Capitolo 19: Bambina

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Decido che è più sicuro per me finire di mangiare in silenzio, così assaporo la pasta che ho ordinato. Riccardo invece non sembra interessato al suo piatto, ma piuttosto a me. Infatti continua ad osservarmi sorridendo.

A un certo punto, la radio in sottofondo trasmette Miss Indipendent, una delle canzoni su cui più mi piace ballare. Senza accorgermene, comincio ad ondeggiare a tempo di musica, tenendo lo sguardo basso.

Persa nel ritmo, sobbalzo quando Riccardo si alza di scatto e si avvicina a me, porgendomi la mano. Lo osservo allibita e lui mi spiega: "Qualcosa mi dice che non puoi trattenerti, quindi questa volta vorrei essere io a chiederti di ballare, a modo mio" puntualizza. Rimango sbalordita dall'iniziativa di Riccardo e il suo invito mi fa arrossire. Di nuovo. Tuttavia decido di lasciarmi andare e accetto con un sorriso, stringendo la sua mano calda.

Il ristorante si è ormai svuotato. In prossimità della parete di fondo c'è una sorta di salottino. Davanti alla cassa c'è un'area libera che, a quanto pare, di solito è destinata proprio a chi vuole ballare quando nel ristorante è ospite qualche musicista, a cui è riservato un piccolo palco ora vuoto.

Improvvisamente, non mi sento poi così sciolta nel dovermi muovere davanti a Riccardo, ma mi rilasso e non riesco a trattenere una risata quando lo vedo ballare, probabilmente convinto di seguire il ritmo. Il modo in cui muove i piedi e le braccia è buffo e, vederlo come un uomo adulto e un po' goffo, che probabilmente non balla da tempo, mi diverte.

Così decido di avvicinarmi per fargli vedere qualche passo. Appoggio le braccia sulle sue spalle e mi accosto a lui, muovendo le anche al ritmo della musica. Sorrido insieme a lui e mi diverto. Avverto i muscoli di Riccardo rilassarsi fino a quando esagero, annullando la distanza che c'è tra i nostri corpi e abbracciandolo al collo. Ecco che lo sento irrigidirsi di nuovo.

Si scosta di poco e prende delicato le mie mani nelle sue, slacciando il mio abbraccio. Mi rivolge uno sguardo di rimprovero, da cui tuttavia traspare una premura che non ho mai visto prima e a cui non posso restare indifferente. "Piano bambina. Devi andarci piano" sussurra con voce roca al mio orecchio. Così mi allontano di poco e abbasso il capo, sorridendo imbarazzata e mordendomi il labbro inferiore, consapevole della mia solita avventatezza. "Scusami" mormoro, ma lui mi mette un dito sotto il mento per incontrare il mio sguardo. "Non hai fatto nulla di male e io non ti sto chiedendo niente" mi ricorda. Mi rilasso mentre il mio sorriso si allarga.

Riccardo continua a stringere le mie mani e insieme balliamo mantenendo una certa distanza tra di noi; osserviamo i nostri piedi e ridiamo. Mi sento spensierata per la prima volta da non so quanto tempo. Non penso ai possibili sguardi che potrei avere su di me, perché intorno a noi non c'è nessuno. Posso essere me stessa, senza badare ad alcuna aspettativa. Inoltre, l'attrito che in precedenza avevo avvertito con Riccardo sembra dissiparsi e mi sorprendo a constatare quanto sia bello ed affasciante quando sorride. Anche lui non deve rivestire alcun ruolo, può lasciarsi andare. Appare rilassato e sereno, felice. Mi sembra di vederlo sotto una nuova luce; improvvisamente l'età che ci separa scompare e scorgo in Riccardo un animo determinato a battersi per quello in cui crede, per chi e ciò a cui tiene.

Quando la canzone termina, ci ritroviamo entrambi a ridere, prendendoci vicendevolmente in giro. Senza riflettere, appoggio il palmo della mano sul suo petto e avverto il calore della sua pelle attraverso il tessuto della maglietta. Quasi senza che me ne accorga, le braccia di Riccardo mi circondano delicate e lui mi stringe in un abbraccio contro il suo torace.

Quando sollevo il capo, il mio naso sfiora il suo mento. "Te l'ho detto, bambina: tu mi fai più bene di chiunque altro. L'ho saputo dal primo momento. Tu potresti salvarmi" mormora, con quella voce roca e profonda che esercita una sorta di incantesimo su di me.

Lo osservo confusa. E' la prima volta che non reagisco ad un contatto. Mi sembra persino di sperimentare una nuova forma di vicinanza e di intimità. Non mi muovo, neppure quando lui inclina il capo e avverto le sue labbra sfiorarmi la punta del naso. Non so cosa stia accadendo. Non so cosa sto facendo. Non mi fermo a riflettere, del resto non lo faccio quasi mai. Socchiudo gli occhi, ma all'improvviso sento Riccardo allontanarsi da me. "E' quasi l'alba. Sarà meglio rientrare" decreta con voce bassa, schiarendosi la gola.

Non è arrabbiato né innervosito, ma lo vedo serrare la mascella e ormai ho capito che la sua integrità, quasi eccessiva, lo spinge a trattenersi e a rimproverarsi per errori che solo lui vede e che non arriva neppure a commettere.

Non incontra il mio sguardo quando lo raggiungo alla cassa, dopo aver recuperato la mia borsa ancora appoggiata allo schienale della sedia. Protesto nel vederlo tirar fuori il portafoglio e insisto per pagare il mio ordine. Ma lui non ammette proteste. "Devi capire che con me non ci sarà mai un dare per un ricevere" mi ricorda con espressione seria. Così sbuffo e mi arrendo di fronte all'uomo fiero e testardo che ama mantenere il controllo e che, per un attimo, mi ero illusa di riuscire a conoscere davvero attraverso quel sorriso di cui sento già la mancanza.

Mi rendo conto ora che insisto nel non volere che nessuno provi a cambiare quella che sono, ma forse sono io a tentare di cambiare chi mi si avvicina, per legarlo a me in qualche modo ed evitare così la mia paura di restare sola.

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