"Che cosa avete fatto?" la voce di Usui Chi risuonò nell'ambiente con la stessa imponenza del ruggito di un drago. "Come avete potuto commettere un peccato tanto grave?"

Asano Hideaki, l'Imperatore, non sembrava essere minimamente toccato dal tono accusatorio della Shinigami Nobile, né tanto meno dallo sguardo astioso degli Atobe. "Un peccato? Io non lo riterrei tale."

"Blasfemia vi sembra forse più appropriato?" sibilò Kimimura, alzandosi dal cuscino. "Avete idea di cosa potrebbe accadere se gli Shinigami sapessero ciò che avete fatto?"

"Ne resterebbero meravigliati." rispose Moe, guardando il suo sovrano con un sorriso serpeggiante sulle labbra vermiglie. "Come lo sono io, Kōtei. Se prima avevo dubbi sulla vostra posizione, ora, questi si sono volatilizzati."

Aoi annuì a quelle parole, prima di sollevarsi dal suo cuscino e sorpassare il basso tavolino per prostrarsi davanti il suo nuovo Imperatore, sotto lo sguardo attonito dei presenti. Moe lo raggiunse con calma, le gonne del suo Kimono frusciavano al vento, aprendosi ai lati delle gambe fasciate da aderenti pantaloni.

"Cosa state facendo?" domandò nervosamente Atobe Miwa. "Non vorrete davvero schierarvi dalla sua parte."

"Invece è così, Miwa-sama." rispose Aoi, mellifluo. "Vedete, voi Atobe, così come gli Usui, avete sempre avuto un grande problema: non siete mai stati aperti al progresso. Avete paura di venire schiacciati, dimenticati da questo sovrano che sta dimostrando il suo valore e il suo onore."

Chi rise di sdegno, aprendo il ventaglio in un gesto di pura indignazione. "Non siete nella posizione di parlare, Aoi, visti trascorsi della vostra famiglia che di Nobile non ha proprio niente. Vi siete scavati da soli la strada verso il fango e, adesso, pensate forse di poter sfruttare il favore dell'Imperatore?"

"E sarebbe un male?" chiese Moe, congiungendo le mani davanti il petto. Chinò il capo e dalla sua acconciatura provenne un celestiale suono di campanelle, dato dalla presenza dei molteplici fermagli blu. "Il Clan Daiki è dalla vostra parte, Denka-sama. Vi prometto che avrete tutto il mio sostegno e il mio esercito, in caso ce ne fosse bisogno."

Quella provocazione, pronunciata con veleno, portò gli Usui e gli Atobe a irrigidirsi. Persino Kyoden lo aveva fatto sotto lo sguardo confuso di Mei, ancora ignara della strada intrapresa dal marito.

"Anche io sono della stessa opinione." asserì Aoi, inchinandosi in un turbinio di seta celeste. Yori e Shiori lo osservarono da lontano, deluse dalla decisione annunciata. "Asano Hideaki avrà il mio sostegno e quello del mio clan. Vi appoggeremo, Kōtei, in tutto e per tutto."

L'Imperatore sorrise, già più tranquillo. Aveva sperato di avere almeno due famiglie Nobili dalla sua, in modo da poter contrastare la minaccia degli Atobe fattasi ancora più reale. Non aveva ancora finito, però, restava Chi da interrogare.

L'anziana Shinigami teneva i suoi occhi puntati su Miyoko Azama, che, immobile come una statua, si permetteva di guardarsi intorno, scrutando i volti di ogni singolo uomo e donna, senza farlo davvero. Il suo viso, bianco come neve, era però inespressivo e dalle sue vesti proveniva un odore di glicine quasi nauseante.

Non era che un fantoccio che avrebbe eseguito ogni ordine dell'Imperatore. Una macchina da guerra, un'arma di morte, potente e pericolosa, con cui nessuno avrebbe voluto avere a che fare.

"Chi-sama." la chiamò Hideaki. "Mi piacerebbe conoscere il vostro esito."

La donna lo guardò con serietà, ma poi i suoi occhi guizzarono sulla figura di Kyoden. "Prima di parlare, vorrei sapere cosa ne pensa lo Shinigami Reale riguardo questa situazione."

L'uomo osservò il viso di Mei, inquieto, le espressioni nervose di Nobu e Ryo e quella confusa di Kosaki. Tutti parevano attendere la sua risposta, solo lui avrebbe voluto restare zitto e tenersi alla larga dai guai. "Preferirei evitare di esporre i miei pensieri."

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝑅𝑖𝑠𝑣𝑒𝑔𝑙𝑖𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora