pelle cosa voglia dire tenere a qualcuno e lasciarsi coinvolgere da qualcosa.

Sienna si avvicina insieme ad Andrew, il fratello di Mitch, il quale ha assistito all'intera scena. "Stai bene?" La mia amica mi mette una mano sulla spalla e Andrew esclama: "Per fortuna ci sei tu a coprirgli sempre le spalle, mi sono spaventato prima nel vederlo fare quel volo" commenta con la spontaneità e la sincerità che lo contraddistinguono. Io annuisco e sorrido di nuovo nel costatare come finora io abbia sempre ritenuto fosse Mitch a coprire le spalle a me.

"Cavoli, hai saputo intervenire alla grande. Conoscendoti, non ti avrei creduta capace di un simile sangue freddo" constata Sienna, un po' sorpresa. Schiudo le labbra e faccio per replicare, senza sapere nemmeno che spiegazione fornire, ma poi vedo Mitchell avvicinarsi a me dopo aver abbracciato suo fratello, cosa che capita di rado.

La sua ombra lunga mi sovrasta e lui, restando in silenzio, mi porge una mano per aiutarmi ad alzare. La stringo e mi ritrovo riflessa nei suoi occhi scuri, nei quali intravedo un bagliore luminoso. Mi rivolge solo un cenno del capo e un'espressione seria, prima di accarezzarmi una guancia e portare una mano dietro la mia nuca, per stringermi a sé e lasciarsi abbracciare. Ormai conosco Mitchell da abbastanza tempo per poter dire che si trova più a suo agio con i gesti e le azioni che con le parole e così capisco che questo è il suo grazie.

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