Capitolo 9: Dare per ricevere

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Appena giungiamo all'ospedale che si trova alle porte di Las Vegas, i medici del pronto soccorso ci accolgono chiedendoci informazioni sul paziente e sull'accaduto.

In seguito lo trasportano nel primo ambulatorio disponibile e io e Nancy ci fermiamo al bancone d'accoglienza per compilare i moduli informativi e firmare le pratiche necessarie. 

"Come facevi a sapere che si chiama Torres? Conosci quel riccone?" mi domanda Nancy, senza avere la più pallida idea di chi sia l'uomo a cui si riferisce, proprio come era successo a me la prima volta. "Come scusa?" fingo di non aver capito. "Prima, in casa sua, lo hai chiamato Signor Torres, nonostante non ci avesse ancora fornito le sue generalità." Nancy mi mette alle strette e mi impedisce di svicolare.

Tengo gli occhi fissi sui fogli davanti a me e mi fingo concentrata su ciò che sto scrivendo. "Ehm, sì. E' un noto uomo d'affari, devo aver letto il nome su qualche rivista" rispondo distrattamente restando generica.

Dopodiché apro la cartella medica di Riccardo Torres fornitaci dall'infermiera, per aggiungervi le informazioni riguardanti il suo ricovero d'urgenza. Non mi piace curiosare nella vita degli altri, solitamente meno so e meglio mi sento; mi convinco di tutelarmi maggiormente a mia volta e mi illudo di essere più al sicuro. Tuttavia, questa volta, non mi trattengo dal buttare l'occhio sulla sua data di nascita, per sapere l'età. Inoltre, sistemando i documenti medici, scopro che ha già subito diversi interventi alla schiena e che il suo deve essere dunque un dolore pressoché cronico.

"Vado a risistemare l'ambulanza, così quando mi raggiungi siamo pronte per tornare alla base" mi comunica Nancy, rivolgendomi un sorriso gentile.

Ricambio e tento di affrettarmi, quando un'infermiera di turno, la quale mi conosce, richiama la mia attenzione: "Trilly, per favore, puoi fermarti qualche secondo in Sala 2, per controllare che i valori del paziente restino stabili finché arriva il medico?" Non mi dà neppure il tempo di rispondere, perché si incammina lungo il corridoio del pronto soccorso con quel fare frenetico che caratterizza questo posto.

Faccio un sospiro profondo e, con passi cauti, mi avvicino alla tenda che separa l'ambulatorio d'emergenza in cui hanno collocato Riccardo dalle sale limitrofe.

Non appena lui mi vede, fissa il suo sguardo nei miei occhi e io credo di poter affogare in quell'azzurro, di cui è impossibile distinguere la natura; si tratta di acque misteriose che, per quanto limpide, impediscono di scorgere il fondale; potrebbero celare oscuri presagi o tesori preziosi. Al momento, per quanto inespressivo, il suo sguardo è di una profondità innegabile.

Distolgo gli occhi e mi schiarisco la voce: "Si sente meglio?" rivolgo la domanda più scontata che mi viene in mente. "Perché adesso mi dai del lei? Se non ricordo male, l'altra sera in quel locale è andata diversamente" commenta, con un sorrisetto pungente. Scuoto la testa amareggiata. "Inizialmente pensavo non mi avessi riconosciuta, ma ora constato che ovviamente non puoi trattenerti dal farmi notare il modo in cui ci siamo incontrati. Che c'è, vuoi forse ricordarmi quale sia il mio posto? Ti chiedo scusa se oggi aiutandoti ti ho infastidito!" ribatto stizzita. "Ehi, non metterti subito sulla difensiva. Al contrario, volevo farti capire che non devi assumere quell'atteggiamento ossequioso e distante nei miei confronti, dal momento che ci siamo già conosciuti" Riccardo parla serenamente.

Trovandomi in una posizione scomoda, decido di cambiare argomento: "L'altra sera mi era parso di capire che non ti saresti fermato in città" gli faccio notare, inspiegabilmente indispettita dal fatto che mi abbia mentito e dal sospetto che abbia voluto approfittarsene. Lui resta calmo e annuisce: "Avevi capito bene. Sono di Las Vegas, ma vivo in periferia. E l'altra sera volevo conoscerti subito, senza essere costretto a tornare un'altra volta in quel posto." Lo osservo con sguardo interrogativo, ancora confusa e sospettosa. Così Riccardo aggiunge: "Vedi Trilly, eri tu ad interessarmi, non il locale o ciò che facevi lì dentro." Non so davvero cosa rispondere, il che mi capita raramente. Ma quello che più mi preoccupa è che non so come interpretare le sue parole né se crederci o meno.

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