结语; reemerge

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𝑒𝓅𝒾𝓁𝑜𝑔𝑜, 𝓇𝒾𝑒𝓂𝑒𝓇𝑔𝑒𝓇𝑒

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𝑒𝓅𝒾𝓁𝑜𝑔𝑜, 𝓇𝒾𝑒𝓂𝑒𝓇𝑔𝑒𝓇𝑒

La mani gli tremavano, tutto intorno a sé girava. Jisung stava quasi per vomitare ma non gli sembrava il caso, in quella situazione. Decise di fare dei respiri profondi e di esercitarsi con la chitarra, strimpellando le corde. Il ragazzo prima di lui aveva quasi finito e a momenti sarebbe arrivato il suo turno, quasi si pentiva di aver preso quella decisione. Lui che faceva un provino di canto e di chitarra, portando i suoi testi e spartiti? Nemmeno nei suoi sogni più folli questo succedeva, eppure eccolo lì, pronto a mettersi in gioco, pronto a rischiare. Non era mai stato sicuro del suo talento nel canto, non si era mai considerato un grande chitarrista e pensava che i suoi testi non fossero un granché, però osservare quegli artisti di strada dare tutto loro stessi nelle esibizioni, cantare e ballare senza farsi condizionare dal giudizio altrui, senza pensare al numero di persone che li guardavano, liberi come il vento, l'avevano convinto a provare anche lui. Jisung dovette ringraziare ancora una volta Minho, perché era stato lui a portarlo lì. Quel luogo dove Minho voleva portare Jisung una volta usciti dall'ospedale era la piazza vicino casa sua, dove ogni tipo di artista si esibiva allegro e spensierato. Jisung se ne innamorò subito, provò un senso di pace, di tranquillità. Si sentiva a suo agio, si sentiva a casa. Quello era il suo mondo colorato, l'aveva trovato. Decise che doveva provarci anche lui almeno una volta. Ed eccolo lì, seduto ad aspettare il suo turno con le mani e le gambe che gli tremavano. Il ragazzo prima di lui lasciò la stanza, Jisung poté notare sul suo viso un sorriso, ideò che aveva passato il provino. La cosa positiva di questa agenzia era che ti dicevano subito i risultati del tuo provino: avevi passato o non avevi passato. La cosa negativa era che non ti davano il tempo di sperarci, ti gettavano la verità in faccia come una secchiata d'acqua ghiacciata. «Han Jisung» chiamarono il suo nome, Jisung deglutì. Si alzò lentamente per non cadere e fare già una figuraccia, avvicinandosi con la sua chitarra in una mano e i suoi testi e gli spartiti nell'altra. «Cosa ci hai portato?» chiese quello al centro, il più giovane tra i tre. Sembrava una persona gentile, divertente. Guardare il suo viso rilassò Jisung e prese un po' di fiducia in se stesso. Era pronto. «Ho portato i miei testi e i miei spartiti» parlò Jisung con voce un po' tremante, mostrando poi il contenuto. I tre rimasero sorpresi, in positivo, e ciò lo fece sentire più leggero. «Quanti anni hai?» chiese sempre quello in mezzo. «Diciotto» rispose Jisung un po' confuso da quella domanda. «Wow, incredibile! È davvero una rarità trovare ragazzi che a questa età compongono musica e scrivono testi da soli, sono impressionato» quelle parole fecero spuntare un sorriso radioso sul viso di Jisung. «Vi ringrazio infinitamente» era felicissimo. «E i testi e gli spartiti sembrano davvero buoni, hanno un qualcosa di nuovo e fresco, qualcosa che non si è mai sentito» parlò il signore alla destra del ragazzo gentile mentre dava un'occhiata ai fogli, doveva avere massimo quarant'anni. «Bene, puoi cominciare» parlò l'altro signore, quello alle sinistra del ragazzo gentile. Questo sembrava avere trent'anni. Jisung annuì e con un sospiro profondo, iniziò a suonare. Suonò la sua chitarra per alcuni secondi, dopo attaccò con la sua voce. Il testo che stava cantando era quello che aveva dedicato a sua madre, aveva deciso di portare proprio quello come portafortuna e anche per sentire la sua presenza, un modo di immaginare che lei stesse lì insieme a lui ad incoraggiarlo. I signori sembravano impressionati, quasi commossi. Ciò incoraggiò di più Jisung a continuare e dopo un minuto terminò. I signori si consultarono tra di loro parlandosi nell'orecchio, le dita di Jisung si muovevano nervose. «Han Jisung» le loro facce erano serissime, per un momento Jisung pensò di non essere passato e la paura e la delusione lo pervasero. «Complimenti, sei passato.» i tre fecero un applauso e Jisung saltò letteralmente dalla sedia, facendo infiniti inchini. «Questo è il nostro biglietto da visita, farai parte dell'agenzia da lunedì.» Il ragazzo consegnò il biglietto a Jisung. «Porta pure tutte le tue cose, poi ti diremo tutti i dettagli, inclusi quello del contratto, quel giorno» terminò e Jisung annuì, facendo un altro inchino e infine salutarli. Prese tutte le sue cose precipitandosi fuori. «Minho!» urlò, gettandosi sul moro. Minho l'afferrò prima che potesse cadere a terra. «Ya! Vuoi spaccarti la testa per caso?» lo rimproverò Minho ma Jisung era troppo felice per ascoltarlo. «Minho, ce l'ho fatta! Sono passato, lunedì farò parte dell'agenzia.» L'abbracciò fortissimo e Minho ricambiò la stretta, anche lui felice. «Sono fierissimo di te, ero sicuro che ce l'avresti fatto. Il mio ragazzo è talentuosissimo!» l'ultima frase la urlò ai quattro venti, facendo girare alcune persone nella loro direzione. Jisung lo ammonì con un "sh", seguito subito da una risata. «Invece tu Minho? Hai ricevuto una risposta da quella agenzia?» Jisung si ricordò che Minho doveva ricevere una risposta entro oggi. «Sì. Non sono passato» il sorriso di Jisung si spense. Minho l'aveva detto calmamente, ma sapeva che c'era rimasto male. Quasi si sentiva in colpa ad aver passato il suo provino mentre Minho non ce l'aveva fatta. «Ma gli funzionano le orecchie a quelli?» Jisung era furioso, la sua reazione suscitò una forte risata a Minho. «Non ti preoccupare, va bene così. Non ho intenzione di arrendermi. Domani riproverò con un'altra agenzia» Jisung fu felicissimo di ascoltare quelle parole, Minho era diventato fortissimo. Si diedero un veloce bacio a stampo sulle labbra per poi andare da qualche parte a festeggiare; quella era solo una delle tante vittorie della loro vita. 

 Si era trovato così tante volte in quella situazione che oramai Minho non aveva più paura. Non era la prima volta che faceva dei provini, già ai tempi di quando ballava. Anche se questa volta era diverso, era più difficile. Minho non aveva trovato ancora una connessione con la sua voce, per lui era ancora faticoso riuscire a perfezionarla e per questo non aveva passato alcun provino. Onestamente non voleva perdere tempo dietro una scuola di canto, voleva passare un provino per così far già parte di un'agenzia ed esercitarsi lì dentro. Aveva paura che, se avesse perso tempo, avrebbe perso per sempre la sua occasione. Non voleva cantare per hobby, voleva cantare per lavoro. Aveva finalmente deciso cosa fare nella vita. Sperava soltanto di trovare qualcuno che capisse di avere un po' di talento e che l'avrebbe poi migliorato attraverso gli insegnanti che aveva l'agenzia, ma era quasi impossibile. Sembrava che tutti cercassero la perfezione e per Minho era assurdo, se fossi perfetto vi pare che starei qui a fare dei provini invece di stare nella mia villa lussuosa, pieno di soldi e fan? Pensava, irritato. A volte voleva scappare via dal suo paese, ma senza soldi e conoscendo solo la sua lingua, era una cosa impossibile. «Lee Minho, prego» lo chiamò uno dei cinque, facendogli sentire ad un tratto la pressione addosso. Era la prima volta che si trovava una giuria così numerosa, sperò con tutto se stesso di non incepparsi o altro. E senza perdere tempo, cantò. Quella volta era diverso. Minho ci stava mettendo davvero tutto se stesso, non che le altre volte non l'avesse fatto, ma questo provino era diverso. Sentiva che se non avesse passato nemmeno questo, avrebbe riprovato solo dopo un lungo periodo chiuso in casa a piangere e non poteva permettersi di perdere tempo. Cantò l'ultima parola, non aveva il coraggio di guardare in faccia la giuria. «Beh, c'è da dire che hai ancora da migliorare» disse uno di loro, non sapeva chi. «Ragazzo, alza gli occhi. Come vuoi passare se non hai fiducia in te stesso?» Minho lo fece subito, vedendo che a parlare era quello in mezzo, un signore sui quarant'anni. «Non è che non abbia fiducia in me stesso... solo che sono un po' stanco» confessò Minho senza peli sulla lingua, il minuto dopo se ne pentì. Non sapeva perché l'avesse detto, si maledì per la sua linguaccia. «Non puoi permetterti di essere già stanco, ragazzo questo è solo l'inizio» Minho non capiva. «Stavo dicendo, hai ancora da migliorare, ma la tua voce non è male. Anzi, è una boccata d'aria fresca» a Minho si illuminarono gli occhi. «Concordo, il tuo timbro vocale è davvero particolare, potresti esercitarti anche nel rap» il moro non aveva parole, il rap? Avevano così fiducia in lui? «Ci farebbe piacere avere una novità nella nostra agenzia» Minho voleva godersi quel momento per l'eternità, chiuse gli occhi per ascoltare le prossime parole. «Complimenti, hai passato il provino. Farai parte dell'agenzia dalla settimana prossima.» Minho si alzò di scatto, provocando un sussulto spaventato ai signori. Strinse la mano di ognuno di loro, precipitandosi poi fuori. «Jisung, sono passato!» l'avvisò subito, impaziente. Jisung urlò dalla felicità, andandogli incontro con un abbraccio. «Finalmente qualcuno si è svegliato, Minho sono felicissimo per te.» Strinse tra le sue mani il viso del moro. «Quasi non ci credo, Jisung dammi uno schiaffo, fammi verificare che questo non sia solo un sogno» e Jisung lo fece subito, provocandogli un gemito di dolore. «Ya! Uno schiaffo, non ho detto portami via il braccio.» Minho lo fulminò con lo sguardo e Jisung rise. «Scusa!» disse il rosa, portando poi il suo braccio sotto quello di Minho. «Non posso credere che abbia finalmente superato questo ostacolo, sembrava impossibile» Minho ripensò a tutti i suoi provini falliti, ai suoi genitori che lo pressavano di lasciare perdere quella sua folle idea ma Minho li aveva ignorati, come al solito erano degli stronzi egoisti che non pensavano mai al bene del figlio. Il suo successo l'aveva ottenuto anche grazie a Jisung, che era sempre stato insieme a lui. «Questo perché hai riprovato fino alla fine, senza mai arrenderti.» Minho lo ringraziò con un sorriso, portò lo sguardo dritto davanti a sé. «Adesso viene la parte più difficile» già, adesso per entrambi si era aperta una nuova sfida. Avevano superato il primo ostacolo, ma dopo di quello ce ne sarebbero stati altri mille da superare. Dovevano esercitarsi fino allo sfinimento, dovevano debuttare per così realizzare il loro sogno. «Se ci facciamo forza a vicenda, nulla è difficile» le parole di Jisung erano vere. Se lui e Minho avevano superato tutto quello, una volta usciti dall'ospedale, era per la forza che si erano dati a vicenda. Senza Jisung, Minho non avrebbe mai riprovato e riemerso e senza Minho, Jisung non avrebbe mai riprovato e riemerso. 

FINE

PS: per favore passate al capitolo successivo, lì spiego un po' tutta la storia ♡

minsung; retryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora