Capitolo 64: Masochista

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I concorrenti della Categoria Professionisti si stanno preparando per correre l'ultima gara del campionato. Sienna ha detto che mi avrebbe aspettata al Pub, ma i miei occhi sono fissi sul pilota che ha catturato la mia attenzione e paralizzato i miei muscoli.

Mi appoggio alla staccionata e ne osservo i movimenti, a partire dai più piccoli e insignificanti gesti, i quali però, ai miei occhi, risultano inconfondibili. Il modo in cui allaccia la tuta e sistema il casco già indossato; come controlla la moto, la accende e monta in sella. Non è possibile distinguere di chi si tratta, dal momento che il volto è coperto. Ma io non ho bisogno di scorgerne i lineamenti per capire chi sia; mi basta sentirmelo dentro. Conosco fin troppo bene quelle movenze, ho imparato a sincronizzare il mio corpo su di esse, a reagire ad ogni loro minimo accenno.

La moto da cross sfreccia lungo il tracciato, saltando le dune e compiendo evoluzioni a mezzaria senza commettere neppure un errore. Gli scatti sono precisi, puliti, controllati. Al termine del percorso, il pilota frena inclinando la moto e poggiando un piede a terra. Resta immobile mentre viene annunciato il punteggio massimo. Quando smonta dalla sella e riposiziona la motocicletta nei blocchi del parcheggio, mi sporgo oltre la staccionata, salendo con gli anfibi sulla prima trave per vedere confermati i miei sospetti ormai tramutatisi in certezze. Il pilota si slaccia la tuta e sfila il casco, passandosi una mano tra i capelli scuri e spettinati. Schiudo le labbra e pare che il mio cuore si sia fermato. Tutti intorno a me continuano a gridare, incitando il concorrente successivo, ma a me sembra di essere sprofondata in una realtà in cui ogni suono è attutito e ogni movimento rallentato.

Senza riflettere scavalco la staccionata e percorro il bordo della pista con un passo sempre più rapido e gli occhi sgranati in un'espressione spiazzata. Quando sono poco distante da lui, Mitchell solleva lo sguardo e incontra il mio. Il suo viso resta apparentemente inespressivo, ma io lo conosco abbastanza per non poter ignorare l'intensità dei suoi occhi su di me e la rigidità che lo costringe a restare immobile. Sillabo muta il suo nome, senza smettere di camminare verso di lui; anzi, comincio a correre e, quando gli sono vicina, Mitch getta il casco a terra e mi viene incontro. Spalanca le braccia per lasciare che io sbatta contro il suo torace e affondi il volto nel suo petto, stringendogli le braccia in vita. Mitch mi abbraccia a sua volta, come non faceva da tempo, e posa il capo sopra il mio, dopo avermi lasciato un bacio sui capelli. Non saprei spiegare il perché di questo gesto, da parte mia così come da parte sua. E onestamente non voglio farlo. Non voglio trovare una motivazione dietro all'impulso che mi ha spinta a raggiungere Mitchell, per sbatterci contro come è successo fin troppe volte il passato. Questo momento però è diverso e sono convinta lo avverta anche lui. Non posso negarlo: mi è mancato. Mi è follemente mancato il bisogno di sentirmelo addosso nel nostro modo sbagliato, nella nostra irruenza tanto passionale quanto tossica.

Non ci diciamo nulla, sono gli sguardi che parlano al posto nostro. Il mio è confuso e sarebbe pronto ad investire Mitchell di mille domande se i suoi occhi scuri e impenetrabili non mi stregassero con la loro intensità. Mi prende per mano e insieme ci sediamo sul cordolo che separa il parcheggio delle moto dalla pista.

"Sei tornato" mormoro soltanto e Mitch si limita ad annuire serio, senza mai distogliere gli occhi dai miei. Restiamo a fissare la terra polverosa, mentre una brezza leggera attraversa la mia camicia a quadri aperta sul davanti e asciuga il velo di sudore che permea la canotta bianca che indosso. "Mi sei mancata" dice Mitch dopo un bel po' di tempo. La sua voce è a tal punto flebile che dubito di aver sentito davvero quelle parole. Lo guardo e vedo che fa per avvicinarsi e incontrare le mie labbra, ma io mi volto istintivamente, preferendo evitare quel contatto. Capisco da come Mitch serra la mascella che il mio rifiuto lo innervosisce, ma non si muove, controllando qualsiasi tipo di reazione.

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