Capitolo 32.

4.6K 164 31
                                    

Troppi i pensieri che le affollavano la testa, troppe le preoccupazioni che aveva destato nei suoi amici ma soprattutto in sua madre che da una settimana a questa parte la vedeva più spenta del solito, Anna aveva paragonato questo suo malessere al periodo post-Paulo di tre anni fa senza sapere che in realtà questa volta era molto peggio.
Franco e Agostina avevano lasciato Palermo quella stessa mattina dopo averla trascinata per sette giorni in giro per il capoluogo, Benedetta e Matteo erano partiti in viaggio di nozze nel continente americano e lei era rimasta sola.

Non c'era cosa peggiore per lei che rimanere sola con i pensieri che le affollavano la testa facendole riempire tutte le volte gli occhi di lacrime che copiosamente scendevano sulle sue gote, non credeva di poterne avere così tante mentre pensava che infondo un trattamento del genere se l'era meritato.

«Piccola...» Carlo, suo padre, bussava insistentemente alla sua porta tutti i giorni.

Carlotta non aveva mai permesso a nessuno dei suoi genitori di entrare ma quella volta ne aveva abbastanza.

«Entra.» Sussurrò a bassa voce ma il padre la sentì.

Quando entrò nella camera della sua unica figlia il giorno lasciò il posto alla notte, la tapparella era chiusa, la finestra era a vasistas e l'aria condizionata accesa dava alla stanza la giusta temperatura vivibile.
Carlotta aveva venticinque anni ancora da compiere ma a Carlo in quel momento sembrò di vedere la sua amata figlia appena sedicenne alla prima ferita d'amore.

«Ti voglio bene.» Sapeva di poterle dire solo questo in quel momento, Anna gli aveva raccontato la situazione dopo che Franco allarmato le aveva confessato il perché del malumore di Carlotta, così la moglie si era sentita in dovere di parlarne con il marito.

L'uomo sapeva che il suo piccolo fiore aveva bisogno di sentirsi amata e protetta.

Lei si strinse alla maglietta del padre lasciando posare lì le sue lacrime a bagnare quel tessuto, vi si aggrappò come se fosse la sua ancora di salvezza dall'abisso nel quale Paulo l'aveva spinta.
Aveva il cuore lacerato, sentiva dolore proprio in quel punto mentre il padre la cullava baciandole la testa.
Non ne poteva più di stare in balia dei sentimenti tremendi che la stavano assalendo come squali nell'attesa che lei li esternasse, ma lei stava immobile facendosi divorare dalle paure.

La vita era un gioco strano, e a lei era stato riservato quello peggiore, quello della ripicca amara e crudele.

«L'ha fatto apposta...» Disse fra i singhiozzi.

Quella notte, inevitabilmente, aveva aperto la porta ad un sentimento che in quel momento cercava di rifiutare.
Quanto le erano mancate le carezze incandescenti di Paulo, i baci sulla pancia, il suo naso che le sfiorava una guancia e i baci dati ovunque.
Le era mancato il suo profumo che si era tatuato sulla sua pelle, i morsi sulle labbra, i sospiri e le frasi sussurrate per paura che gridarle avrebbe portato la realtà più velocemente di quanto era arrivata.

Purtroppo la realtà era arrivata fredda e cattiva, pungente e puntuale e lei ne stava pagando le conseguenze.
Improvvisamente aveva rimpianto i momenti in cui a Torino faceva di tutto per evitarlo, troppo timorosa di una sua reazione esagerata, che era arrivata insieme alle conseguenze e alla realtà.

«Che ne dici se andiamo a mangiare una bella pizza noi tre stasera?» Non smise di baciarle la testa e di cullarla ma sapeva che con quella richiesta rischiava di essere sbattuto fuori dalla stanza.

«Con la salsiccia?» Aveva chiesto lei facendosi piccola.

«Con tutto quello che vuoi amore mio.»

Everything About Us ||Paulo Dybala||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora