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𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝓆𝓊𝒶𝓉𝓉𝓇𝑜, 𝓈𝑒𝒸𝑜𝓃𝒹𝒾

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𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝓆𝓊𝒶𝓉𝓉𝓇𝑜, 𝓈𝑒𝒸𝑜𝓃𝒹𝒾

Passo dopo passo, su quelle ripide scale grigie, dalla sua bocca uscivano solo imprecazioni. Si domandò perché non avessero messo un'ascensore anche per andare sulla terrazza, una persona non poteva farsi tutto quel faticoso cammino solo per poter prendere una boccata d'aria, pensò. E dopo un altro passo, la massiccia porta marrone finalmente fece capolino. L'aprì con una forte spallata, troppo debole per aprirla solo con una mano, e il vento fresco di primavera lo investì di colpo. Sorrise a quella sensazione; poteva finalmente respirare aria pulita dopo quella che gli sembrava una vita. Oramai non sapeva più cosa fosse vivere al di fuori di quelle quattro mura bianche, erano diventate la sua nuova casa e da una parte non gli dispiaceva, se quelle quattro mura erano d'aiuto. Rivolse lo sguardo verso il cielo ancora luminoso nonostante fosse quasi tardo pomeriggio e abbassarlo poi verso una scena in particolare. Si maledisse per ciò che aveva pensato pochi secondi fa, nel mettere un'ascensore per andare sulla terrazza. Davanti quella vista, Jisung sbiancò.

Minho guardò per un'ultima volta il quadro che aveva di fronte. Lì fuori il mondo si muoveva normalmente, il suo di mondo invece con lentezza; ogni momento passato della sua vita gli stava passando davanti, mentre le sue mani reggevano la ringhiera verde della terrazza e il suo corpo si inclinava sempre di più verso il basso, verso il suolo. Un classico, quello di ricordare ogni momento passato della tua vita quando stavi per morire, Minho però questo fatto non l'aveva mai capito. O almeno, ricordare dei suoi momenti passati, per lui non aveva senso. Si stava gettando da un palazzo altissimo proprio per dimenticarla, quella vita. Per dimenticarli, tutti quei suoi momenti passati. Le dita scivolavano via sempre di più da quel ferro verde massiccio e Minho pensò a quante cose potevano succedere in soli pochi secondi. Pochi secondi per vivere, pochi secondi per morire. Per lui sembrava quasi una presa in giro, che una cosa grande quanto la vita poteva essere finita in solo due pochi e miseri secondi. Oramai la mano aveva lasciato del tutto quella ringhiera, eppure perché si trovava ancora lì? In sospeso tra la vita e la morte, senza stare completamente da una sola parte. Minho odiava stare sempre nel mezzo. Non essere né bello ma neanche brutto, né intelligente ma nemmeno stupido. Era frustrante. «Ti prego, fermati!» parlò una voce sconosciuta a lui. Già, era incredibile quante cose potevano succedere in soli due secondi, pensò Minho.

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