Lo facciamo noi!

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"Hai preso tutto?" Chiese Fabrizio sulla porta. "Sì... aspetta un attimo..." mi allacciai le scarpe infilando i lacci sotto i piedi. "Oh, ti riallacci anche le scarpe da sola" rise con la carrozzina fra le mani. "Visto?" Risposi felice prendendo la mia borsa. "Dobbiamo fare la spesa..." Borbottai uscendo dalla stanza. "Non possiamo dare i soldi a Charlotte?" Chiese lui ridendo. "Penso proprio de no" risposi ridendo mentre andavo a firmare i documenti per tornare a casa. Devo ammettere che i pantaloni della tuta e la maglietta larghissima mi davano un senso di disagio. "Dovrei firmare per andarmene" dissi andando in un gabiotto. "Sì, qualche minutino e le porto i fogli da compilare" un ragazzo mi sorrise alzandosi, io mi girai verso Fabrizio e c'era quella presenza fastidiosa e costante. "Già ve ne andate? Io mi ero affezionata" gli toccò il braccio battendo le ciglia, ed io sapevo di dovermi girare prima che fosse troppo tardi, eppure proprio non mi veniva di farlo. "Questo è il mio numero, se mai avreste bisogn..." "ecco i fogli..." non feci finire di parlare né uno né l'altra, camminai a passo veloce verso quella gatta morta. "Ah, grazie... lo terrò in considerazione" dissi buttando il bigliettino nel cestino, Fabrizio mi guardò mascherando una risata. "Ora. Se vuole scusarci, io e mio marito vorremmo andare a casa con nostra figlia." Dissi fingendo un sorriso. Lei annuì stupita. "Stupisciti de come non t'ho menato" dissi ad alta voce mentre tornavo a compilare i fogli. "Eri più tranquilla quando eri incinta... e hai preso per il collo tuo cognato" sorrise. "Avevo da perdere qualcosa, ora lei non dipende da me... quindi sono tornata più pericolosa di prima" risposi prendendo i fogli. "Che devo firmare?" Chiesi al ragazzo. "Questi sei fogli" rispose indicandoli. "Sì, dove?" Precisai. "Qua..." indicò a destra del margine inferiore dei fogli, tre per me e tre per la piccolina. "Ok." Glieli ripassai. "Anche il papà..." gli passò solo i fogli della piccola.

"Prendi lei... io chiudo la carrozzina" mi sorrise aprendo il portabagagli. Aprii lo sportello posteriore e presi Charlotte mettendola in braccio. "Pronte?" Chiese guardandoci. "Yes, man" risposi accarezzando quel piccolo visetto che mi scrutava. "Ce l'hai con i miei capelli?" Chiesi mentre li tirava. "In realtà tira un po' tutto, ha anche cercato di uccidermi" rise lui guardandoci dallo specchietto. "Ah ecco... diglielo mpo' Charl... Papà, guarda che io ho cercato solo di salvare mamma eh" risi muovendo la sua manina. "Salvare... ma statte zitta" rise prendendomi il polpaccio con la mano.

"... E la freccia? La mettono l'indiani? Sto cretino." Sbottò contro un automobilista che stava svoltando per una stradina. "Ah proposito..." dissi battendomi una mano sulla fronte. "D'indiani, di cretini o di frecce?" Chiese lui ridendo. "Di cretini... mi sono totalmente dimenticata di chiamare il meccanico, mi da la spia del motore tipo da un mese" risposi tranquilla. Lui spalancò gli occhi girandosi verso di me. "Tu hai guidato per un mese con la spia del motore accesa? Te l'hanno data co i punti del latte la patente?" Chiese serio. "Sono temeraria..." risi. "No, sei scema... non ce credo... Charlotte, tu in macchina co tu madre non ci sali eh" rise lui. "Oh, cretino... guarda che guido bene" risposi ridendo. "Ammazza, pensa se guidavi male... che facevi? Camminavi su du rote?" Rise toccandosi la barba. "Oh, vabbè so tre anni che c'ho la patente..." "non lo dire mai più... c'ho un brivido lungo tutta la schiena" rise. "Perchè?" Chiesi ridendo. "Perchè io me sa che è un po' de più" rispose guardandomi. "Senti, ma se ci mandiamo papà a fare la spesa?" Chiesi a Fabrizio. Il silenzio. "Oh, me rispondi" dissi ridendo. "Ah, pensavo che dicevi papà io... e stavi a parlà con Charlotte..." rise anche lui. "No, dicevo il mio papà..." scossi la testa. "Se gli va... però Nì... tu padre fa la spesa pe sedici anni e non rivuol..." "ma che te frega... ti riposi tu e io sto con lei..." risposi vedendo Charlotte stiracchiarsi fra le mie braccia. "Come ti pare... Posso andare io, senza problemi..." rispose sbadigliando. "No, te dormi." Risposi imperativa. "Va bene, capo" rise parcheggiando poco lontano da casa.

"Hai messo anche la coccardina?" Chiesi indicando il portone. Annuì spingendo la carrozzina. "Oh... ma guarda un po'... come stai?" Chiese Mauro guardandomi. "Benissimo... tu?" Chiesi sorridendo, "Bene... me la fai vedere?" Chiese a Fabrizio, lui abbassò la copertina scoprendola. "Amore... è bellissima" sussurrò guardandola. "Tutta tua moglie eh..." rise indicandomi. "Grazie..." mi spostai i capelli fingendomi una diva. "Porella..." Fabrizio rise prendendomi per il fianco. "Vado a lavorare... auguri eh" se ne andò lasciandoci l'ascensore. "Oh mio cielo" esordii tirando fuori il cellulare dalla tasca. Risposi a Maya. "Eh, Maya, eh... che voi?" Chiesi ridendo. "Non sono riuscita a dirglielo, ma se mi presti la tua bimba... io lo faccio... giuro" rise ance lei. "Che vordì? Io non te la lascio." Dissi seria. "No, mi devi solo invitare a cena con Ermal... Al resto ci penso io..." rispose seria. "Tu me sa che non hai chiaro il concetto d'intimità" risi. "Dai, ti prego... il piano è questo... mi lasci Charlotte e te ne vai in bagno o in camera da letto, Fabrizio se mette a fa qualcosa... e io glielo dico... ti supplico" rise di nuovo. "Perchè tutta io la gente disturbata... vabbè... vuoi venì stasera?" Chiesi alzando gli occhi al cielo, Fabrizio scosse la testa ed io alzai la mano per dirgli di aspettare. "Sì, mi farebbe molto piacere venire a cena da te stasera, ti chiamo più tardi per l'ora ok?" Chiese. "Fa come se stessi a casa tua insomma..." risi attaccando. "No, oh... dai... che vole?" Fabrizio incrociò le braccia trattenendo un sorriso. "Le serve Charlotte... storia lunghissima. Allora? Chiamo mio padre per la spesa?" Chiesi seria. "Sì, per forza... è l'unico modo per rimanere un po' solo con voi" rispose lui scrollando le spalle. Uscì dall'ascensore seguito da me. "Perchè le serve?" Chiese infastidito. "Deve dire a Ermal una cosa" risposi aprendo la porta di casa. "Non glielo può dire a casa sua? Sono due parole... sono incinta... non è difficile... provaci a dirlo tu..." rise. "Ah, io non l'ho detto" risposi ridendo, "non ti sei aiutata con nessun figlio d'altri però..." rispose lui. "Che c'è?" Chiesi tirando le chiavi sul mobile all'entrata. "C'è che è mia e tua... e io ce l'ho avuta al massimo tre ore complessive per me. Non la voglio condividere con nessuno che non sia tu" rispose serio. "Ti giuro che dopo stasera spengo il telefono." Dissi abbracciandolo. "Mi vado a fare una doccia..." gli lasciai un bacio sulla spalla andando in bagno.

Un amore è reale quando torna. -Fabrizio Moro-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora