𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝒹𝓊𝑒, 𝒹𝒶𝓇𝑒 𝑒 𝓇𝒾𝒸𝑒𝓋𝑒𝓇𝑒
Minho cercò in tutti i modi di ricordare come fosse finito in quel posto troppo bianco per i suoi occhi e troppo noioso per la sua persona, non riuscendoci. Nella sua mente apparivano solo tante immagini, una dopo l'altra, sfocate e confuse tra di loro, facendogli venire solo ulteriormente mal di testa. Quest'ultima era fasciata, come gran parte del suo corpo. Minho lo guardò con un nodo in gola e non riuscì a non pensare a come fosse bravo a muoverlo in sintonia con la musica, a creare storie piene di emozioni senza necessariamente usare parole, a come gli faceva provare quella sensazione di toccare il cielo con un dito, di fluttuare in mezzo alle stelle e nell'universo, di come lo facesse sentire invincibile, e infine di come non avrebbe più potuto farlo. Era in un periodo più buio della sua vita, quando quella passione fece capolino. Con le mani in tasca e lo sguardo verso l'asfalto Minho camminava assorto nella grossa piazza del suo paese, usando la scusa dell'uscire per distrarsi un po' dai suoi pensieri ma alla fine si stava tormentando il doppio. Le voci che lo circondavano erano assai rumorose, ma non abbastanza da superare tutto quel chiasso che aveva nella sua testa, che proprio in quel momento lo stava facendo impazzire fino a fargli venire la voglia di sbattere quella testa contro il muro, in ripetizione, finché una particolare musica finalmente fece per lui l'impossibile; coprirle, quelle maledette voci. Alzò di scatto la testa, un gruppo di ragazzi era riunito in un punto; alcuni sistemavano gli attrezzi e altri si riscaldavano. Quella piazza era nota per diversi artisti "liberi", come li chiamava lui, nell'esibirsi chi nel canto, chi nel ballo o entrambi. Minho in loro non ci aveva mai trovato nulla di particolare, nulla di emozionante a guardarli e a sentirli. Li considerava solo un gruppo di ragazzi che preferivano di più perdere tempo in quel modo che studiare, o almeno fino a quel giorno. Quella canzone che stavano cantando e ballando quel gruppo era un qualcosa che non aveva mai sentito ma che però ne aveva bisogno; come trovare qualcosa che non pensavi ti servisse fino in quel momento. Gli occhi di Minho erano incantati, le sue orecchie ammaliate, ingorde; volevano ancora e ancora sentire quel ritmo, vedere quei corpi muoversi in perfetta sincronia e armonia. Minho pensò che quello fosse un colpo di fulmine, che averlo portato lì fosse stato il destino, anche se in realtà non ci credeva. Eppure non riuscì a non pensare "sentivo che dovevo uscire, se fossi rimasto a casa avrei perso questo spettacolo incantevole". In quel momento Minho pensò che la vita aveva voluto dargli un'altra possibilità e, quando ritornò al presente, pensò invece che la vita non dava mai qualcosa senza ricevere in cambio. Gli aveva offerto la passione del ballo, l'aveva reso felice per un tempo, e poi glielo aveva tolto. Minho immaginò che la vita gli stesse dicendo di essere di troppo in quel mondo, un peso, e che avrebbe fatto meglio a sparire per sempre.
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minsung; retry
Fanfic민성 Minho odiava il colore bianco, Jisung spazzò via quella sua convinzione.