Sei umana.

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Un frammento di pensiero balenò nella mia mente in una mattina assolata di giugno. "Fabrì... ma la luna di miele?" Chiesi girandomi verso di lui che stava staccando le tende dalle finestre. "Ottobre?" Chiese lanciandole sul letto. "Fa... ma queste non le portiamo di là..." erano rovinate dal tempo. "Mettiamole nei scatoloni... male che va, le buttiamo quando siamo lì no?" Chiese tranquillo. "Va bene." Accettai andando ad infilarle in lavatrice.

"Vedi cosa vuoi tenere e cosa no..." Fabrizio indicò gli oggetti sui mobili. "Vedi tu... ma io non terrei nulla che non abbia un valore." Risposi scrollando le spalle. "Cosa terresti?" Chiese posando sul tavolo la carta per imballare. "Tutto. Per dirti, nella mia vecchia stanza nell'appartamento con Maya, ho ancora la rosa che mi hai regalato tu quando siamo andati al Rainbow." Risposi tenendo lo sguardo fisso sui scatoloni. "Ancora c'hai quella rosa?" Sorrise compiaciuto. "Sì, ormai è secca e i petali sono caduti. Li ho infilati nei libri che leggevo, quando trovavo frasi che mi facevano pensare a te." Evitai ancora di più il suo sguardo. "Perchè ti nascondi?" Chiese dolcemente alzandomi il mento per avere il mio sguardo. "Mi imbarazza dirti queste cose... lo sai." Risposi spostando lo sguardo di nuovo. "Co' me te imbarazzi? Andamo bene..." Rise passandomi i scatoloni che erano a terra. "Fà..." Lo chiamai quasi implorandolo, lui si girò a guardarmi come a farmi cenno che mi stesse ascoltando. Rimasi in silenzio a guardarlo farmi cenno di parlare. "No, niente." Mi girai iniziando a chiudere gli oggetti nella carta. "Quanto cazzo mi hai da fastidio quando mi chiami e non parli... mo devo sta tutto il giorno co' la curiosità de che volevi di'" Borbottò. "Non fare il brontolone... volevo solo dirti qualcosa che già sai." Gli posai le mani sui fianchi mentre svuotava il mobile del salone. "Cosa?" Chiese passando un braccio intorno alle mie spalle. "Che non so che cosa farei, se non ci fossi tu." Sussurrai sorridendo. "A chi lo dici..." Mi baciò i capelli tornando a dedicarsi ai nostri amati scatoloni.

"Charlotte..." "Vado io. Se ti va continua, sennò faccio io." Fabrizio mi lasciò un bacio andando in camera da letto da Charlotte, disperata, ci stava chiamando. Continuai a chiudere tutto sentendo Fabrizio parlare con la piccola. "Nì, so finiti i pannolini?" Chiese venendo da me con Charlotte fra le braccia. "Stanno in camera sua, però sì... li dobbiamo andare a ricomprare." Risposi girandomi fra le mani la nostra bomboniera del matrimonio. Due mani intrecciate che sembravano due corpi. "Ok. Dopo vado, tanto devo passare da Romina." "Un altro Fà?" Chiesi ridendo. "Sì." Rispose ridendo mentre se ne andava. "Senti, ma domani ti va di..." Tornò indietro fermandosi davanti a me che stavo mettendo via le foto del matrimonio. "Che?" Chiesi fissandolo. "Devi finì le frasi, mannaggia alla miseria." Borbottai. "Senti chi parla. No, chiedevo se ti andava di andare al mare. Sentiamo anche..." "Sì. Va benissimo." Non lo lasciai neanche finire. Il sole e il mare con loro due. Non avrei potuto chiedere di meglio. "Daje. Vado a fare il mammo. Torno subito." Rise portando via Charlotte. "Quanto è deficiente. Quanto?" Chiesi sedendomi sul divano per chiudere la scatola con lo scotch. Ammetto che c'era un velo di curiosità nel vedere le foto del matrimonio. Però, avevamo detto di aprirle nella nuova casa, nel momento in cui le avremmo dovute appendere. L'album era già chiuso in una delle altre scatole all'ingresso. E gli altri l'avevano i parenti.

"Allora, vado. Che ti serve?" Chiese sbloccando il cellulare. "I pannolini, prendi anche la crema e tutto quanto... e se ti va puoi fare la spesa? O sennò quando torni, mi faccio trovare pronta e andiamo insieme... magari al centro commerciale. Eh?" Chiesi chiudendo l'ultimo scatolone. Sembrava una casa vuota. "Fatti trovare pronta. Non voglio che rimani a casa tutto il giorno. Ti scrivo quando ho fatto." Mi baciò. "Salutami Romina." Lo baciai anche io guardandolo andare via.

La vita casalinga decisamente la odiavo. Mi ritrovai a stendere le tende, i vestiti e a stirare i panni. Guardai a lungo le tutine di Charlotte, con un moto di tenerezza e con la voglia di buttarle tutte per non stirarle. Optai per il risparmio chiamando Benedetta. "Bene... salvami." Parlai senza darle tempo di rispondere. "Che è successo?" Chiese ridendo. "Come si stirano st'aggeggi del demonio?" Chiesi ridendo anche io. "Che?" La sua voce sembrava un misto divertita-intenerita. "Le tute di Charlotte. Non so proprio dove mettermi le mani. Le sto per buttare." Mi lamentai. "Non fare così..." Rise. "Bene... non sai il disagio." Risposi fingendomi disperata. "Senti, prendi qualcosa di seta." Era divertita, ed io l'avrei strozzata. "Non c'ho niente de seta." Borbottai. "Fabrizio?" Chiese tranquilla. "Non ho niente io de seta, ce la po' avè Fabrizio?" Chiesi ridendo. "Che ne so, una camicia?" Chiese lei. "Aspetta. Ho trovato." Andai in camera da letto prendendo il mio vestito. Se si fosse rovinato, sarebbe stato certamente un peccato, ma avrei salvato quantomeno i vestiti di mia figlia. "Ok. Ci sono." Tornai alle tutine. "Metti il panno di seta sopra la tutina. E stira solo le piegette delle mollette. Poi piegale e hai finito." Rispose tranquilla. "Però la prossima volta, non le stendere, mettile su una stampella o stese sullo stendino." Consigliò. "Quanto si prende quella che lo fa a papà?" Chiesi seria. "Ma falla finita. Non eri tu quella tutta precisina che stirava tutto?" Chiese ridendo. "Sì. Però... sono troppo stressata. Stai a presso alla bambina, il trasloco, e pulisci tutta casa... e Fabrizio che sembra mettercela tutta per aiutarmi ma c'ha pure lui le cose da fa... e la scuola di danza..." "Perchè non stacchi un attimo? Vuoi che ti vengo ad aiutare?" Chiese tranquilla. "No, tranquilla. Sto gestendo tutto magnificamente. Charlotte dorme. Ho chiuso tutti i scatoloni e sto praticamente grondando dal caldo." Stirai le tutine tenendo il cellulare fra la spalla e l'orecchio. "Kira? Come sta?" Chiesi guardando Charlotte che si muoveva nella culla. "Sta bene, corre e gioca con gli animali..." "...Mi manca..." "Lo so, appena puoi la riporti da te... però con la piccola..." "Lo so..." "Maya?" Chiese lei. "L'ho vista ieri, sono andata a prendere tutte le mie cose... La sta comprando lei casa... Sta bene, la pancia cresce e o stasera o domani, raggiunge Ermal in tour." Risposi mettendo via l'asse da stiro. "Voi siete matte... li seguite ovunque." Rise. "Mi sembra ovvio..." Risi anche io. "Mi stai crescendo una zingarella..." Scherzò. "Beh? Le faccio esplorare l'italia con la speranza che quando sarà più grande esplori con il suo papà anche l'estero." Risposi accennando un sorriso. "Che fa la piccolina? Da tantissimo tempo non la vedo." "Ah, sì... da tipo una settimana?" Chiesi ridendo. "Eh... è tantissimo." "Volete venire a cena domani sera? Però c'ho casa che è uno schifo..." "Capirai, che ce frega... noi veniamo per te. Comunque tua sorella ha scritto su instagram a un certo Filippo... e mo si stanno sentendo." Spettegolò. "Filippo chi?" Chiesi confusa. "Ma che ne so, dice che Fabrizio lo conosce... A quella se non so biondi non je piacciono. A te se non so mori... anzi, se non è MORO." Scherzò. "Biondo... Filippo... Bho, no... non me dice niente..." Andai nello studio di Fabrizio per svuotare il secchio dalle cartacce. "Ah, aspetta... ha fatto xfact...no... amici... no... sì... Amici... sì..." "Ao, no o sì?" Risi. "Amici, ha fatto amici." Rispose convinta. "Ah, ma che è Irama?" Chiesi seria. "Eh, brava." Rispose convinta. "Sì, c'ha duettato Fabrizio... dice che è bravo, me sembra abbia fatto pure Sanremo co Ermal... bho... vabbè comunque Aurora se deve da una calmata... 'na settimana fa m'ha scritto se je presentavo Niccolò... mo questo... che c'ha?" Chiesi svuotando il cestino nel secchio in cucina. "Ha bisogno di una figura maschile al fianco, Nicole..." "Bisogno? Caso mai quello è un completamento. C'ha un figlio, si concentrasse su quello." Risposi andando in bagno. "Ma questa è una cosa che pensi tu, lei magari ha bisogno di qualcuno che la faccia sentire donna, no?" Chiese comprensiva. "Ci sono almeno un milione di altri modi per sentirsi donna..." Farfugliai riempiendo il secchio per lavare a terra. "Nì, ma perchè non te fermi un attimo? T'ho sentito fa trecento cose diverse." Rise. "Infatti. Non posso fermarmi, ho trecent..." "Oh, ce l'hai un marito? Perchè non glielo chiedi a lui di aiutarti?" "Perchè ce la faccio da sola..." Risposi acida. "Lo so, ma non te danno nè coppe, nè medaglie, fatte aiutà." Rispose preoccupata. "Ce la faccio." Garantii. "Nì..." "Bene. Tranquilla. Ora vado che devo farmi la doccia... Ti chiamo più tardi." "Va bene, amore." Rispose gioviale. "Come mi hai chiamata?" Chiesi sorridendo. "Amore. Sei mia figlia, non importa se non ti ho partorita. Ti ho cresciuta come fossi mia figlia, e ti amo come fossi mia figlia." La sua voce dolce mi fece cadere una lacrima. "Sei la mamma migliore del mondo. Sappilo." Risposi trattenendo le lacrime. "Nicole..." mi chiamò. "Dimmi." Risposi asciugandomi gli occhi con la mano libera. "L'ho sempre sognata una figlia come te, e sono fiera di come sei diventata." Calò il silenzio. Le lacrime scesero con vigore sul mio viso. "Devo andare. Ti voglio un mondo di bene." Attaccai senza ascoltare la risposta. Ero fatta così, se qualcuno mi esprimeva le proprie emozioni, mi chiudevo a riccio.

Un amore è reale quando torna. -Fabrizio Moro-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora