十八; reflection

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𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝒹𝒾𝒸𝒾𝑜𝓉𝓉𝑜, 𝓇𝒾𝒻𝓁𝑒𝓈𝓈𝑜

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𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝒹𝒾𝒸𝒾𝑜𝓉𝓉𝑜, 𝓇𝒾𝒻𝓁𝑒𝓈𝓈𝑜

Gli occhi di Minho vagavano per tutta quell'area dell'ospedale; era seduto accanto a Jisung sulle sedie blu di quel reparto, dietro di loro le grosse finestre rettangolari, con la luce del sole, illuminavano ulteriormente quelle pareti dipinte di bianco, facendo di tanto in tanto strizzare gli occhi di Minho per il fastidio. Di fronte a loro c'erano due camere, Minho si voltò in direzione di Jisung e notò quest'ultimo guardare fisso verso la camera alla loro destra. Minho si sforzò a vedere chi c'era al suo interno, ma la folla di dottori coprivano la figura. Si limitò a riportare lo sguardo su Jisung; quest'ultimo era davvero conciato male, pensò il moro, e tantissime domande iniziarono a frullargli per la testa. Però Minho non aveva né la voglia e né le forza di chiedere qualcosa, lo sguardo vuoto dell'arancione gli aveva provocato una fitta al petto. Era come guardare se stesso, ricordare tutto il brutto periodo che aveva passato e che stava ancora passando. Stette semplicemente in silenzio, come aveva fatto Jisung con lui, rimanendogli però accanto. Quando i dottori uscirono finalmente dalla camera, Minho poté guardare limpidamente al suo interno; notò una piccola figura femminile sotto le coperte, con tanti tubicini ad ornarle il corpo. Il suo viso però era adulto, sembrava avere una quarantina d'anni e Minho si girò di scatto verso Jisung, che guardava quella donna con le lacrime agli occhi. Quando Jisung all'improvviso disse: «È mia mamma» le ipotesi di Minho furono confermate. Minho non seppe cosa dire, anche in quel caso pensava che il silenzio fosse l'unica soluzione per un imbranato come lui, non capace come Jisung ad usare parole confortanti. Ma ideò che in quel caso il silenzio era l'unica soluzione, da parte sua. Quello che doveva finalmente parlare era Jisung; perché alla fine l'arancione parlava sempre ma in realtà non parlava mai davvero, non parlava di sé e dei suoi problemi, questo aveva capito Minho. «Mi dispiace averti deluso, volevo che non lo scoprissi; che in realtà sono solo un debole. Lei è il motivo per cui mi trovo in questo ospedale» i suoi occhi erano fissi sul vetro della finestra, quella che raffigurava sua madre, una donna dai corti capelli neri, a tratti simile e non al figlio. «Aiuto sempre gli altri perché è l'unica cosa che so fare. Piuttosto che risolvere i miei problemi preferisco risolvere quelli degli altri, sono solo un codardo» Minho rimase per alcuni secondi, immobile, a fissarlo; si stava specchiando in quel gracile ragazzo dai capelli arancioni, in quel momento disordinati, e una piccola lacrima non riuscì a trattenerla. «Invece sei la persona più forte e coraggiosa che abbia mai incontrato, Jisung» doveva ammettere che non sapeva se quelle parole erano rivolte più a Jisung o a se stesso, per magari darsi forza, un po' come quando ti ritrovi da solo davanti allo specchio; così si sentiva Minho in quel momento. Jisung era il suo riflesso e allo stesso tempo un'immagine distorta della sua persona, un suo simile e opposto. L'arancione sgranò sorpreso gli occhi a quelle parole e a quella lacrima, però non poté rispondere a causa di un dottore essergli avvicinato. Era successo tutto velocemente; Minho con quell'impulso che oramai non faceva capolino da parecchio, diresse la sua mano in direzione di quella di Jisung, stringendola poi forte.

minsung; retryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora