𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝓋𝑒𝓃𝓉𝑜𝓉𝓉𝑜, 𝓅𝒶𝑔𝒾𝓃𝑒 𝒾𝓃𝒻𝒾𝓃𝒾𝓉𝑒
La mano si spostava veloce tra una riga all'altra, le parole si formavano di getto su quel quadernino dalle pagine bianche e gonfie; Jisung scriveva così tanto su quel quadernino che le pagine da un momento all'altro sarebbero esplose. Jisung aveva sempre qualcosa da dire, soprattutto in quel momento. Scriveva qualsiasi cosa gli passasse per la testa anche se le parole non avevano nessuna connessione tra di loro. Aveva paura che se non l'avesse fatto avrebbe poi dimenticato chi fosse, avrebbe dimenticato le sue vere opinioni, i suoi pensieri più profondi. Era un modo per non dimenticare il vero sé e restare ancora un corpo pieno di emozioni che un corpo vuoto che cammina. La cosa che più lo spaventava era quello; perdere ogni sua emozione, perdere quel briciolo di speranza che gli era rimasto verso il mondo. Jisung aveva così tanto amore da dare eppure perché nessuno lo voleva? Si chiedeva sempre. Era così pieno, proprio come quelle sue pagine, che anche lui da un momento all'altro sarebbe esploso; ma non voleva e altrettanto per questo scriveva. Per lasciare il suo amore almeno a qualcosa, a lasciare il suo amore in quei testi affinché qualsiasi persona quando l'avrebbe letto si sarebbe poi sentita amata da un'altra persona, anche se quest'ultima era un poveraccio come lui. Ma d'altro canto non si sentiva abbastanza coraggioso da far leggere quei testi a chiunque; per lui sarebbero bastate anche poche persone ma speciali e in quelle c'era la sua fonte di ispirazione, quella che l'aveva fatto scrivere così tanto in quel preciso momento. Jisung pensava ancora all'episodio di ieri successo con Minho, non aveva dormito per tutta la notte. Invano cercava una risposta a quelle sue parole dette al moro, era rimasto sveglio fino al mattino, fino a quel momento per trovarla nei suoi pensieri, nelle sue parole, eppure mentre rileggeva ciò che aveva scritto non riusciva a scorgere niente. L'unica cosa che i suoi occhi catturavano spesso era il nome di Minho e Jisung alla fine ideò che la vera risposta ce l'aveva solo lui, che la vera risposta era andare da lui e stare quanto più possibile in sua compagnia. Il suo cuore batteva forte dalla paura ma per sua fortuna o, a volte per sua sfortuna, la curiosità vinceva sempre su di lui. La curiosità di scoprire nuove cose, nuove emozioni. Jisung voleva sempre arricchirsi e mai perdere quelle emozioni vecchie perché solo quest'ultime, secondo il suo parere, avrebbero accolto quelle nuove. Jisung era come un libro dalle pagine infinite, non conosceva dei limiti. «Cosa vedono i miei occhi, stai studiando?» la dolce voce di sua mamma interruppe quella scia infinita di parole che stava scrivendo sul quadernino, alzò distratto lo sguardo sulla minuta figura della donna e finalmente parve ritornare alla realtà. E purtroppo, quando accadeva sempre, quel suo viaggio al suo interno si interrompeva. Jisung aveva perso il filo del discorso ma non ne era nemmeno dispiaciuto, aveva scritto così tanto fino a sporcarsi entrambe le mani di inchiostro blu. «Conosci così poco tuo figlio?» Jisung si alzò dalla sedia per prendere dei fazzoletti e pulirsi, la mamma sospirò arresa, con un sorriso, a quella sua risposta. «Mi ero illusa per pochi secondi, non ti vedevo così concentrato da quando scrissi quella poesia per la scuola, ci tenevi così tanto a farla.» Jisung corse subito in suo aiuto per farla sedere sul letto; nonostante si fosse svegliata e un po' ripresa la mamma di Jisung era ancora debole. «È lo stesso anche adesso, sto studiando le mie emozioni mamma» Jisung era sempre aperto con lei, non riusciva a nasconderle mai nulla anche perché se ci avesse provato lei avrebbe capito tutto ugualmente; avevano un legame così forte quei due, per chi non sapeva che erano madre e figlio avrebbero potuto scambiarli perfettamente per due amici. Jisung non aveva altri che sua madre, l'unico genitore su cui poteva contare, e la mamma di Jisung non aveva altri che lui. «Più provi a capirle e più ti risulteranno incomprensibili, Jisungie. Le emozioni vanno sempre vissute, non puoi capire cos'è la paura se non l'hai mai provata. Non puoi avere paura senza aver rischiato almeno una volta» Jisung non riuscì a non pensare a Minho nel sentire quelle parole; se avesse dovuto descrivere Minho avrebbe usato quelle identiche parole. «Grazie mamma, non ho ancora capito le mie emozioni ma almeno ho capito come aiutare una persona.» Jisung ritornò al suo posto alla cattedra e finalmente poté scrivere l'ultima cosa che gli mancava sul suo quadernino.
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minsung; retry
Fanfic민성 Minho odiava il colore bianco, Jisung spazzò via quella sua convinzione.