八; fear

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𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝑜𝓉𝓉𝑜, 𝓅𝒶𝓊𝓇𝒶

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𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝑜𝓉𝓉𝑜, 𝓅𝒶𝓊𝓇𝒶

Minho non sopportava il colore bianco. Girarsi in quella stanza e osservarlo ovunque lo innervosiva. Troppa luce, troppo vuoto. Lo spaventava. Si sentiva molto a suo agio se il colore a circondarlo era il nero, un colore al suo parere reale, non illusorio. Il bianco invece ti confortava con la sua lucentezza e allo stesso tempo accecava con quest'ultima. Faceva male, ti illudeva, ed era irraggiungibile in quel pozzo profondo in cui era caduto. Veramente odiava quel colore. Dopo quel momento su quella terrazza, dopo l'incontro con quel ragazzo, Minho aveva passato le giornate sotto le coperte, a non voler parlare con nessuno. Aveva detto risoluto ai suoi genitori di non venire più a trovarlo; a cosa serviva stargli accanto nei momenti cattivi se non c'erano stati in quelli buoni? Una volta guarito l'avrebbero abbandonato e deriso dei suoi fallimenti come sempre, poteva cavarselo da solo anche in quella situazione. La sua testa, con adesso solo alcuni cerotti, era appoggiata sul suo braccio. Era accovacciato sul letto, lo sguardo verso un punto della stanza, che però non guardava realmente. Era vuoto. Quelle voci avevano smesso di sussurrare nella sua testa da quell'episodio, il suo cuore pulsava nel petto ma allo stesso tempo era spento. Preferiva di gran lunga quando il caos era a regnare nella sua testa, nel suo petto; tutto questo silenzio lo terrorizzava. Il non provare più emozioni lo terrorizzava e per questo preferiva morire. Ma di coraggio oramai non ne aveva più. Gli vennero in mente le parole del ragazzo, "scegli una porta a caso e ricomincia da capo", e con uno scatto veloce scansò via le coperte dal suo debole corpo. Si mise in piedi a fatica, prendendo l'equilibrio. Minho non voleva aprire un'altra porta perché era un codardo. Aveva paura dei cambiamenti, piuttosto che rischiare di trovare una strada piena di lupi Minho preferiva restare al sicuro in questa strada piena di insetti; era lo stesso pessima, ma di meno rispetto a una piena di lupi. I rumori della natura fuori dalla grossa finestra rettangolare gli facevano da sottofondo; Minho con tutte le sue poche forze rimaste iniziò a muovere il suo corpo a ritmo di quella melodia. Svariate fitte iniziarono ad invadere tutto il suo corpo, ma Minho continuò lo stesso. Non voleva rinunciare a quell'unica passione, non aveva il coraggio. Proseguì ancora, ora con più velocità. Le ossa gli davano l'impressione di spezzarsi a momenti, lui ignorò comunque il dolore. Un sorriso dopo tanto tempo gli spuntò sul viso; era di nuovo felice, nonostante quelle fitte lo stessero ammazzando. Finché il suo corpo non resistette più e cadde. Il dolore che si procurò al corpo, con quella caduta, non era minimamente paragonabile a quello che si procurò al cuore. Era ferito, lacerato; lui che tanto odiava le illusioni si era illuso in quel momento. Quasi sussultò, a sentire di nuovo le voci nella sua testa. Quando però si passò una mano al viso e la notò bagnata, capì che in realtà quella voce proveniva dalla sua bocca; Minho si ricordò com'era piangere. 

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