Capitolo 52: Impressione

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Osservo la mia immagine riflessa nel piccolo specchio dai bordi ingialliti collocato di fronte a me. Mi trovo nel piccolo e angusto bagno di casa, a piedi nudi sulle piastrelle ruvide. Indosso un abito nero a tubino, con le maniche corte di voile e alcuni dettagli in pizzo. Potrebbe apparire semplice, ma non per me, che non credo di aver mai indossato una gonna in vita mia. E tu chi sei? – mi domando, quasi faticando a riconoscermi. Mi sistemo due ciocche di capelli lisci dietro le orecchie; ho appena finito di stirarli, stando attenta a non bruciarmi. Non l'avevo mai fatto prima, tanto che ho dovuto chiedere a Sienna se potesse prestarmi la piastra. Ora più che mai vorrei che la mia migliore amica fosse qui con me, per condividere questa strana euforia che mi prende nel pensare di dovermi recare ad una festa elegante. Io, che ho marinato persino il ballo delle scuole superiori. Inoltre sarei felice se Sienna potesse darmi una mano con questo eyeliner nero, che provo a rimettere per la terza volta, dopo aver cancellato i precedenti tentativi con il cotton fioc, attenta a non rovinare il resto del make up. Questa sera non posso permettermi un trucco appariscente e ridicolo come quando ballo al palo. Ci tengo a fare una buona impressione. Fortunatamente i segni sul volto sono quasi del tutto scomparsi, fatta eccezione per le lievi crosticine lasciate dai tagli sul naso.

Metto un po' di mascara e faccio un passo indietro per guardarmi nuovamente allo specchio. Non mi sono mai vista così e devo ammettere che le ore spese in preparativi mai affrontati prima hanno portato a un buon risultato. Mi piaccio. Sposto lo sguardo sulle décolleté nere posate a terra, che ancora non ho avuto il coraggio di infilare, e avverto un certo abbattimento calare su di me.

Non credo opterei per una vita in tailleur e tacchi a spillo nemmeno se mi pagassero. Anche se, per come si sono messe le cose ultimamente, mi sento ridicola nel fare tanto la schizzinosa. Resta il fatto che, per sentirmi completamente a mio agio, a me bastano un paio di jeans, sneakers e una canotta. Tuttavia, ogni tanto è bello sperimentare. In occasioni come questa, per esempio.

Ripenso a quando Riccardo ha deciso di accompagnarmi a comprare il vestito e le scarpe. È successo nel pomeriggio successivo alla notte che ho trascorso a casa sua. Ho insistito e per fortuna l'ho convinto a evitare lussuose boutique, preferendo recarci in un negozio del centro appartenente ad una catena di abbigliamento decisamente più alla mia portata, nonostante io sia solita comprare i vestiti al mercato. Le commesse sono state gentili, ma ho comunque notato la loro espressione dubbiosa nel vedere una ragazzina, con una giacca verde militare stinta e logora, i jeans stracciati e gli stivali sporchi, in compagnia di un uomo in polo e scarpe da barca. Non hanno mancato di fare qualche commento sulle mie curve appena accennate e sul portamento necessario per indossare un certo tipo di abito elegante. Stronze! Inoltre, come se non bastasse, non la smettevano di rivolgere occhiate adulatorie a Riccardo, il quale, con mia somma soddisfazione, non si è trattenuto dall'invitarle ad omettere commenti superflui, specificando che nessuno meglio di me può sapere ciò che voglio. Purtroppo però non l'ho avuta vinta alla cassa e Riccardo ha pagato tutto ciò che ho acquistato senza neppure considerare le mie obiezioni. Si è limitato a sorridere quando mi ha sentita sbuffare sonoramente e ha visto il mio broncio.

Mi infilo le scarpe e faccio un respiro profondo. Sento un rumore di ruote sullo sterrato davanti a casa e così mi affretto a prendere la pochette di velluto nero e ad uscire dalla porta di ingresso barcollando sui tacchi. È da poco tramontato il sole e il cielo indaco diffonde una luce fredda e opaca. L'autista di Riccardo mi attende, tenendo aperta la portiera posteriore dell'automobile. "Signorina" dice soltanto, invitandomi implicitamente a salire a bordo. Mi sento ridicola a camminare sulla terra polverosa con queste scarpe eleganti, per salire su una macchina lussuosa ferma davanti alla baracca cadente dove vivo. Rivolgo un sorriso un po' imbarazzato all'autista in divisa, con tanto di cappello, e, con gesti impacciati, salgo sul sedile posteriore, tentando di spostare le gambe in maniera consona e di non sgualcire il vestito.

"Sei meravigliosa

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"Sei meravigliosa." La voce profonda di Riccardo accanto a me mi fa sobbalzare, mentre l'auto si mette in moto. Lo guardo con un'espressione sorpresa. "Sei venuto" constato con un tono sollevato ed emozionato. "Certo, pensavi mi limitassi a mandarti una carrozza?" domanda spiritoso. Rido sommessamente, rilassando le spalle. "E' che ti credevo impegnato nei preparativi della festa e intento a salutare tutti i partecipanti" spiego, improvvisamente timida. "Saluterò tutti dopo, ma solo a te riservo questo" dice, sporgendosi verso di me per darmi un bacio sulla guancia. Socchiudo gli occhi e sorrido, intimando al mio cuore di calmarsi.

Dopodichè Riccardo mi porge un mazzo di fiori: peonie e lavanda, come il primo che mi aveva mandato. "Per te" dice soltanto. È davvero un bel gesto, ma non faccio in tempo a ringraziarlo, perché lui appoggia sulle mie gambe una scatolina con un piccolo fiocco di stoffa blu. Gli rivolgo uno sguardo interrogativo e un po' sospettoso. Credo di sapere di che si tratta, considerata la scritta Bulgari presente sulla confezione. Sarò anche un po' rozza, ma di certo non sono ignorante fino a questo punto. Evito di parlare finchè non la apro e prendo tra le dita due orecchini pendenti, con sottili fili argentei brillanti. È inutile negarlo: sono bellissimi e credo che la mia espressione meravigliata lo confermi. "Ti piacciono?" mi domanda Riccardo con aria spavalda. Sono senza parole e non riesco a spiegarmi il sottile fastidio che inconsciamente avverto. Ovvio che mi piacciono, ma l'unica cosa che riesco a dire è: "Perché?" "Perché no?" ribatte prontamente lui, recuperando quel brutto vizio di parlare per enigmi. "Perché sei tu e perché volevo" aggiunge soltanto.

Si tratta di un regalo e di un gesto sicuramente molto belli, gentili, galanti, ma soprattutto importanti, che io non voglio e non posso sottovalutare. È tanto, troppo per me. Perché se io sono io, come dice Riccardo, allora torna quello scarto tra noi, dovuto al fatto che non riesco a vedermi come mi vede lui, anzi forse non voglio farlo. L'ho detto: stasera è bello sentirmi una principessa invitata al ballo, ma a me piacciono le mie scarpe da ginnastica, i jeans e le mie t-shirt scolorite. Non voglio essere comprata né men che meno agghindata come una bambola da adattare ad ogni situazione. Questi orecchini valgono molto più di quanto guadagno in un mese; mi basterebbe venderli per pagare i debiti di Mitch – penso amareggiata. Ad ogni modo cerco di mettere a tacere la mia mente macchinosa: forse sto esagerando.

Tento di mantenere la calma e mi limito a non dire nulla, ma non oppongo resistenza quando Riccardo mi invita ad indossare gli orecchini. Mi convinco pensando al fatto che, in effetti, questo pomeriggio mi sono accorta di non aver neppure un gioiello da abbinare all'abito.

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