Capitolo 76: Rovina

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Appena giungiamo all'esterno dell'edificio, Nancy e Sienna mi raggiungono dopo che Riccardo mi ha rimessa a terra e Matias gli viene incontro preoccupato

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Appena giungiamo all'esterno dell'edificio, Nancy e Sienna mi raggiungono dopo che Riccardo mi ha rimessa a terra e Matias gli viene incontro preoccupato. "Non vi vedevamo più uscire e temevamo il peggio! Pare che possa crollare tutto da un momento all'altro!" ci dicono.

Io però ho perso del tutto il senno della ragione e non ascolto nulla. Percepisco la realtà intorno a me ovattata, mentre le orecchie mi fischiano e la vista è annebbiata. "Mitch! No!" continuo a gridare e provo più volte a scagliarmi in avanti per tornare dentro da lui. Riccardo mi tiene stretta in vita e non mi lasica nonostante i miei disperati tentativi di divincolarmi. "Non possiamo abbandonarlo lì dentro! Lasciami andare!" rantolo, ormai senza voce.

Riccardo mi afferra le spalle e mi scuote: "Sta andando tutto a fuoco, non vedi?! Non possiamo fare più niente!" Io però non mi arrendo, finchè lui non mi lascia andare strattonandomi. "E va bene! Vuoi andare incontro alla rovina? Vuoi distruggerti insieme a lui?" mi sfida, lo sento gridare per la prima volta e finalmente fisso i miei occhi nei suoi di un blu scuro. Resto paralizzata per una frazione di secondo, finchè Riccardo non esclama: "Al diavolo!" con un gesto esasperato e lo vedo correre nuovamente nel locale con uno scatto improvviso.

Rimango inerme, allibita, incapace di agire. L'autopompa dei vigili del fuoco sopraggiunge accanto all'ambulanza e gli uomini in divisa, con le casacche, i caschi e le maschere dell'ossigeno, si precipitano dentro l'edificio, non appena Matias comunica loro la presenza di due uomini ancora all'interno. Vittima dello shock, resto immobile in piedi nel bel mezzo del piazzale asfaltato, mentre i pompieri si muovono freneticamente intorno a noi.

Matias e Sienna sono vicino all'ambulanza. Lui le cinge le spalle e lei tiene le braccia strette in vita, entrambi hanno un'espressione angosciata. Nancy, accanto a me, prova a convincermi a indossare la mascherina dell'ossigeno e a permetterle di controllarmi la pressione e gli altri valori vitali. Io tuttavia sono incapace di reagire. Continuo a scuotere impercettibilmente il capo.

Ti prego, no! Non può essere, non può stare succedendo davvero! Non posso perderli entrambi, non posso perdere Riccardo in questo modo. Se gli accade qualcosa, io non me lo perdonerò mai. Perché?! Perché l'ho costretto a fare questo? Come ho potuto spingerli entrambi fino a questo punto? Il respiro comincia a mancarmi e credo di poter soffocare da un momento all'altro, forse per il fumo, forse per il pianto, forse perché il mio cuore ha smesso di battere e di pompare ossigeno.

Come se stessi osservando la scena dall'esterno, sento il comandante dei pompieri intimare via radio ai propri uomini di lasciare l'edificio al più presto, perché sta per esplodere e crollare tutto. Credo di poter svenire e di lasciarmi andare tra le braccia di Nancy, quando vedo l'ultimo vigile del fuoco uscire dal locale sorreggendo Riccardo, il quale cammina trascinandosi, tiene una mano sul petto e continua a tossire. Nello stesso istante, un'enorme fiammata fuoriesce con un boato dal tetto dell'edificio.

Come se una scossa elettrica mi avesse rianimata e tutte le mie funzioni vitali fossero improvvisamente tornate attive, reagisco come sono abituata a fare nelle situazioni di emergenza. Mi precipito verso Riccardo, accompagnandolo fino all'ambulanza. Il pompiere, dopo aver visto la mia divisa di paramedico, lo affida a me e così, con l'aiuto di Nancy, faccio di tutto affinchè possa riprendersi.

Dopo aver ricevuto la dose di ossigeno necessaria a stabilizzare la respirazione, Riccardo mi prende il volto tra le mani e fissa gli occhi nei miei. Lo abbraccio d'impulso, stringendogli le braccia intorno al collo, nonostante tema di fargli male. Lui infatti torna a tossire, così mi scosto e gli accarezzo il viso, tentando di levare i segni di fuliggine. Ho avuto così tanta paura di perderlo che devo sentirlo tra le mie braccia, sotto il tocco delle mie mani. "Grazie, grazie" continuo a mormorare singhiozzando, mentre le lacrime mi bagnano il volto sporco. Quello che ha fatto è stato eroico, di una bontà d'animo profonda. Riccardo prova a calmarmi, prendendomi il viso tra le mani e facendomi incontrare nuovamente il suo sguardo perso e ferito. "Mi dispiace" sussurra soltanto.

Resto immobile per un'istante e poi mi lascio stringere dal suo abbraccio, che mi invita a nascondermi contro il suo petto. Continuo a fissare l'entrata ormai disintegrata del locale, il cemento annerito dal fumo e l'acqua dell'idrante che scola lungo i muri dopo aver domato l'incendio. Forse mi aspetto che esca ancora qualcuno, ma so bene che ormai lì dentro non è rimasto più nessuno.

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