二十七; free

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𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝓋𝑒𝓃𝓉𝒾𝓈𝑒𝓉𝓉𝑒, 𝓁𝒾𝒷𝑒𝓇𝑜

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𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝓋𝑒𝓃𝓉𝒾𝓈𝑒𝓉𝓉𝑒, 𝓁𝒾𝒷𝑒𝓇𝑜

Jisung per un primo momento rimase confuso: non sapeva se quelle parole le aveva dette davvero o le aveva solo pensato e in entrambi i casi non sapeva perché l'aveva fatto. Vedendo un Minho sbiancare e subito dopo, con un "devo andare" balbettante e scappare così via, Jisung subito capì che quelle parole le aveva dette ad alta voce. Il perché non lo sapeva neanche lui, in realtà non sapeva neanche di provare quelle emozioni per Minho. Gli era successo come quando vari pensieri si collegano tra di loro senza però avere un connesso; stava cantando e all'improvviso, incrociare quei grandi e dolci occhi di Minho, gli aveva strappato via dalla gola e dal cuore quelle parole, cacciandole come un tornado che a quanto pare aveva distrutto tutto. Eppure Jisung era fiducioso; non voleva mollare con Minho, arrendersi, perché Jisung nonostante era pieno di difetti un pregio ce l'aveva: quello di non mollare. Una cosa che più odiava al mondo era lasciare le cose in sospeso e con Minho quello era solo l'inizio. Voleva aiutarlo e allo stesso tempo voleva aiutare se stesso, capire i suoi sentimenti. Capire quel "mi piaci" detto a Minho a cosa era dovuto. Ne aveva avute di cotte, eppure quella era diversa. Non sapeva se Minho gli faceva battere il cuore perché gli piaceva o perché la sua persona era così affascinante da rimanerlo sempre senza parole. Jisung voleva scoprirlo, voleva capirlo. Non aveva mai trovato una persona più pesante di Minho eppure gli voleva essere amico, perché aveva l'impressione di aver trovato quella rara imperfezione in un quadro perfetto; quel difetto che se aggiustato, se accudito, sarebbe diventato la cosa più perfetta del mondo, più perfetta per se stesso. Jisung aveva voglia di trasformare le lacrime salate di Minho in lacrime dolci e lì, su quella panchina, guardando il posto vuoto accanto a sé e il piccolo ma freddo venticello tirare in quel punto, ne aveva avuto conferma: che quello era diventato il suo scopo. 

Il cuore di Minho batté così forte che aveva quasi paura che gli uscisse dal petto. Guardò il ragazzo dai capelli arancioni e dalle guance paffute con occhi sgranati: non sapeva se era più sorpreso o imbarazzato, quelle parole gli erano sembrate così assurde che pensò quasi di averle immaginate. Eppure non era così, Jisung lo stava guardando con uno sguardo serio, i suoi occhi scuri erano magnetici, ammaliatori: lo stavano quasi intrappolando nella sua rete ma Minho fu più forte o, in quel caso, il solito codardo che scappò via letteralmente. «D-devo andare» e detto ciò Minho corse via come una gazzella, eppure quando si ritrovò a metà strada si rese conto che nella sua mano destra aveva ancora il fiore che gli aveva regalato Jisung. Non si era staccato da esso nemmeno per un secondo e Minho, in fondo, non voleva staccarsi. Voleva accudirlo come se fosse la cosa più preziosa dell'universo, voleva accudirlo perché in fondo voleva essere legato in un modo a Jisung. Minho aveva quel brutto vizio di scappare dinanzi a qualsiasi cosa: ad una cosa difficile, ad una cosa a lui sconosciuta e in quel momento tutto quello per lui era sconosciuto. Non sapeva perché gli batteva ancora forte il cuore nonostante stesse seduto sul letto nella sua camera da oramai dieci minuti, o forse lo sapeva ma non voleva ammetterlo. La maggior parte dei casi Minho non sapeva mai come esprimersi: non era bravo con le parole, non era bravo nemmeno a scrivere. Aveva trovato la danza come valvola di sfogo eppure a volte doveva ammettere che nemmeno quest'ultimo riusciva a scoprirlo completamente. Ma in quel momento l'unica cosa spontanea che gli venne da fare era quella di aprire la bocca: da quest'ultima uscirono delle note così intonate che persino lui si sorprese. Minho non aveva mai provato niente, Minho non aveva mai provato a cantare ma in quel momento lo fece, stringendo al petto quel dente di leone. In quel momento Minho si sentì finalmente libero di qualsiasi cosa, si sentì finalmente se stesso.   


minsung; retryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora