Sto Un Passo Avanti A Ogni Tua Mossa

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“Ermal” Fabrizio rispose al telefono, “no, sto con Nicole da una sua amica. Ti mando la posizione.” Disse scostandosi il telefono dall'orecchio. “Sì, ti aspetto… eh… dai… ciao” Fabrizio attaccò. “A che ora ci vediamo per stasera?” chiese spostandomi i capelli dal volto. “l'ultima lezione oggi finisce alle sette e mezza. Io fra un po’ torno a casa, mi faccio accompagnare da Maya e prendo il cambio. Tu prendi la mia macchina e vieni a prendermi” dissi riprendendo l'uso delle mani. “Va bene” mi baciò delicatamente. “Mmmh, scusate… cerco Fabrizio” Ermal entrò lentamente nel negozio. Mi sporsi. Avevo lavorato con lui moltissime volte. Eravamo anche molto amici. “Ermal” corsi ad abbracciarlo, lui mi guardò stupito abbracciandomi. “È lei? La tua Nicole è lei?” chiese a Fabrizio, lui annuì avvicinandosi per salutarlo. “non sai quanto sono contento” mi scompigliò i capelli sorridendo. “Sta attento a lui, controllamelo” scherzai. “Sarà fatto” scherzò anche lui. “Ceniamo insieme un giorno di questi?” chiese sorridendo, “certo” risposi sorridendo di nuovo. Maya si avvicinò a me, “Ermal” si presentò sfacciato. “Maya” rispose timidamente. “Dai, muoviti” Fabrizio rise, “lascia fa’” risposi prendendogli la mano. Lui sorrise dandomi un bacio lento.
“Vabbè, quando avete finito di pomiciare, noi andiamo” Ermal rise, feci il dito medio sulla spalla di Fabrizio staccandomi. “Stai attento” sussurrai. “Ti chiamo più tardi” rispose salutando le ragazze. Ermal ci salutò uscendo.

“Allora? Racconta un po’, come glielo hai detto?” chiese Maya sedendosi di nuovo. “Avevo tremila opsioni. Una era fargli tutto un discorso… un’altra invece dargli il test e fargli il discorso, altre più articolate… c'ho pensato tutto il tempo” risposi sedendomi anche io. “Alla fine? Quale hai usato?” chiese Federica, “regà, forse è stato perché l’ho visto pieno di sangue e mi sono spaventata, o forse è stato guardarlo negli occhi… ma non ho detto nulla, stavo disinfettando le ferite e gli ho preso la mano mettendola sulla pancia. Lui ha capito subito. Era emozionato. Però avrei voluto dirlo in altri modi… Mi sono proprio bloccata. Boh. Però abbiamo litigato ieri sera. E non so cosa mi è preso. Ho cominciato a chiedermi se fosse il momento giusto… non voglio che mio figlio o figlia cresca con genitori separati” parlai a ruota libera. “Nicole, credimi. Non ho mai visto una persona più presa di lui con te. E tu sei cambiata. Non dimostravi mai affetto, eri sempre distante… ma lui lo sa che…” Federica si bloccò. “Che non ho mai fatto niente con nessun altro?” chiesi spostandomi i capelli da un lato. “beh, sì che non sei mai andata oltre i preliminari” rispose fissandomi. “No. Non lo deve neanche sapere. Già dice che non è giusto che abbia una persona così piccola al suo fianco… gli dico pure che non so’ mai stata con nessuno mi da un calcio in culo” risposi guardandole entrambe. “Scusa eh, ma Andrea quando andavi a dormire da lui… che faceva se tu oltre non andavi?” chiese Maya curiosa. “Rimaneva fuori” risposi mimando con le mani una strofinata. “Per me dovresti dirglielo. Sai che orgoglio sarebbe per lui?” chiese Maya. “Ma mica c’ha dieci anni che si sente compiaciuto se è il primo.” Risposi sedendomi meglio. “Nicole, tesoro. Non si tratta di questo. Io se fossi un uomo, e avessi una donna al mio fianco, sarei orgoglioso di essere l’unico ad aver sondato quel terreno” rispose Maya. “Cercherò di capire” risposi annuendo. “Fra due mesi è il compleanno di tua sorella” Federica sorrise. “Sì, infatti volevo chiederti se mi aiuti… o le lascio pagato un po’ di trattamenti o le faccio il buono o l’accompagno e pago io” risposi. “Ti do il buono. Che vuoi fargli fare?” chiese prendendo un foglio. “Semipermanente con manicure, cera ovunque, e qualcosa al viso, dato che si dovrà truccare” risposi alzandomi. “Va bene, allora facciamo così. Ti faccio il buono da 100 dammi 50” sussurrò andando alla cassa. “Allora, il buono” lo prese. “Ti devo pagare anche la cera e le mani” dissi prendendo la carta. “Ha già fatto” Cristina apparve dietro a Federica. “Chi?” chiesi tirandomi su i pantaloni. “Fabrizio” rispose sorridendo. “Ah” risposi stupita. “Questo è il buono” Mi porse il bigliettino. “Senti, prendi subito appuntamento. Blocca i trattamenti che ti ho detto. Per il 5 novembre” dissi infilandomi il laccio dentro lo stivale. “Alle dieci? Appena apro?” chiese guardando l’agenda. “Sì, semmai la faccio dormire da me” risposi. “Ovviamente alla festa venite pure voi” dissi guardandole. “Dobbiamo fare le principesse anche noi?” chiese Maya prendendomi in giro. “No, sarà figo mettere un po’ di scompiglio” risposi ridendo. “Fede, ci sentiamo. Andiamo?” guardai Maya, lei annuì. “Nì, tienici aggiornate” disse dandomi un bacio sulla guancia. “Va bene” risposi aprendo la porta. “Ciao” salutai uscendo seguita da Maya.
“Ti va di andare a fare shopping?” chiese Maya, “sì” risposi salendo in macchina.
Il centro commerciale sembrava deserto. Ero felice di passare una giornata con lei. Sì, è vero. È invadente e delle volte un po’ ossessiva. Però è l’unica che nonostante tutto non è mai cambiata. È sempre rimasta lei. Prima di sapere la mia storia e dopo. Federica sì, anche lei non mi hai mai giudicata. Però dopo aver saputo come sono cresciuta, ha cominciato a guardarmi con occhi diversi. Smettendo di parlarmi come prima. Eppure, io sono sempre io. “Maya, guarda” indicai un negozio, “ci sei appena stata” disse ridendo. “No, guarda dentro” la bloccai. “È Francesco” disse, “cacchio Maya, sta mano nella mani con un ragazzo” la spostai per farle vedere bene. “Dai ammettilo, fa ridere che Fabrizio sia geloso di un gay” rise. “Il punto è che i suoi genitori non lo sanno. L’ambiente dei nostri genitori è praticamente orribile. Non è permessa eccezione. Hai la vita programmata. Nasci. Cresci. Studi. Ti laurei. Lavori. Ti sposi. Figli. Nipoti. Muori” dissi seria. “Nicole, magari lo sanno ma non vogliono farlo sapere” rispose lei continuando a guardare. “Maya, non capisci? Nelle famiglie come le mie, le problematiche o le annienti o le accentui.” Risposi guardandomi intorno. “Nicole, non sto afferrando dove sia il problema” rispose fissandomi. “Maya, sono stata trattata come una disadattata sociale per una vita. Francesco è ancora è nel giro. Vuol dire che scoppierà un casino se lo scoprirà qualcuno. Lui sarà tagliato fuori da tutto.” Ero preoccupata. “Nicole, non capisco tutto questo casino. Ama un uomo e quindi?” chiese confusa, “quale passaggio non hai capito tra lavori e muori?” chiesi incrociando le braccia. “Per me non c’è problema, anzi. Per quel mondo c’è. Hai presente i contadini con le vacche? Così fanno. Ti fanno crescere super ovattato per poi mangiarti appena commetti il misero sbaglio inevitabile di crescere” ripresi a camminare. “Dio, Nicole. Devi odiare proprio tanto le tue origini” rise camminando al mio fianco. “Tu credi?” chiesi ridendo anche io. Lei sorrise. Era felice anche lei. Era tanto. Forse troppo che non ci concedevamo una giornata per noi. “Stasera come lo dirai a tuo padre?” chiese. Adoravo quando la sua curiosità spezzava il silenzio. “Con tutta la naturalezza del mondo. Non mi spaventa certo dirgli che avrò un figlio” risposi fingendomi sicura. “Sbruffona” Maya mi spinse ridendo. “No, seriamente. Non lo so, ho il terrore. Mio padre è un soggetto labile.” sbuffai. “Fabri?” chiese prendendo le scale mobili per tornare alla macchina. “È contento. Ma già ne parlavamo di questo. Lui ha un forte senso di paternità… Vive praticamente per i suoi figli.” Risposi poggiando un piede sullo scalino più basso. “Cosa darei per vedervi soli… già vi vedo, sul divano abbracciati in silenzio a guardare un film in televisione” disse sognante. “Ad avere tempo…” risposi guardando il cellulare. “Giustamente, lo impiegate in altri modi” rise camminando verso la macchina. “Dove pranziamo?” chiese aprendola. “Da me?” chiesi salendo. “D’accordo”.

“Non ti spaventare, ma non ho avuto proprio la facoltà di sistemare” dissi aprendo la porta. Una visione bellissima si spalancò davanti a noi. Fabrizio sul divano con una penna tra le labbra, un foglio sul tavolino e la chitarra fra le mani. Ermal era seduto sulla poltrona a gambe divaricate. “Se vi ser…” feci per tornare indietro, “sei matta? Entra. Che ti sei comprata?” Fabrizio posò la penna sul foglio guardandomi. “Un po’ di cose” scrollai le spalle posando le buste a terra. “Che volete per pranzo?” chiesi entrando in cucina. “Aglio, olio e peperoncino?” chiese Maya sedendosi sul divano affianco a Fab. “va bene” risposero gli uomini in coro. “Ok” risposi dalla cucina. Misi a bollire l’acqua tornando in salone. “Col sorriso di un... No… col sorriso di… no neanche così…” cantò sulla base della chitarra. Posai i gomiti sullo schienale del divano. “Col sorriso di un… no” canticchiò. “A me piace così” gli posai un bacio sulla guancia. Lui sorrise allungando una mano sulla mia guancia. Gli posai una mano sulla spalla accarezzandolo. “Prendiamoci una pausa” Fabrizio posò la chitarra sul tavolino. “Puoi apparecchiare?” sussurrai al suo orecchio. Lui annuì. Tornai in cucina. Cucinai canticchiando, mentre di là Ermal e Maya parlottavano. Si sentiva ridere forte. Sperai che stesse nascendo qualcosa tra di loro. “Amore” due mani si posarono sulla mia pancia stringendomi da dietro. “ei” risposi accarezzandole. “Come mai alla fine sei venuto a casa?” chiesi porgendogli le presine per scolare la pasta. “Perché dovevo andare in studio. Ma c’era troppo traffico. Tu? Che fai a casa?’ chiese rigirando la pasta nell’olio. “Volevamo mangiare qui… ti ho comprato un regalo” dissi andando a prendere una busta. “No, Nicole” lui scosse la testa vedendomi tornare. “Che cos’è?” chiese aprendola. Era una busta piena di vestiti che mi ero divertita a prendergli. “Tu sei matta” mi baciò sorridendo.
“È pronto” annunciai portando i piatti a tavola. Fabrizio mi seguì con altri due piatti. “Questo è tuo” lo posò davanti a me. Era un triste piatto di pasta in bianco. “Serio?” chiesi alzando un sopracciglio. “Ovvio” rispose sedendosi. Maya e Ermal erano immersi in una conversazione accesa. Il tempo sembrò volare. Presi il cambio mettendolo nella borsa da palestra. “Mmh, amore…” Fabrizio mi seguì in bagno. “dimmi”  risposi afferrando i trucchi. “Ermal dormirà da noi per un po’, ti crea problemi?” chiese posando la spalla sullo stipite della porta. “Ti pare?” chiesi mettendo il deodorante e il profumo nella borsa. “Perfetto. Allora stai andando via?” mi guardò con un’aria strana. Come se non volesse. “Che c’è?” chiesi posando la fronte sul suo petto. “Niente” rispose lasciandomi un bacio sui capelli. “Fingerò che ti credo” risposi allontanandomi da lui per prendere le ultime cose. Camminai per il corridoio. “Nicole” mi chiamò con voce roca. Mi girai. “Oh” lo guardai preoccupata. “Stai attenta. Ti prego” sussurrò abbracciandomi. “Amo, non credo di riuscire ad andare a lavoro se mi stringi” risposi ridendo. Mi lasciò andare rimanendo serio. Chiusi la porta alle spalle di Maya con il pensiero fisso di quello sguardo preoccupato.

“Mi ha chiesto di uscire a cena con lui stasera”  Maya non ce la faceva a tenerselo per molto. “Giura? Ermal è un bravo ragazzo… però è un furbetto. Non farti fregare” dissi salendo in macchina. “Tipo?” chiese guardandomi. “Gli piacciono le donne in generale. Potresti star interpretando male. Magari vuole solo provare ad averti per una notte” dissi scrollando le spalle. “Già. È così difficile che qualcuno si innamori di me” rispose nervosa. “Non sto dicendo questo”  risposi tranquilla. “Sì invece, e lo fai sempre! Lo fai da sempre! Qual è il problema?” urlò. “Maya, calmati! Te lo dico perché lo conosco! Non perché sei tu!” risposi.

Un amore è reale quando torna. -Fabrizio Moro-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora