十六; resist or give up

880 132 0
                                    

𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝓈𝑒𝒹𝒾𝒸𝒾, 𝓇𝑒𝓈𝒾𝓈𝓉𝑒𝓇𝑒 𝑜 𝓇𝒾𝓃𝓊𝓃𝒸𝒾𝒶𝓇𝑒

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝓈𝑒𝒹𝒾𝒸𝒾, 𝓇𝑒𝓈𝒾𝓈𝓉𝑒𝓇𝑒 𝑜 𝓇𝒾𝓃𝓊𝓃𝒸𝒾𝒶𝓇𝑒

Per la prima volta Minho rivolse lo sguardo verso la finestra della sua camera, quella che si affacciava sul giardino dell'ospedale, osservando ogni dettaglio. Notò alcuni bambini, accompagnati da delle infermiere, giocare nel verde e libero prato. Gli anziani sedevano invece su delle panchine e Minho rimase davvero sorpreso di questa strana vitalità in questo posto. Com'era possibile? Si chiedeva. Come fanno a staccare per un po' la spina da tutti i loro problemi e sorridere? Perché io non ci riesco?  E di scatto gli ritornò in mente Jisung, di come fosse sempre felice e disponibile nonostante però stesse in un ospedale. Il motivo ancora non lo sapeva e stranamente quel giorno aveva voglia di scoprire. Scoprire il suo motivo o semplicemente scoprire, aprire gli occhi su cosa lo circondava. Si alzò piano dal suo letto, il suo corpo era ancora tutto fasciato e per camminare doveva usare delle stampelle. Si incamminò nel corridoio, guardandosi attorno. Le infermiere chi con velocità e chi piano camminavano avanti e indietro, alcuni pazienti aspettavano su delle sedie e altri invece chiacchieravano in piedi tra di loro. Passò davanti una stanza, in quest'ultima alcuni bambini sedevano a dei banchi con in mano una matita; disegnavano felici sui propri quaderni, Minho accennò un sorriso a quella scena. Riportò lo sguardo al corridoio; tutti loro nonostante avessero dei problemi, in un modo, tiravano avanti. Anche se magari quell'ospedale a volte poteva essere soffocante, frustrante, quella gente trovava uno spiraglio per far passare almeno un po' d'aria. E Minho era così invidioso, voleva trovare anche lui un lato positivo di questa situazione, ribaltare le cose e prendere in mano le redini della sua vita; ma la bolla di negatività che lo circondava era troppo spessa per riuscire a creare in essa uno spiraglio. Ogni giorno si svegliava con un peso sul petto e due scelte nella sua testa ad alternarsi di continuo: resistere o rinunciare. Il moro si voltò di scatto nell'udire dei singhiozzi verso il fondo del corridoio, dove portava in direzione di un'altra area dell'ospedale. Seguì quel rumore, farsi sempre più forte, con il batticuore. Non sapeva perché fosse così spaventato, magari perché aveva appena pensato di provare invidia verso queste forti persone e ora aveva trovato un'altra persona debole come lui, che non ce la faceva a trovare un piccolo solco in quel buio. E quando quella figura si fece più visibile a Minho, quest'ultimo sbarrò gli occhi. Chi l'avrebbe mai detto che quella persona forte che, nel profondo, tanto stimava Minho, era anche quella persona debole che piangeva lì in quell'angolino, accovacciato su se stessa con le lacrime a sporcargli i jeans neri. Minho osservò Jisung come quando si dice "mi è crollato un mito". Jisung era in un certo senso il mito di Minho e vederlo così fragile lo spiazzò e allo stesso tempo sentire in colpa: alla fine Minho l'aveva giudicato senza conoscerlo realmente, la colpa era la sua. E Minho si era sempre chiesto "cosa si fa quando quel mito ti crolla?". Gli erano crollati tanti di miti, e la risposta non l'aveva mai trovata. Si era semplicemente limitato a cambiarli, puntare ad altro, ma in quel momento Minho pensò che la sua era sempre stata una cosa sbagliata. Come quel mito aiuta te anche tu dovresti aiutare lui, pensò il moro. Resistere o rinunciare?  Minho guardò Jisung mentre lo pensò, restando immobile. E alla fine, con un sospiro profondo, decise; si avvicinò all'arancione.  

minsung; retryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora