二十三; dandelion

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𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝓋𝑒𝓃𝓉𝒾𝓉𝓇𝑒́, 𝒹𝑒𝓃𝓉𝑒 𝒹𝒾 𝓁𝑒𝑜𝓃𝑒

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𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝓋𝑒𝓃𝓉𝒾𝓉𝓇𝑒́, 𝒹𝑒𝓃𝓉𝑒 𝒹𝒾 𝓁𝑒𝑜𝓃𝑒

E nel momento in cui la piccola figura dell'anziana fioraia diede il mazzo di fiori nelle mani di Jisung, quest'ultimo sorrise; un sorriso sincero, reale, di quelli che non faceva da oramai un lunghissimo tempo. Annusò i loti, i fiori preferiti di sua mamma, facendosi travolgere dal loro dolce profumo. Il significato di quei fiori era "ammirazione" e anche per questo, Jisung, aveva preso quei fiori alla sua mamma. Voleva farle sapere che l'ammirava davvero tanto, anche se non glielo diceva spesso. Jisung voleva farsi perdonare per tutto quello che le aveva fatto, ora che le cose stavano andando finalmente un po' meglio. Non voleva più sprecare tempo e recuperarne tutto quello perduto. Proprio quando spuntò il sole, l'alta figura del dottore comparve sulla soglia della camera di Jisung e di sua mamma, spaventando l'arancione nel suo letto. E in quel momento finalmente si insinuò felicità nel petto di Jisung, quando il dottore pronunciò le parole "la signora Han ha delle possibilità di guarigione". Ritornò nel presente, a guardare quei fiori con gioia e speranza, che era ritornata nel suo cuore. Pensava che alla fine l'equilibrio si stava stabilendo, scendendo verso il bene e non restando solo verso il male. Un po' e un po', Jisung lo sapeva. Sapeva che se oggi era felice domani sarebbe stato poi di nuovo male, e da una parte era anche giusto così, per mantenere un equilibrio. Jisung al futuro non voleva più pensarci, non voleva commettere lo stesso errore due volte; avrebbe vissuto attimo per attimo, stando questa volta accanto alla sua mamma. Quando ritornò all'ospedale, nella sua camera, la minuta figura di sua madre si trovava affacciata alla finestra. Jisung rimase immobile e in silenzio per un paio di secondi, godendosi quella scena; non vedeva sua madre in piedi erano mesi, quasi pianse di gioia. «Buongiorno mamma» a Jisung tremò leggermente la voce quando disse quelle parole, la signora Han si girò di scatto, sorridendo poi luminosamente come era solito fare suo figlio. «Buongiorno Jisungie» Jisung si inebriò anche della sua voce; da quanto tempo non la sentiva rispondere ad un suo buongiorno? Troppo tempo, pensò l'arancione. Avanzò di alcuni passi, i fiori che nascondeva dietro la schiena li mostrò di scatto a sua madre, facendola sussultare per la sorpresa. «Mi sei mancata tanto» nessuno dei due disse più niente, non ce n'era bisogno; i loro occhi lucidi stavano parlando, chi di chi si sentiva in colpa e di chi aveva lesto perdonato. Si avvicinarono all'unisono, la mamma strinse forte suo figlio tra le sue braccia; era un calore che entrambi avevano sentito la mancanza, in quel preciso momento si sentivano a casa, curati da ogni male, perché non c'era miglior rifugio di quello delle braccia di un proprio genitore, pensava sempre Jisung. L'unica persona di cui si fidava era lei. «Ricorda sempre che la mia felicità è la tua, hm?» la mamma accarezzò il suo viso delicato, aveva lo sguardo di chi aveva capito tutto e Jisung per un attimo si sentì mancare il respiro. Era incredibile come ogni volta la sua mamma era capace di leggergli nel pensiero. «Sono felice solo se tu stai bene, mamma» e la minuta figura gli sorrise dolcemente e allo stesso tempo era triste, come se si sentisse il colpa. Il suo sguardo si spostò di scatto verso un'altra direzione; Jisung la seguì. «È il tuo amico dell'altra volta?» il cuore di Jisung iniziò a battere un po' più velocemente. «E tu come fai a saperlo?» Jisung era abbastanza sorpreso, quando aveva visto Minho? Pensò. «Avevo gli occhi chiusi mica le orecchie!» entrambi risero leggermente, quasi come se fossero tornati indietro nel tempo, a quando tutto era più sopportabile. Il cuore di Jisung esplose di gioia, perché quei semplici ma bei momenti per lui, insieme a sua mamma, gli erano mancati tantissimo. «Il mio dolce bambino dal cuore d'oro, sono sicura che aiuterai quel ragazzo. Sono così fiera di te» e nel sentirle dire quelle parole, Jisung voltò di scatto lo sguardo nella direzione di Minho; quest'ultimo non l'aveva notato, si stava avviando verso la strada che portava nella sala di riabilitazione. Jisung sorrise d'impulso; Minho, che all'inizio non ne voleva sapere di andare in quella sala, adesso ci stava andando. Stava finalmente combattendo e Jisung non poteva non esserne felice. Più lo guardava e più gli sembrava di ammirare un dente di leone: un fiore capace di sopravvivere anche alle avversità, uno fiore di fiducia e speranza. Jisung si avviò di scatto alla sua cattedra, prese un foglio e su di esso scrisse il titolo "al mio amato dente di leone".  

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